A volte la differenza tra vittoria e sconfitta è una questione di sliding doors. Quella volta, sotto la neve di Roma, la porta ci si è chiusa in faccia
Italia, Inghilterra e le porte scorrevoli
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Bellissimi questi articoli.
Comunque ripensando a quella squadra, oltre al dato tecnico (l’Italia era forte e molto più vicina al livello della altre nazionali), i giocatori in campo avevano una personalità e delle qualità di leadership enormi. Non so se qualcuno dei ragazzi che giocano oggi avrà mai una carriera paragonabile a Parisse, Castrogiovanni, Masi o Ghiraldini. C’era forse meno scelta, ma il livello era davvero alto.
“…E l’hai più vista così
Che tempi quelli!…”
La giocata decisiva (ossia la stoppata di Hodgson) coinvolse Bortolami e Masi, cioè il futuro staff di Treviso. A ricordare bene, Botes manco sbagliò la mira, ma colpì proprio male il pallone, e a Treviso che cecchino che era.
Altro bell’articolo! Ho scrostato i muri dalle imprecazioni quel giorno.
Bellissimo articolo complimenti !!!
Anche se è stato come buttare del sale su una ferita ancora aperta…..Ricordo che non cenai dal dispiacere quella maledetta sera !!!
La peggiore delle slidiing doors del nostro rugby, al secondo posto quella dell’anno precedente contro l’Irlanda vera, non quella battutanel 2013, per un in a avanti del sempre ottimo Quintino…
Ottimo pezzo! Qualche volte ci si dimentica che il giornalismo puo essere anche poetico, ci sono piu intuizioni in questo articolo che in 100 di giornalismo “oggettivo” o da dichiarazioni “post partita”. Alla fine cosa chiediamo alla nazionale ? coraggio, consapevolezza, spirito di sacrificio, fame agonistica, crescita (non quella di circostanza dei nostri coach, quella sul campo). Poi un pezzo alla volta si aggiunge il resto senza perdere un pezzo in cambio. Tutte la squadra che contano, anche se non nobilissime, partono da queste basi. (Vedi Scozia, Irlanda, Argentina, Fiji, ed ora Giappone). O ritorniamo a questi concetti o il futuro sarà opaco a queste latitudini.
Bell’articolo, me lo sono goduto. Tuttavia, inserendo quell’episodio nel contesto più complessivo della nostra più che ventennale esperienza nel 6N, la morale mi pare sia: quando siamo al top, ci manca un centesimo per fare un euro; quando non siamo al top, prendiamo le imbarcate. Scusate la prosaicità.