Zebre: dobbiamo parlare di Pierre Bruno

Alla seconda stagione a Parma, l’ex Calvisano sta avendo il suo momento migliore: dove può arrivare?

Pierre Bruno delle Zebre esulta dopo la meta. Ph Luca Sighinolfi

Pierre Bruno delle Zebre esulta dopo una meta –  ph. Luca Sighinolfi

Se Pierre Bruno sarà scelto nel XV delle Zebre che affronterà il Benetton il prossimo 26 dicembre nel primo dei due derby di Pro14, supererà il minutaggio ottenuto complessivamente nella sua prima stagione a Parma, ma in sole 9 giornate di campionato.

L’ex Calvisano quest’anno è stato tenuto fuori solamente in tre gare, giocando da titolare le altre 5 ed entrambe le partite di Challenge Cup. In 7 presenze totali ha segnato 3 mete, ed è stato una presenza offensiva costante, mettendo insieme un lotto di prestazioni che lo annoverano tra i migliori della prima parte di stagione della franchigia di Parma.

Questo è probabilmente il suo momento migliore in carriera. Sicuramente lo è alle Zebre, dove è arrivato all’inizio della stagione 2019/2020 all’interno del pacchetto proveniente da Calvisano, comprendente anche Enrico Lucchin, Marco Manfredi e Danilo Fischetti.

24 anni, nato a Genova e cresciuto nelle Province Ovest, Bruno ha fatto parte solamente per la prima parte di carriera della filiera formativa FIR, facendo parte dell’allora Accademia Zonale under 18 di Parma, senza però accedere all’Accademia Nazionale “Ivan Francescato”.

Uscito dai circuiti federali, è approdato a Mogliano nel 2014, giocando però appena cinque partite in due stagioni. Ciò non gli impedisce comunque di partecipare al mondiale giovanile del 2016.

La sua stella esplode quando passa dai biancoblu veneti al Calvisano: 11 mete in 16 presenze al primo anno, 10 in 16 il secondo, 11 in 21 il terzo.

Cifre importanti che danno la misura della costante permanenza ad un alto livello di rendimento, che lo fanno finire nel mirino delle Zebre. Tuttavia il salto fra il massimo campionato italiano e la lega celtica è importante, e il passaggio verso il livello superiore viene recepito senza troppe attenzioni: da lui ci si aspetta possa essere soprattutto un valido rincalzo dei giocatori internazionali durante il Sei Nazioni.

Ed in effetti è quello che si è trovato a fare con somma soddisfazione in questo primo scorcio di stagione, mettendo in evidenza quelli che sono i suoi punti di forza: una rapidità non comune, specie fra gli atleti italiani; ottime capacità nell’uno contro uno; un piede destro potente ed educato che in un triangolo allargato fa sempre comodo.

 Per contro ha evidenziato alcuni limiti non solo al placcaggio, ma soprattutto nel gioco aereo. Occasionalmente, inoltre, qualche calo di concentrazione lo porta a qualche errore di troppo a livello gestuale. Sembra migliorato invece a livello di attitudine generale, aspetto extra-campo che lo ha forse frenato nella sua crescita dentro il rettangolo di gioco in passato.

Emergendo ad un’età relativamente matura, il trequarti fa potenzialmente parte dell’insieme dei cosiddetti late bloomers, quei giocatori che maturano tardi ma la cui crescita porta un contributo sostanziale.

Complice l’assenza di Mattia Bellini, in questo momento Pierre Bruno riveste un ruolo importante nei meccanismi delle Zebre, sicuramente al di sopra di tutte le altre ali non internazionali, come Giovanni D’Onofrio, che pur ha fatto cose più importanti a livello giovanile, Gabriele Di Giulio, per ovvi motivi d’infortuni,  e Jamie Elliott, che ha quotazioni ulteriormente in calo dopo le deludenti prestazioni della passata stagione.

Chi può insidiare veramente il suo posto sono, oltre a Bellini, i due nazionali Federico Mori e Jacopo Trulla, con il primo che però è preferito nel suo ruolo naturale di centro da Michael Bradley e soci.

Sarebbe però un peccato non vedere Bruno misurarsi, a questo punto, con il meglio che offre il panorama nazionale, e dargli la possibilità di provare a fare qualche scalpo nel derby. Per la Nazionale è ancora presto, ma la sfida è contro chi, quella maglia azzurra, la indossa.

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