Si è tenuta ieri la prima udienza sul caso del giocatore australiano, conclusasi sostanzialmente con un nulla di fatto
Rugby Australia ha offerto un milione di dollari a Israel Folau per uscire dal proprio contratto, ma l’offerta è stata rifiutata.
E’ quanto emerge dalla prima udienza della vertenza fra la federazione rugby australiana e il giocatore, difeso dai suoi legali.
Il giocatore ha così contraddetto quanto detto in passato, quando era stato ripreso da Rugby Australia a causa di alcune sue precedenti uscite discriminatorie basate sulle sue credenze religiose. Sul sito PlayersVoice, Folau aveva scritto che se il CEO Raelene Castle avesse ritenuto che le sue parole o i suoi comportamenti avessero arrecato danno alla federazione, avrebbe lasciato il rugby australiano.
Durante l’udienza di sabato pomeriggio sono intervenuti Folau, Castle e l’head coach della nazionale Michael Cheika. La linea difensiva del giocatore si è attestata su una linea secondo la quale i messaggi social incriminati riporterebbero semplicemente passaggi della Bibbia, e non dirette parole di Folau. Inoltre, i suoi legali contestano a Rugby Australia di non aver fatto firmare al giocatore alcuna specifica clausola riguardante i social media al momento della firma del nuovo contratto in febbraio.
Per contro, la federazione sostiene che Folau abbia violato il codice di condotta dei giocatori e le social media policies per le quali aveva già ricevuto un avvertimento lo scorso anno, in occasione di altri suoi messaggi discriminatori nei confronti degli omosessuali.
Su questa base la decisione di rescindere il suo contratto da quattro milioni di dollari sarebbe quindi coerente e valida.
Il panel di giudici composto da John West, la rappresentante federale Kate Eastman e il rappresentante dell’associazione giocatori John Boultbee ha deciso di non prendere una decisione definitiva, rimandandola alla prossima settimana. In ogni caso, la questione potrebbe protrarsi per mesi.
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