Sei Nazioni 2019: perché credere in una vittoria azzurra contro la Francia

Abbiamo provato a individuare alcuni buoni motivi per sperare davvero in un ritorno al successo della squadra di O’Shea

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Luca Morisi durante l’arrivo a Twickenham prima di Inghilterra-Italia, Sei Nazioni 2019 (ph. Sebastiano Pessina)

La pesante sconfitta contro l’Inghilterra non ha portato nessuna iniezione di fiducia all’Italia, rivelatasi ancora una volta troppo fragile non appena l’avversario ha proposto un livello di battaglia fisica e tecnica irraggiungibile per gli azzurri. Poteva essere un altro piccolo passo per arrivare al massimo della forma all’ultimo match contro la Francia, invece si è rivelato quasi un massacro: non solo per i 57 punti subiti, ma anche per gli infortuni a Campagnaro e Castello nel giro di pochi minuti nel primo tempo.

È stata la prima vera debacle di questo Sei Nazioni 2019, in cui lo scarto massimo maturato dagli azzurri fin qui era stato di -13 punti a Murrayfield, alla prima giornata. Sarà interessante capire come la nazionale reagirà: dopo tre sconfitte “normali” incappare, in una battuta d’arresto del genere può essere comunque destabilizzante, ma l’altra faccia della medaglia ci ricorda come questa squadra e questi giocatori abbiano (purtroppo) una notevole esperienza con punteggi del genere. Che sia più semplice, paradossalmente, rimettersi in carreggiata con facilità per una squadra abituata negli anni scorsi a fare i conti con sconfitte così pesanti?

In ogni caso, la partita di sabato all’Olimpico contro la Francia dovrebbe avere pochi (ma importanti) punti in comune con la partita di Twickenham, perché gli avversari sono quasi agli antipodi attualmente: l’Inghilterra sembra quantomeno avere un percorso chiaro da seguire, con gerarchie sempre più definite; la Francia, in relazione alle sue disponibilità economiche e umane, sta dilapidando un patrimonio rugbistico notevole e al momento non sembra avere un’idea chiara su come invertire la rotta.

– Leggi anche: il borsino azzurro dopo Italia-Francia

Anche su queste basi, tuttavia, è impossibile considerare l’Italia favorita al cospetto di una squadra che comunque può disporre di straordinarie individualità (seppur mal assortite) e che ha le potenzialità per far soffrire gli azzurri soprattutto negli uno contro uno, un po’ come ha fatto l’Inghilterra.

Se i Bleus dovessero improvvisamente ritrovarsi, allora per gli azzurri i margini di manovra sarebbero ridotti; se però dovessero continuare sullo stesso trend delle ultime due partite in trasferta, giocate a un livello talmente basso da sembrare la peggior Italia, allora diventerebbe difficile non credere in un ritorno alla vittoria della nazionale di Conor O’Shea nel Sei Nazioni.

Per gli azzurri sarebbe un’occasione più grande di quella capitata contro la Scozia un anno fa sullo stesso prato di Roma, visto il positivo rendimento degli scozzesi nel torneo fino a quel momento. Questa volta l’avversario sembra molto più vulnerabile (attenzione: non più debole), per cui è lecito crederci più del dovuto: sicuramente più del 2015, quando la contemporanea vittoria dell’Italia in Scozia e sconfitta della Francia in casa contro il Galles facevano ben sperare per la gara successiva all’Olimpico. Finì invece con un mesto e doloroso 0-29, ma quelle di quattro anni fa probabilmente erano più illusioni che speranze. Questa volta le sensazioni possono essere legittimamente diverse: proviamo capire perché.

Perché credere in una vittoria

– L’Italia ha una buona organizzazione, tutto sommato 

La fase difensiva ha fatto acqua solo contro l’Inghilterra, non tanto per colpa del sistema quanto più per gli evidenti mismatch individuali e la difficoltà nel contenere i devastanti trequarti inglesi. Per il resto, sempre considerati gli avversari e le circostanze, si sono visti alcuni passi in avanti che fanno ben sperare per la partita di sabato, dopo un paio di stagioni davvero deficitarie. L’assenza di Campagnaro potrebbe pesare, ma una struttura organizzata serve anche a questo: ad attutire lo shock di una possibile mancanza importante a livello individuale.

In attacco, dopo le prime due giornate piuttosto negative, l’Italia ha ritrovato smalto e consistenza, pur peccando un po’ di freddezza in alcune occasioni. La crescita in fase offensiva è coincisa con il ritorno di Tito Tebaldi in squadra, che ha dato il ritmo e i tempi giusti ad un attacco troppo lento e prevedibile in precedenza, ma ora più veloce in regia e più efficace anche con i ball carrier e nei sostegni, tanto da essere la seconda miglior squadra del torneo per velocità media in ogni singola ruck (aspetto dove la Francia non brilla: è la peggiore per velocità di uscita del pallone dal punto d’incontro in attacco). Saranno anche dei perdenti seriali nel torneo, ma l’organizzazione dell’Italia di O’Shea potrebbe fare la differenza sabato.

– La Francia non è molto organizzata, invece

Eppure il torneo sembrava essere iniziato per il meglio, con un primo tempo convincente contro il Galles. Da quel momento in poi, i Bleus hanno perso certezze e strutture, venendo quasi ridicolizzati dall’Inghilterra a Twickenham tatticamente e poi brutalizzati dall’Irlanda per quasi 80 minuti, senza mai avere voce in capitolo. In mezzo c’è stata la vittoria contro la Scozia, che però a quanto pare non è servita se non a smorzare temporaneamente le critiche.

Jacqyes Brunel e il suo staff sono costantemente sotto attacco: l’accusa principale è quella di non essere riusciti ancora a dare un’organizzazione di gioco alla nazionale, che in effetti non ha mai mostrato cenni di evoluzione da quando l’ex CT dell’Italia l’ha presa in mano a fine 2017. Era comprensibile vedere una Francia molto basica nei primi mesi del suo mandato, ma era lecito attendersi qualcosa in più nei mesi successivi. Invece i transalpini sembrano ancorati a un gioco molto individualistico, che vive sulle folate dei trequarti e sulla capacità dei pesanti ball carrier di erodere la linea difensiva avversaria. Non sempre possono bastare, senza tutto il resto.

– È tornato Jake Polledri

E lo vogliamo immaginare piuttosto carico, come in occasione della sua prima partita in nazionale. Ma già a Twickenham ha offerto buone rassicurazioni in tal senso.

– Sarà una giornata significativa

Ci sono tutti gli elementi affinché sia realmente una partita speciale. Per l’Italia sarà la partita numero 100 del Sei Nazioni e il Test Match numero 500 nella propria storia, ma soprattutto sarà l’ultima partita nel Sei Nazioni per due monumenti del rugby italiano come Sergio Parisse e Leonardo Ghiraldini, capitano e vice capitano. È bello pensare che, dopo un numero esagerato di sconfitte, il loro canto del cigno nel Sei Nazioni possa finire con un bel giro di campo sulle note de “Il cielo è sempre più blu”.

– La grande pressione sulla Francia

Un’altra sconfitta, dopo quella contro le Fiji a novembre e quelle maturate finora nel Sei Nazioni, aprirebbe scenari imprevedibili per la nazionale francese e per l’attuale staff tecnico, a cui però – ed è facile prevederlo – nemmeno una semplice vittoria basterebbe per placare gli animi in patria. I Bleus devono vincere e soprattutto convincere: un successo striminzito difficilmente sarebbe visto di buon occhio in Francia, il che non fa altro che aumentare la grande pressione che già oggi c’è sulla nazionale.

Daniele Pansardi

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