Il postino placca sempre due volte, ep. 2: alla base del rugby

Fabrizio ci ha chiesto qualche delucidazioni su alcuni ruoli del nostro sport, e abbiamo cercato di accontentarlo

ph. Sebastiano Pessina

Il postino placca sempre due volte è la posta del cuore ovale di OnRugby.it. La redazione risponde a una selezione di domande dei lettori. Poneteci le vostre questioni all’indirizzo email [email protected], o scriveteci un messaggio tramite la nostra Pagina Facebook.

Domanda di Fabrizio

Volevo chiedervi alcuni chiarimenti sulle prerogative di ogni ruolo del rugby per poter capire meglio il gioco.

  1. Piloni: nella mischia chiusa l’1 ha la testa “fuori” dalla mischia e il 3 dentro la mischia. In condizioni di gioco normale invece si differenziano per qualcosa?
  2. Seconde linee: qual è il loro compito in mezzo al campo? Come si differenziano 4 e 5? Come si distingue una seconda linea molto forte (es. Retallick)?
  3. Terze linee: il 6 e 7 giocano rispettivamente su lato chiuso e aperto della mischia, mentre l’8 è incaricato di staccarsi dalla mischia per partire palla in mano. Mischia a parte, come si differenziano questi 3 ruoli? Perché spesso si sente parlare di flanker che non possono giocare N.8 e viceversa?
  4. Centri: come si differenziano? Perché a volte si vedono centri che possono fare anche le terze linee? (es. Sgarbi al Benetton). Quali caratteristiche fanno un gran primo centro e un gran secondo centro?

Risponde Lorenzo Calamai

Ci perdonerà Fabrizio se abbiamo razionalizzato la sua email, ma i contenuti erano davvero tanti e ne affrontiamo intanto una parte.
Incominciamo da una premessa fondamentale: nel rugby di oggi, come in tanti altri sport, si va sempre di più verso l’acquisizione da parte dei giocatori di un ventaglio di competenze trasversali molto ampio: tutti devono saper fare tutto. Ovviamente ci sono ancora delle abilità specifiche e ogni attore porta sul palcoscenico della partita caratteristiche diverse, che però non sono sempre necessariamente legate al suo ruolo. Lo spiegone che segue, quindi, vale a titolo generale, a grandi linee, per orientarsi. Procediamo per punti, seguendo l’ordine delle domande:

  1. Fra di loro, due prime linee non si differenziano in modo particolare una volta che la mischia chiusa è finita. Eventuali differenze nel loro utilizzo nel gioco aperto dipendono dalle caratteristiche dei singoli, e non tanto dal ruolo ricoperto. Un pilone come Tadhg Furlong, ad esempio, è un ball carrier di grande qualità e porta avanti un sacco di palloni, ma non è necessariamente una caratteristica comune a tutti i numeri 3.
  2. Generalmente, le seconde linee sono giocatori di fatica incaricati soprattutto di pulire i raggruppamenti e portare avanti il pallone, e sono i principali terminali del lancio in rimessa laterale. Non ci sono vere e proprie differenze fra numero 4 e numero 5, ma se vogliamo essere pignoli i numeri rispecchiano lo schieramento in mischia chiusa, a sinistra o a destra. In linea di massima la seconda linea destra è più forte in mischia chiusa dell’altra, e quindi spesso più grande fisicamente, per facilitare il compito al proprio pilone e per cercare di far girare la mischia ordinata leggermente verso destra, a vantaggio dell’attacco. Cosa serve per essere una grande seconda linea? Una imponente presenza fisica, un alto workrate in attacco e in difesa, l’intelligenza e le doti del gioco aereo nella rimessa laterale. Brodie Retallick è una grandissima seconda linea perché a queste caratteristiche combina la completezza in ogni aspetto del gioco: è prima di tutto un giocatore fortissimo, prima di una seconda linea fortissima.
  3. Rispetto ai ruoli precedentemente descritti, i tre giocatori di terza linea si distinguono maggiormente l’uno dall’altro, ma il loro impiego dipende tantissimo dalle caratteristiche dei giocatori e dalle richieste dello staff tecnico. Il numero 7 di una squadra è di solito il giocatore con più corsa fra quelli del pacchetto di mischia, capace di fare da raccordo fra mischia e trequarti e di contendere i palloni avversari al breakdown (esempio illustre: Michael Hooper); il numero 6 assomiglia invece più spesso a una seconda linea, deputato al lavoro oscuro di pulizia dei punti d’incontro (esempio illustre: Wenceslas Lauret); il numero 8 invece mischia spesso tutte queste caratteristiche con grandi qualità di portatore di palla, visto che deve ripartire dalla base del raggruppamento ordinato (esempio illustre: Billy Vunipola). E’ fondamentalmente questa la caratteristica discriminante che rende alcuni flanker poco adatti a quel ruolo, vuoi per scarsa propensione all’avanzamento o per una manualità non proprio da suonatore di pianoforte.
  4. Le variabili nella composizione di una coppia di centri sono pressoché infinite. Lo stereotipo classico vuole che il primo centro sia un giocatore potente fisicamente per andare a sfidare nelle prime fasi le linee difensive avversarie, mentre il secondo è un giocatore più elusivo, veloce e capace di giocare ottimamente le situazioni nel campo allargato. Facciamo un esempio eccellente? Nel 2009 i British & Irish Lions sfidarono il Sudafrica abbinando la potenza di Jamie Roberts alla classe e alla brillantezza di Brian O’Driscoll. Ci sono però tante possibili variazioni, come hanno dimostrato per prime Inghilterra e Australia alla mitica Rugby World Cup del 2003, dove entrambe schieravano a numero 12 un secondo playmaker deputato maggiormente all’organizzazione e alla distribuzione del pallone piuttosto che allo sfondamento. Sicuramente nello skill set di un centro ci sono caratteristiche assimilabili a quelle di una terza linea dal punto di vista dell’abbinamento fra mobilità e impatto fisico, grande capacità di placcaggio e un buon utilizzo delle abilità manuali.

 

Per  dubbi e chiarimenti sulle regole potete leggere e scaricare (gratuitamente) l’edizione 2019 della nostra Giuda alle regole del rugby.

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