Il piano perfetto della perfida Albione

Dominio fisico, gioco al piede, voglia di vincere. Una vittoria fantastica analizzata pezzo per pezzo

ph. Reuters

Irlanda e Inghilterra hanno dato vita sabato sera a Dublino a un incontro spettacolare quanto ci attendevamo. Meno lecito era però aspettarsi che all’Aviva Stadium, dove Eddie Jones non aveva mai vinto da head coach dell’Inghilterra, a portare a casa la vittoria fosse la squadra ospite, e che lo facesse con una prestazione e un punteggio tanto convincenti.

Come si conviene ad un incontro di questo spessore, cioè fra due squadre che non nascondono di puntare alla vittoria della Rugby World Cup, è stata una partita decisa dagli episodi, giocata in grande equilibrio per 66 minuti, fino a quando la meta di Henry Slade, peraltro convalidata con molte ombre sul fuorigioco del numero 13 inglese, non ha messo sostanzialmente fine ai giochi.

Nonostante questo, però, la partita più attesa di questa prima giornata cela una notevole quantità di sfaccettature tattiche che hanno costruito la trama strutturale dell’incontro, sul quale poi i singoli episodi si sono innestati per determinare il risultato finale.


 

Bellissimo il passaggio iniziale di Slade verso May, ma sul calcio dell’ala il secondo centro sembra partire davanti

 


Battuti fisicamente

La partita si è decisa nei momenti in cui l’Inghilterra non ha avuto il possesso del pallone, ovvero il 51% del tempo. Dei 177 placcaggi completati dalla squadra inglese, ben 48 sono stati dominanti, mandando quindi indietro l’avversario. Una prestazione mostruosa, calcolando anche che l’Inghilterra, squadra comunque tendenzialmente dominante dal punto di vista fisico, veniva da una media di 19,8 placcaggi positivi per partita nel Sei Nazioni 2018.

ball carriers irlandesi sono stati semplicemente rispediti al mittente praticamente in ogni occasione. L’Irlanda non è una squadra che ama spostare il pallone fra i giocatori che compongono i pod da tre che vengono formati in mezzo al campo per andare a percuotere la difesa, ma si affida allo strapotere fisico di giocatori come CJ Stander, Tadhg Furlong e James Ryan per portare avanti l’ovale con corse dirette. Uno strapotere che è stato azzerato da una partita di sacrificio e intensità fisica superiori da parte del pacchetto di mischia inglese, capaci di respingere spesso al mittente le offensive avversarie, spesso raddoppiando il placcaggio.


Furlong vince il primo contatto, ma poi arriva Courtney Lawes ad azzerare il tutto

Mentre l’Irlanda, come era previsto, ha optato per mantenere sempre il possesso del pallone dai propri 10 metri in su, l’Inghilterra si è presa la libertà di difendere con 13 uomini sulla linea, il solo Daly in profondità e Youngs che si alternava fra il posizionamento sulla seconda linea di difesa tipico del mediano e l’aggiungersi al muro difensivo

Nel primo tempo gli irlandesi sono stati incapaci (o non hanno voluto saperne) di cambiare il proprio piano di gioco e ne hanno pagato lo scotto: in 40 minuti sono riusciti ad entrare nei 22 metri avversari con il controllo del pallone solamente una volta, e grazie ad un calcio di punizione che li ha portati in rimessa laterale. Da quella touche, poi, in 5 fasi l’Irlanda è arrivata fino alla meta segnata da Cian Healy, nel momento migliore dei padroni di casa nella partita.

Ad inizio secondo tempo, Johnny Sexton prova a cambiare un po’ lo spartito, utilizzando per tre volte consecutive il piede per scavalcare la difesa avversaria, un’idea che sarebbe potuta arrivare anche più tempestivamente. Con un bel forcing gli irlandesi riescono anche a tornare sotto a -4, ma, eccezion fatta per la meta di Cooney a partita quasi finita, sarà l’ultima volta che gli uomini di Schmidt riusciranno ad avere occasione di fare punti.

Una sequenza eloquente

Oltre alla vittoria nella battaglia della fanteria, l’Inghilterra ha la meglio anche nell’altro scontro cruciale, quello del gioco al piede. La squadra di Eddie Jones dimostra di aver preparato la partita alla perfezione andando a sfruttare le piccole lacune che la struttura difensiva irlandese concede, e spesso lo fa attraverso un uso del piede molto offensivo.

Anche offensivamente, infatti, l’Inghilterra si rivela migliore degli avversari: gli ospiti portano a casa punti 5 delle 6 volte in cui ottengono un possesso nei 22 metri avversari.

Prendiamo ad esempio uno degli episodio cruciali del match: la meta di Elliot Daly alla mezz’ora che riporta i suoi avanti immediatamente, rispondendo alla precedente marcatura di Healy. La costruzione di quell’occasione e lo svolgimento dell’azione stessa sono una dimostrazione di fine preparazione a monte, lettura della situazione specifica e esecuzione perfetta.

La preparazione a monte dice che la struttura difensiva dell’Irlanda, costruita da Andy Farrell, prevede che l’Irlanda si copra con 14 uomini in linea. Infatti Earls e Stockdale, le ali, rimangono schierate insieme alla linea difensiva quando l’azione si svolge nella propria metà campo, lasciando che sia l’estremo a coprire ampie zone di campo e concedendo all’attacco la possibilità di trovare degli spazi negli angoli del campo con il piede.

Rob Kearney è un maestro nel coprire le praterie che si aprono nella profondità del campo irlandese, ma Schmidt lo ha voluto tutelare: il giocatore è da poco rientrato da un infortunio. A sorpresa, l’estremo di giornata è Robbie Henshaw, che la maglia numero 15 non la vestiva da un po’. E questo l’Inghilterra lo sa.

Lo sa, soprattutto, Owen Farrell: dopo dieci fasi incominciate dopo la ricezione di un box kick difensivo di Murray, l’apertura inglese individua il momento giusto per l’utilizzo del piede, un grubber infido dietro le spalle di Earls che, come detto, è alto sulla linea difensiva. Henshaw recupera l’ovale ma, anche se si trova nei propri 22 metri ed è l’ultimo uomo della propria formazione, per scelta consapevole o per errore decide di calciare lungo e in campo, costringendosi ad uno sprint per superare tutti i suoi compagni e rimetterli in gioco.


Il primo uomo a entrare nella ripresa della telecamera dopo il calcio di Henshaw è lo stesso estremo: la linea difensiva in verde non può mettere molta pressione e l’estremo ha dovuto correre per recuperare il pallone e quindi spintare alla massima velocità fino ai dieci metri. 

L’Inghilterra contrattacca con Nowell, che si attesta sui dieci metri, mentre Henshaw continua a correre incessantemente per ritornare nella propria posizione di retroguardia. Sulla fase successiva l’Inghilterra non gioca immediatamente al piede con Farrell, ma muove l’ovale dietro la schiena di due avanti per Slade. In questo modo, Stockdale è costretto ad abbandonare la profondità del campo, che viene esplorata con un nuovo grubber. Henshaw, che ha coperto ampissime zone di campo e possiamo immaginare un po’ in affanno, oltre che in situazioni con cui non si è spesso trovato a che fare, sbaglia completamente la liberazione e concede una rimessa in zona rossa agli avversari.


Henry Slade ha giocato forse la sua miglior partita con la maglia della nazionale. Qui rivela tutta la sua utilità di secondo playmaker operando un grubber perfetto con il destro che, per inciso, non sarebbe neanche il suo piede

Dalla rimessa laterale che ne segue l’Irlanda gioca una penetrazione centrale con Tuilagi, quindi una seconda con Mako Vunipola. Farrell cambia senso insieme a Daly all’ultimo momento, con una corsa a pendolo che porta i due trequarti in posizione perfetta per giocare dietro la schiena di due gruppi di finti penetranti. Il numero 15 inglese gioca quindi l’ennesimo grubber dietro le spalle di Stockdale, su cui stavolta Henshaw non può fare niente, perché arriva da troppo lontano (lo si vede schierato dietro la linea difensiva nel senso del gioco, come previsto dalla classica copertura a due nei propri ventidue).

Stockdale è tradito dal rimbalzo imprevedibile dell’ovale, che frena la sua corsa rendendo difficile il controllo al giocatore. Nowell è in caccia, e nonostante un tentativo di intervento alla disperata di O’Mahony che forse aveva previsto il pericolo, porta giù l’ala irlandese, facendogli perdere il possesso. A Daly non rimane che schiacciare per il nuovo vantaggio.


C’è anche un piccolo, grande errore di Jacob Stockdale da notare: quando l’Inghilterra attacca dalla chiusa, non ha generato una vera superiorità numerica da sfruttare. Stockdale è probabilmente allarmato dall’azione o dalla pericolosità di Nowell, ma sale precipitosamente sguarnendo lo spazio alle proprie spalle

Kicking game

Per tutta la partita il gioco al piede inglese è stato superiore a quello irlandese, sia in attacco che in difesa. E’ stata evidente la superiore preparazione della partita da parte dello staff tecnico della Rosa, che ha capitalizzato al massimo sulla strutturazione della squadra avversaria (difesa con 14 uomini in linea e le ali che corrono indietro se il pallone viene calciato) e anche su alcune situazioni particolari come la presenza di Robbie Henshaw, poco aiutato da un Keith Earls limitato nella sua presenza dopo il contatto con Itoje, che lo ha poi costretto ad uscire.

Importantissima è stata la vittoria della sfida dei box kicks, una delle armi migliori in mano all’Irlanda. La proverbiale precisione ed efficacia del gioco al piede di Conor Murray è stata questa volta contrastata da una partita ancora più puntuale, ancora più efficace di Jonny May, che non ha mai vacillato sotto i campanili messi per aria dal 9 in maglia verde.

Allo stesso modo, May ha portato una pressione eccellente su Earls e Henshaw da quel lato del campo quando ad eseguire il calcio nel box era Ben Youngs, un altro mediano di mischia che al piede sa dire la propria.

L’Inghilterra non ha avuto paura di utilizzare il gioco al piede anche da situazioni statiche, in posizioni di campo piuttosto avanzate dove spesso si preferisce mantenere il possesso. Per due volte Owen Farrell, ad esempio, ha utilizzato il piede direttamente da una rimessa laterale a centrocampo, senza passare per una ruck.

Se in un caso il calcio non è stato preciso, finendo direttamente fuori, nell’altro ha costretto Henshaw a raccogliere il pallone sotto una enorme pressione sulla sua linea di meta.


Farrell utilizza l’opzione del calcio perché l’Irlanda difende la prima fase con Keith Earls primo uomo di linea, lasciando momentaneamente scoperta la zona di campo interna, che dovrebbe essere coperta solitamente dal mediano di mischia. Murray però è assente, e il povero Henshaw fa il massimo dell’umanamente possibile

Volerlo di più

In definitiva, l’Inghilterra si è fatta trovare più pronta per la partita a diversi livelli. La preparazione durante le settimane precedenti è stata evidentemente superiore, ma anche la determinazione e la voglia di portare a casa l’incontro dei giocatori è stata nettamente più grande di quella degli avversari.

Due circostanze in particolare lo hanno dimostrato: la partenza a razzo dell’Inghilterra, con la prima meta di May cercata e trovata con determinazione leonina e precisione millietrica; lo scambio di opinioni sulla glottologia gaelica fra O’Mahony e Sinckler in apertura di secondo tempo. Sinckler è noto per essere un giocatore fumantino, che può cadere in qualche reazione esagerata, e forse non è un caso che il capitano di Munster se la sia presa proprio con lui. Il pilone destro, però, ha conservato la lucidità necessaria: sabato si era allacciato le scarpe per giocare, e vincere, la partita, non una rissa per strada.

Forse, poi, nell’Irlanda c’è stata meno urgenza di ottenere il risultato, e anche un po’ di voglia di nascondersi. L’Inghilterra ha preparato la partita esattamente come Steve Hansen, head coach degli All Blacks, aveva previsto dopo la sconfitta dei suoi contro gli irlandesi: adesso che avete dimostrato di poter essere i migliori, tutti vorranno farvi lo scalpo.

Joe Schmidt e compagnia, invece, hanno preparato la partita in maniera differente, con qualche problema di formazione e con la subconscia certezza che perdere qualche partita a questo Sei Nazioni sia meno cruciale rispetto alla preparazione della Rugby World Cup, percorso verso il quale l’Irlanda è forse un gradino avanti nei confronti degli avversari di sabato.

L’Irlanda, per di più, ci ha fatto vedere anche qualcosa di diverso dal solito, in attacco, forse anche per merito di una difesa che costringeva Sexton e soci a cercare soluzioni alternative. In particolare, però, si sono visti diversi possessi irlandesi all’interno delle due fasce laterali, fra 15 metri e linea di touche, che sono una rarità per la squadra di Schmidt. Anche i passaggi dietro la schiena del pod di avanti per i trequarti sono stati leggermente variati rispetto al passato.


 

Anche l’ex capitano Azzurro sembra concordare

 


L’Irlanda è chiamata adesso a rispondere ad alcune domande: quella contro l’Inghilterra è stata una sconfitta dovuta ad una prestazione straripante inglese? Gli errori fatti sono la classica partita storta o c’è qualcosa di strutturale da correggere?

Le domande sono anche di scelta dei giocatori: qual’è la profondità della rosa irlandese nelle posizioni di numero 15 e numero 8? Quali sono le alternative a Kearney e Stander? Le assenze nel rugby contemporaneo vanno messe in conto, e bisogna essere preparati ad averci a che fare.

L’Inghilterra ha messo in luce alcune debolezze degli irlandesi. La risposta tocca a Johnny Sexton e ai compagni, almeno a quelli che sono rimasti in piedi dopo essere passati dal tritacarne inglese.

Lorenzo Calamai

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