Benetton Rugby, Tommaso Allan: “Sto lavorando molto sull’aspetto mentale”ko

Alla vigilia della intrigante sfida contro i Glasgow Warriors abbiamo parlato con l’apertura di Benetton Rugby e Italrugby

Trasformazione di Tommaso Allan / ph. Ettore Griffoni

Tommaso Allan è, ormai da qualche tempo, il punto di riferimento, a numero 10, sia del Benetton Rugby che della nazionale azzurra. Prima dell’intrigante e fondamentale sfida dei Leoni contro Glasgow, lo abbiamo raggiunto per approfondire assieme a lui diversi temi, relativi a stagione in corso e carriera in divenire.

Tommaso, sei reduce dall’infortunio contro l’Australia, e sabato a Monigo ti abbiamo visto con una fasciatura alla gamba. Come stai?

Sto bene. Certo, sono tornato da poco dall’infortunio al collaterale e non sono ancora al massimo livello a cui potrei essere. Ora, però, giocando di più sto tornando al top. Il bendaggio c’era, e anche vistoso, ma solo per precauzione, e perché garantisce solo più stabilità. Comunque devo dire che a Treviso, sotto il profilo medico, si sta lavorando sempre meglio, anno dopo anno, per quanto riguarda il recupero ma anche la prevenzione dagli infortuni. Un dato su tutti, la dice lunga: la nostra rosa, attualmente, conta solo 4 infortunati, dato che sta calando di stagione in stagione. C’è una collaborazione molto positiva tra equipe medica ed equipe dei preparatori atletici, che sta portando ad ottimi risultati.

Siete reduci da due derby molto positivi per la vostra classifica. Ora vi attende una gara importantissima, che dirà molto sul vostro status attuale. Che gara vi aspettate con i Warriors?

Questo mese di gennaio, al di là della singola partita, sarà molto importante per il Benetton Rugby, sia per quanto riguarda il Pro14 che per quanto concerne la Challenge Cup. Entrando nello specifico, invece, Glasgow è estremamente forte in attacco. Ha tanti giocatori dotati di grande abilità offensiva, tutti con l’X-factor, in grado di sparigliare le carte della difesa. Per certi versi hanno uno stile di gioco non troppo dissimile da quello delle Zebre. Ti attaccano da ogni zona del campo, sono estremamente mentalizzati su questa cosa e ti possono sempre fare male in qualsiasi posizione, palla in mano. Dovremo essere performanti in difesa, ma, come abbiamo visto anche contro le Zebre, quando abbiamo la palla riusciamo ad essere pericolosi. Ecco perché ci stiamo preparando pensando soprattutto a noi stessi. Sappiamo che facendo bene le nostre cose, anche quelle più basiche, abbiamo un’ottima base di partenza.

Sei un punto di riferimento non solo a Treviso ma anche in nazionale. Quali differenze ci sono tra il lavoro richiesto al numero 10 da Crowley ed O’Shea?

A dir la verità, direi non molte. Sono due allenatori entrambi molto molto bravi, positivi e propositivi. Non ci danno mai del torto se vogliamo provare qualcosa anche nei nostri 22 metri. Ovviamente le squadre che allestiscono sono strutturate ma non vogliono assolutamente limitare la volontà di “giocare a rugby” dei XV in campo. Come allenatori, quindi, sono decisamente simili. Peraltro parlano molto tra di loro, e tra staff e staff, come accade anche per le Zebre.

Quanto incide la voce del numero 10 nella gestione delle scelte sui penalty.

Io alzo sempre la mano quando mi sento di calciare, ed onestamente è un qualcosa che capita quasi sempre (sorride, ndr). Solo che, a volte, tre punti non bastano, oppure nella touche precedente hai portato a termine un drive positivo, o magari hai visto che gli avversari stanno patendo oltremodo in mischia chiusa, e quindi una squadra vaglia l’opzione ritenuta migliore in un determinato momento, al di là della forza e del momento del proprio numero 100.

Senza dimenticare, poi, che 5 punti sono sempre meglio di 3. Come calciatore, ripeto, alzo sempre la mano ad ogni occasione, ma mi metto nei panni di chi deve decidere e comprendo anche una scelta diversa. Se ne parla molto prima delle partite, e tendenzialmente si traccia una linea guida in base alle esigenze di giornata (il bonus offensivo, ad esempio).

Nel posta gara, ovviamente, rivediamo ogni situazione, analizzando la singola scelta e valutandone la correttezza, parlandone ovviamente con lo staff, che cerca sempre di darci gli input del caso. Ad esempio, posso dirti che nell’ultima gara contro le Zebre ci sono state un paio di situazioni su cui avremmo potuto lavorare in modo diverso. Col senno del momento sembravano decisioni corrette, invece sarebbe stato il caso di gestire in altro modo. Penso ad esempio ad un calcio in touche nel primo tempo, oppure ai 3 punti che abbiamo raccolto nella fase finale quando col senno di poi avremmo dovuto andare per il bersaglio grosso. Con l’Italia, invece, nelle sfide contro Georgia, Giappone e Scozia, ovverosia quelle che ci siamo giocati fino all’ultimo secondo, alcune nel bene, altre nel male, penso si siano gestite le scelte di questo tipo nel modo migliore.

Sei un grande appassionato di Pallacanestro. Il piazzato, come un tiro libero, sembra più una questione di testa che altro, almeno ad alto livello. Quanto conta l’aspetto mentale?

La testa fa tantissima differenza. Il piazzato è più un lavoro mentale che un lavoro fisico. Cerco di allenarmi tantissimo sotto questo aspetto. Devo riuscire ad isolarmi, in partita, rispetto a quanto è accaduto in precedenza, sia nel bene che nel male. Estraniarmi dal contesto e focalizzarmi sull’esecuzione, ancor più quando sono stanco. è il mio obiettivo. Mi sto aiutando anche con la lettura di diversi libri strettamente dedicati all’argomento in questione, e sto avendo il sostegno di Corrado Pilat, un ex giocatore del Benetton Rugby, che mi sta dando una mano notevole per ciò che concerne l’aspetto psicologico del calcio.

Negli ultimi anni sono cresciuto, ma devo ancora migliorare da questo punto di vista. I migliori calciatori al mondo, senza dubbio, sono dotati di un livello mentale pressoché perfetto. Così come sento sempre la necessità di diventare più pericoloso palla in mano. Vorrei riuscire ad attaccare la linea difensiva con maggior efficacia ed imprevedibilità- Elementi del gioco su cui, ovviamente, provo a limare dettagli giorno dopo giorno. Non voglio essere solo un ‘distributore’, ma un attaccante completo.

Dove vorresti arrivare? Quale percentuale per il 2019 riterresti soddisfacente?

L’anno scorso ho avuto una buona stagione, quest’anno sto facendo un attimo più di fatica, anche se poi bisogna sempre valutare il grado di complessità dei calci per parametrare il tutto in modo corretto. Comunque sarei veramente soddisfatto se riuscissi a raggiungere una percentuale dell’85%. Ormai a livello internazionale lo standard si attesta almeno all’80%.

Quali sono invece i punti del gioco dove ti senti migliorato dal giorno in cui hai debuttato in azzurro?

Senza ombra di dubbio, con l’esperienza, sono migliorato nella lettura del gioco. Più partite giochi (e vedi), più giocate riesci a decriptare con più sicurezza, sia in attacco che in difesa.

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