La “cultura sessista” all’interno della Federazione inglese

L’ha descritta così il Telegraph, dopo un’inchiesta di tre mesi che rivelano una serie di comportamenti maschilisti nella RFU

ph. Sebastiano Pessina


Un’inchiesta di tre mesi condotta dal Telegraph ha fatto emergere una serie di comportamenti sessisti nella Federazione rugbistica inglese (RFU). Il quotidiano britannico ha parlato di una “cultura del sessismo” sviluppatasi nel principale organo governativo ovale del Paese, svelata grazie a testimonianze provenienti da fonti interne alla RFU che hanno chiesto di rimanere anonime.

Un’ex impiegata della Federazione ha raccontato che in due occasioni ha ricevuto delle ‘pacche’ inappropriate: “Mi sono assicurata di non essere troppo vicino a certe persone in alcuni momenti. È successo due volte. Non lo definirei ‘palpeggiamento’, ma ‘pacche nel posto sbagliato’. Era un impiegato anziano”.

“Non l’ho mai segnalato perché avevo già avuto esperienze del genere, e all’epoca nessuno se ne preoccupava. Bisognava conviverci, ora è necessario fermare tutto ciò e che più persone ne parlino apertamente”.

Un’altra ex dipendente ha invece descritto alcuni comportamenti molesti durante serate ad elevato tasso alcolico, che spesso conducevano a situazioni di grande imbarazzo. “Alcuni membri sono lì (in Federazione) perché è il loro hobby e la loro passione; non lo percepiscono come un lavoro. Ma per altri impiegati lo è – ha detto – Se fossi a una festa, e una persona che ha il doppio della tua età si avvicinasse a te, probabilmente andresti via, ma è molto più difficile farlo in un ambiente di lavoro”.

“Queste persone dicevano cose che mi hanno fatto sentire un po’ a disagio; il tipo di commenti che in un pub o ad una festa non darebbero fastidio, ma in ufficio tutto questo inquieta”. L’intervistata, inoltre, indica come i maggiori responsabili i membri più anziani della Federazione. “È una questione generazionale. Sono semplicemente irrispettosi dei sentimenti delle persone”.

In un ambiente del genere, per molte testimoni è risultato molto complicato aspirare a promozioni nel corso della propria carriera, a differenza dei colleghi uomini. “Non penso sarei potuta spingermi più in là nella RFU a causa del mio essere donna, ad essere sincera. Per tutta la mia esperienza lavorativa, le donne hanno sempre incontrato maggiori difficoltà, e non solo per quanto riguarda aumenti salariali ed eventuali promozioni”.

Al Telegraph ha parlato (sempre in forma anonima) anche una dirigente di più alto profilo, che ha descritto in prima persona alcuni degli episodi più disdicevoli accaduti a Twickenham. “Non ho visto nulla di simile alle accuse rivolte a Harvey Weinstein, ma ho osservato cose che per gli standard di oggi possono essere considerate sessiste negli atteggiamenti e nei linguaggi usati” – ha dichiarato la donna.

Nel dettaglio, si parla di “termini come ‘tesoro’ o tutte quelle cose che storicamente fanno parte di un atteggiamento da macho e da cui non ci si è mossi con il tempo. Alcuni  semplicemente non hanno percepito la maggiore diversità e l’inclusione sul posto di lavoro; ci sono ancora generazioni che non sono state toccate da questi sviluppi”.

La testimone continua dicendo che ci sono dei comportamenti che, secondo queste persone, sono la norma. E per lei è deprimente pensare che lo fossero anche negli ’60 e ’70. “Le rappresentanti della Federazione femminile venivano portate alle riunioni solo per fare brevi presentazioni”. Per il resto, le donne venivano fatte accomodare “ad un tavolo separato rispetto a quello degli uomini”.

Nonostante i grandi progressi compiuti nel rugby femminile e la differenziazione comunque operata nello staff a livello di genere, insomma, la Federazione inglese non sembra essere ancora in grado di estirpare del tutto alcune tendenze retrograde e maschiliste.

Il Telegraph, infatti, ha anche rivelato che il reparto delle risorse umane federale ha sentito l’obbligo morale di produrre un video per staff e dirigenti in cui venivano mostrati i reclami di alcuni dipendenti sul trattamento ricevuto a Twickenham. La direttice del reparto delle risorse umane, Lucinda Pullinger, ha chiesto agli interessati di cambiare il proprio comportamento e di smetterla di usare un linguaggio inappropriato, ma alcuni non hanno trovato queste istruzioni di loro gradimento poiché chi lo ha proposto avrebbe perso il contatto con le realtà del rugby di base.

Giovedì invece un nuovo articolo del Telegraph ha spostato l’attenzione anche su un gruppo di giocatori di uno dei principali club della Premiership, verso cui ha puntato il dito un’ex impiegata di quella società. La donna ha definito “volgari e omofobi” un piccolo gruppo di atleti, spiegandone anche le possibili cause: “Alcuni provengono da scuole private e sono arrivati al club direttamente dall’Academy, per cui è mai stato detto loro come comportarsi sul posto di lavoro, e non lo trattano come tale. Sono ragazzi che si fanno una risata, ma questa cultura fanciullesca crea problemi per le donne che lavorano in team”.

“Continuo a pensare a uno o due giocatori che hanno detto certe cose; avrei voluto affrontarli in quel momento, ma non mi sembrava l’ambiente giusto. Non credo che le donne lo tollereranno più”.

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