Pro14: le Zebre vincono a Galway, Connacht sconfitto 19-11

Narodnik, guarda la formazione della Francia che verrà data mercoledì e confrontala con la nostra. E’ impossibile non notare la differenza. In questo torneo giochiamo tutte le partite contro squadre più forti di noi e le prime due sono del tutto di un altro pianeta. Se vinci o ti avvicini a vincere un match è già un gran risultato. La realtà è questa. Possiamo ragionare su quanto tempo si è perso, sul deficit di professionismo, su una dirigenza FIR che ha commesso molti errori e che non è all’altezza del compito e perchè no, anche sulle scelte di COS. Non è che sia intoccabile. Ma è impossibile non notare che questa volta c’è un tentativo di svoltare la costruzione complessa del rugby moderno, che l’under 20 sta cominciando ad essere più competitiva, che l’organizzazione generale sembra andare verso una direzione più definita rispetto a quella precedente, che un progetto a mediolungo termine c’è, che sta cercando di risollevare anche mediaticamente la nostra immagine caduta nel fango perchè O’Shea, a differenza di Brunel, ci mette la faccia. Poi, certo, si può anche dire che in formazione tizio ti piace di più e caio ti piace di meno, ma le critiche che sembri fare tu non sembrano semplici opinioni di un appassionato, ma indicazioni della strada giusta da compiere per competere con gli altri sminuendo l’intelligenza del tecnico. Ma davvero puoi pensare che con un paio di innesti in più tu possa andare a competere con la Francia? Ma figurati. Se dovessimo vincere la partita è perchè si incartano loro, non perchè siamo più forti. Tutt’al più possiamo cercare di aiutarli ad incartarsi, visto il loro periodo. E su questo aiutino si può lavorare, con la tecnica, la tattica e anche, perchè no, su eventuali innesti. Ma la domanda che poni alla fine non ha ragion d’essere. Se il rugby rispetta le gerarchie, e purtroppo lo fa molto spesso, noi perdiamo in Francia. Meno nettamente che a Dublino, ma perdiamo. Allenare l’Italia al Sei Nazioni vuol dire tentare l’impresa di vincere una due partite. Prima devi invertire il trend con un lavoro sulle franchigie, sulle accademie, sulla preparazione dei tecnici, sulla costruzione di un gruppo che va tutto nella stessa direzione, e dopo, solo dopo che sei arrivato a livello degli altri o quantomeno vicino, puoi permetterti di dire “se coi francesi perdono la partita negli ultimi 20 minuti non mi va bene”. Umiltà, lavoro e poche chiacchiere. Noi dobbiamo vincere con la Georgia e magari con il Giappone, poi se vinciamo anche con la Francia e con la Scozia fa morale. Se fallisce O’Shea sarà la fine del rugby italiano. Ormai il tempo è scaduto, non ce ne daranno altro. E se siamo arrivati a questo punto, la colpa è di quei ritardi storici che non si sono mai voluti vedere e sui quali la barca azzurra è andata alla deriva. Per riportarla in una certa direzione, non bastano certo due innesti in più, ma un’organizzazione generale che produce giocatori, sponsor, vittorie e sistema di gioco. Per farlo, occorre tanto tempo, non Biagi e Canna dal primo minuto. Quelli possono dare il loro contributo, ma il vero match si svolge molto al di sopra della scelta della formazione.