Mediocre con l’ovale, fuoriclasse col fischietto: Nigel Owens si racconta

Il fischietto più famoso al mondo espone le sue prospettive ripercorrendo tutta la carriera, dagli inizi ad oggi

nigel owens rugby

ph. Sebastiano Pessina

Ha diretto la finale della Rugby World Cup 2015, sei volte quelle delle coppe europee e quattro volte l’ultimo atto del Pro14, senza dimenticare che è il direttore di gara con più presenze a livello internazionale tra i fischietti in attività: Nigel Owens, età 47 anni, è ormai un’istituzione del mondo arbitrale.

In una corposa intervista al sito ufficiale del Pro14 ha voluto raccontare il suo viaggio nel mondo di Ovalia: “Ho iniziato per caso ad arbitrare – ammette il gallese – a scuola giocavo in una squadra come estremo, ma non avevamo grossi risultati. Raccogliemmo un solo pareggio in tutto il torneo scolastico, per 12-12, e quando ebbi la possibilità di determinare la vittoria per la mia squadra con un piazzato lo calciai così lontano dai pali che qualcuno mi chiese da quel momento di dirigere qualche gara. E da lì cominciò tutto”.

– Leggi anche: Nigel Owens, la partita più dura da arbitrare è contro la bulimia

“Da molto ormai svolgo questa professione. La gente mi chiede ancora come faccia, io gli rispondo che mi diverto con estrema passione per quello che faccio. Dirigo partite internazionali, ma a volte mi capita di tornare a arbitrare match per ragazzi o di livello più basso, ma sempre con lo stesso spirito”.

“Arrivare al top non è facile – continua – Bisogna avere una certa preparazione fisica, uno studio delle dinamiche e delle conoscenze del gioco e una predisposizione mentale alla gestione della pressione, che diventa spesso fondamentale perchè è necessario controllare l’aspetto emozionale. Ci vogliono gli attributi!”

Pensando alla sua persona fra qualche anno infine conclude: “In futuro, quando smetterò di fare l’arbitro, valuterò. Magari un’opportunità di coaching nel Pro14 in Galles, o in altri paesi, o perchè non pensare a qualcosa con i media e la tv. Vorrei però che i valori del gioco, in primis, vengano trasmessi alle prossime generazioni. Penso di arbitrare ai massimi livelli ancora per una o due stagioni al massimo, dopodichè tornerò magari a dirigere gare di un altro livello. Vorrei finire al momento giusto, senza avere rimpianti di averlo fatto troppo presto ma neanche di averlo fatto troppo tardi per essere ricordato in maniera negativa”.

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