Eleggibilità: tanti All Blacks pronti a tornare in madrepatria

Sempre più giocatori fanno sentire la propria voce in favore di una rivisitazione delle regole sull’eleggibilità

ph. Nigel Marple/Action Images

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E’ un argomento ricorrente quello della modifica delle norme sulla eleggibilità dei giocatori per il rugby internazionale. Stavolta non si parla tanto della residency rule che permette ai giocatori di essere convocati in una squadra nazionale dopo 3 anni di residenza nel paese in questione, ma della possibilità di ottenere una seconda “cittadinanza ovale“.

Si tratta di una questione sollevata soprattutto dagli addetti ai lavori e molto incentivata dai giocatori: a coloro che hanno già ottenuto caps per le maggiori nazionali, dovrebbe essere consentita la convocazione nelle nazionali di seconda fascia. Ovviamente, nella fattispecie si parla soprattutto di giocatori originari delle isole del Pacifico, che oggi ingrossano le fila di Nuova Zelanda e Australia.

Sempre più ex-All Blacks, infatti, avrebbero dichiarato la propria disponibilità ad essere convocati dalle nazionali dei loro paesi di nascita in vista della prossima coppa del mondo, secondo quanto riportato dal New Zealand Herald.

Ma’a Nonu, Charles Piutau, Frank Halai, Victor Vito, Steven Luatua. Sono solo alcuni dei nomi di coloro che hanno alzato la mano per far sentire la propria voce in favore di questo possibile provvedimento, già in vigore nel rugby league.

Al Daily Mail, in un’intervista pubblicata domenica, l’estremo di Ulster Charles Piutau ha detto: “Se c’è un modo per farlo, voglio dare indietro qualcosa e giocare per Tonga alla Rugby World Cup 2019.”

“Se il nostro sport seguisse il modello del rugby league – ha proseguito il 14 volte All Black, nato a Auckland da genitori tongani – sarebbe un contributo enorme alle isole del Pacifico e renderebbe il palcoscenico mondiale nuovamente competitivo.”

Piutau ha giocato per Tonga il mondiale under-20 nel 2010, salvo poi giocare il successivo con la nazionale giovanile neozelandese. Gli ha fatto eco Nick Williams, l’ex Aironi oggi ai Cardiff Blues: “Ho giocato per i Junior All Blacks più di dieci anni fa e questo mi ha vincolato. Mi piacerebbe che le regole cambiassero.”

Più cauto, invece, il terza linea di La Rochelle Victor Vito: “Io ho fatto la mia scelta con gli All Blacks. Non vorrei mai privare un giocatore che lo merita di più di una tale opportunità o del suo sviluppo, ma mi piacerebbe giocare per Samoa.”

Anche Matt Giteau, attraverso il suo account Twitter, aveva voluto dire la sua qualche settimana fa: “Il rugby union potrebbe adottare un’organizzazione simile a quella della coppa del mondo di rugby leage, dove i giocatori talentuosi non selezionati dalle squadre di prima fascia possono giocare per i loro paesi di origine come Fiji, Samoa e Tonga. Solo nell’anno della coppa del mondo.”

Per quanto sicuramente innalzerebbe il livello medio della competizione nel mondo ovale, un tale provvedimento sull’eleggibilità dei giocatori non sembra essere nei piani a breve termine di World Rugby. Il problema sarebbe anche quello di realizzare una norma chiara, inclusiva di tutti i casi ma che al tempo stesso non abbia qualche falla da esplorare. Infine, un altro punto a sfavore della questione sarebbe il disincentivo per i movimenti delle isole del Pacifico a creare un movimento rugbystico nazionale, un po’ come sta cercando di fare Fiji.

L’opinione dei giocatori, però, sembra essere chiara. La riassume Wycliff Palu, 35enne ex-Wallabies: “Se fossi solo un paio d’anni più giovane, avrei sicuramente alzato la mano. Sarebbe ottimo per il rugby.”

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