Ascesa, difficoltà e risalita di Braam Steyn: la nuova certezza del Benetton Treviso

Il terza linea sudafricano sta vivendo la sua miglior stagione, ma c’è ancora una Nazionale da riconquistare

ph. Ettore Griffoni

ph. Ettore Griffoni

Fin dal primo test match alla guida dell’Italrugby, nel giugno 2016 contro l’Argentina, è sembrato chiaro a molti che uno dei giocatori su cui Conor O’Shea avrebbe puntato molto nella sua gestione era Abraham Steyn. Il sudafricano aveva esordito nell’ultimo sciagurato Sei Nazioni con Jacques Brunel sulla panchina azzurra, figurando in tre partite tutt’altro che indimenticabili contro Inghilterra (9-40), Irlanda (58-15) e Galles (67-14).

Con il tour nelle Americhe e l’arrivo di un nuovo commissario tecnico, sembrano esserci dunque i presupposti ideali affinché il terza linea del Benetton Treviso cominci a mostrare le proprie qualità con la maglia della Nazionale, a cui era destinato dal momento del suo arrivo in Italia al Mogliano nel 2012. E O’Shea, in effetti, gli affida la maglia da titolare numero 6 per la partita contro i Pumas, ma 6 sono anche i minuti che Steyn gioca a Santa Fè, complice una frattura della clavicola destra che lo estrometterà dal campo per alcuni mesi.

 

 

Un salto riuscito male

È un infortunio che tarpa un po’ le ali al sudafricano, ma che soprattutto chiude in maniera ingloriosa una stagione d’esordio nel PRO 12 già non esaltante con la maglia del Benetton di Umberto Casellato prima e Marius Goosen poi, in cui Steyn gioca 17 partite in campionato (7 da titolare) per un totale di 703 minuti (41′ di media a partita). Il 2016/2017, di conseguenza, diventa un anno cruciale per l’ex Baby Boks (due presenze nel Mondiale Under 20 nel 2012, tra cui una meta all’Italia), anche perché si rincorrono uno dopo l’altro i discorsi di O’Shea e del neo tecnico del Benetton, Kieran Crowley, sull’importanza del fitness e della condizione atletica. E Steyn, con i suoi 110kg spalmati su 193cm che lo rendono potente e slanciato allo stesso tempo, solo a guardarlo sembra essere il prototipo di atleta ideale sia per l’irlandese che per il neozelandese.

Nonostante il notevole fisico a disposizione, per gran parte del 2016/2017 non si rivede quasi mai – se non a sprazzi, molto rari tra l’altro – il Braam Steyn capace di dominare l’Eccellenza per tre anni di seguito da numero 8 di Mogliano (un anno) e Calvisano (due), tanto da vincere tre Scudetti consecutivi durante la sua permanenza in Veneto e nel bresciano a nemmeno 23 anni (e di conquistarsi anche lo scomodo titolo di possibile erede di Parisse). O’Shea, che sarà anche fissato con il fitness ma fino a un certo punto, non lo convoca per i test match di novembre, salvo poi richiamarlo in un secondo tempo a causa di alcuni infortuni. Gli stessi infortuni che poi lo faranno entrare nella lista dei convocati per il Sei Nazioni 2017, sebbene le prestazioni in maglia Benetton non siano aumentate molto di tono, a testimonianza di come il salto dall’Eccellenza al PRO 12 non sia scontato per nessuno.

Nel torneo continentale il sudafricano si ritaglia uno spazio importante, gioca 377 minuti su 400 e offre qualche buon spunto di riflessione, ma resta la sensazione di un giocatore che non sappia sfruttare a pieno il fisico di cui madre natura lo ha fornito. Da buon sudafricano, Steyn gioca in maniera spavalda e con quel pizzico di arroganza tipico di diversi Springboks (do you know Etzebeth?), ma sfociando spesso in falli banali e talvolta inspiegabili.

 

La forza è nulla senza il controllo.

 

La parte finale della stagione con Treviso, grazie anche alla costante crescita dell’intera squadra, vede uno Steyn più incisivo e titolare quasi in pianta stabile per Crowley, che già dalla fine del 2016 non lo utilizza più come numero otto ma come flanker, togliendogli forse qualche responsabilità ma allo stesso tempo facendolo concentrare su pochi e ben precisi compiti. Anche perché fino a quel momento sembra anche difficile definire i contorni di un giocatore apprezzabile ma sempre fin troppo opaco, a volte brillante ma poi irremediabilmente indisciplinato. E il tour di giugno finisce per enfatizzare soltanto gli aspetti negativi del suo repertorio, visto che il bilancio personale di Steyn si chiuderà con due cartellini gialli e scarsa capacità di incidere sul gioco azzurro. In particolare, con l’ammonizione contro l’Australia riesce già a raschiare il fondo del barile dopo appena una quindicina di cap in maglia azzurra: sul 28-27, con gli Azzurri in avanti alla ricerca di una clamorosa vittoria in rimonta in casa dei Wallabies, Steyn pecca ancora una volta di immaturità e commette un fallo incredibilmente inutile, che gli costa il giallo l 75′ e facilita la risalita del campo agli avversari (che vinceranno 40-27).

 

All’inizio dell’attuale stagione, insomma, delle belle speranze con cui il ragazzone nato a Craddock era arrivato in Italia non sembra essere rimasto granché, se non l’augurio che non combini troppi disastri (e che ovviamente stia il più lontano possibile dalla Nazionale). A cosa serve un equiparato che alla causa apporta più cartellini gialli e falli rispetto ai metri guadagnati palla in mano? Da “erede di Parisse” a “nuovo Vunisa” il passo è davvero così breve? Oppure bisogna solo avere un altro po’ di pazienza? Una virtù che in Italia non è proprio nota come la più sviluppata.

 

 

La risalita e il match contro Tolone

Flashforward: il Benetton Treviso ha perso 29-30 contro Tolone in Champions Cup, Steyn è stato eletto Man of the Match e il premio individuale è di fatto soltanto una piccola ciliegina sulla torta che l’italo-sudafricano ha assemblato nell’ultimo mese e mezzo. Nessuno è veramente sorpreso, e questa paradossalmente è una sorpresa tutti gli effetti.

I motivi sono presto spiegati. L’inizio stagione del 25enne terza linea ha finalmente convinto tutti, anche perché l’ex Sharks sembra avere capito il suo ruolo all’interno del gioco e – cosa più importante – sembra aver capito come gestire il suo imponente corpo in mezzo a quella gabbia di gente iper-fisicata che è il campo da rugby in una partita internazionale. Lo si capisce innanzitutto dalle sole tre penalità concesse agli avversari in sette partite stagionali, in cui ha collezionato ben 496 minuti partendo sei volte su sette da titolare e, in queste occasioni, giocando sempre ottanta minuti. Crowley lo sta ergendo a colonna portante del Benetton Treviso, e Steyn sta rispondendo alla fiducia del suo allenatore con prestazioni sempre positive, ultima proprio quella contro il Tolone con cui si è guadagnato anche l’ingresso in alcuni XV ideali del turno di Champions Cup.

Steyn non sta sfoderando nessuna prestazione da fenomeno, come forse ci si attendeva dopo gli anni in Eccellenza, ma sta diventando un giocatore innanzitutto solido e affidabile (nemmeno un cartellino giallo finora) in ambedue le fasi. Le doti di ball carrier non sono svanite negli anni: Steyn fin qui ha portato palla 74 volte (dati Opta e EPCR), avanzando per 224 metri e battendo 7 difensori, creando anche due break nelle retroguardie avversari. Statistiche assolutamente dignitose, che parlano di un conributo notevole del sudafricano sulla fase offensiva della squadra.

 

 Un po’ monocorde nella corsa e nella finta, ma di grande impatto anche contro dei colossi come i rossoneri

 

L’altra nota positiva è che Steyn non sembra perdere di efficacia con il passare dei minuti, una caratteristica comune al Benetton Treviso di quest’anno. La dimostrazione più limpida è arrivata sempre contro il Tolone in Champions Cup, quando il terza linea ha messo sul piede avanzante i Leoni in un momento delicato della partita con due cariche che hanno guadagnato quei metri preziosi per velocizzare l’azione.

 

Dodici secondi, due importanti corse palla in mano.

 

L’azzurro per rifarsi

La prova del nove per Steyn sarà a novembre. La grande ascesa dell’ultimo mese e mezzo lo pone in pole position per una delle due maglie da titolare nei test match, al fianco di Sergio Parisse. Ad oggi il classe ’92 meriterebbe un posto nel XV che affronterà le Fiji a Catania il prossimo 11 novembre, ma le insidie non mancano di certo e sono rappresentate soprattutto da giovani in rampa di lancio come Giammarioli (classe 1995), Licata (1997) e Negri (1994) – l’altro nome nella lista è quello di Minto, altro potenziale partente. Con quest’ultimo il sudafricano formerebbe una coppia di flanker piuttosto completa, visto che l’italiano ha nel DNA anche le azioni da grillotalpa a differenza di Steyn, ottimo placcatore e ball carrier ma senza quell’attitudine necessaria per andare a cacciare il pallone a terra. Non esattamente un dramma, se anche in Nazionale confermerà quanto di buono fatto vedere finora. Per farlo dovrà scacciare i fantasmi degli ultimi brutti ricordi in maglia azzurra, dimostrando di aver definitivamente voltato pagina. Magari sempre con quella punta di sfrontatezza tutta sudafricana.

 

di Daniele Pansardi

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