Portare in azzurro il momentum delle franchigie. E del gioco che ne facciamo?

Mischia Treviso e trequarti Zebre. No, O’Shea già ci ha avvertiti: a volte le scelte facili non sono quelle giuste

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ph. Sebastiano Pessina

L’operazione Test Match di novembre è ufficialmente iniziata con la tre giorni di raduno a Parma, a cui seguirà nei prossimi giorni quello di Treviso. Dopo un Sei Nazioni difficilissimo e un mese di giugno a corrente alternata, c’è grande curiosità per vedere nuovamente all’opera la Nazionale di coach O’Shea. Ghiraldini, Parisse, Sarto e Padovani a parte, tutti gli altri Azzurri convocati dallo staff tecnico arrivano dalle franchigie, che hanno iniziato la stagione in modo positivo sia come collettivo sia nelle prestazioni dei singoli. “L’obiettivo è portare in campo internazionale il momentum che Benetton e Zebre hanno costruito”, diceva il CT irlandese nei giorni scorsi e la speranza è proprio questa: rivedere sul palcoscenico internazionale la confidenza singola e collettiva che per lunghi tratti abbiamo visto sia in maglia bianconera che biancoverde. Vero che affrontiamo tre squadra di assoluto livello e che ci precedono non di poco nel ranking, ma l’Argentina sta attraversando un momento di crisi e le Fiji restano al nostro livello. Discorso diverso per il Sudafrica, che dopo un 2016 al cui colore nero ha contribuito anche la sconfitta di Firenze, sta rialzando la testa in un 2017 ben più ricco di soddisfazioni.

 

 

I numeri dei giocatori e la maglia numero 12

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ph. Luca Sighinolfi

Quella annunciata lunedì nove ottobre è stata la lista di convocati più difficile da scegliere da quando O’Shea è arrivato sulla panchina azzurra. E senza gli infortuni dei vari Campagnaro, Allan, Morisi e Zanni entrare nel gruppo dei 34 sarebbe stato ancora più difficile. La curiosità è molta anche per capire quale piano di gioco adotterà l’Italia e molto passerà dalla scelta a numero 12. In molte partite dello scorso anno la maglia è andata a Luke McLean, doppio play ma soprattutto seconda alternativa al piede sia in fase di alleggerimento uscendo dai 22 che nel kick per prendere territorio. Treviso e Zebre giocano invece con 12 radicalmente diverso, rispettivamente Sgarbi e Castello. Quest’ultimo è al quinto posto nella graduatoria generale delle carries (78), ma anche le altre classifiche per area di gioco riflettono il game plan votato all’attacco di coach Bradley: Giammrioli quinto per difensori battuti (16), Bellini quarto per difensori battuti (17) e ventesimo per carries, Castello ottavo per offload (8). Nella Top 25 per difensori battuti figurano complessivamente cinque ducali e nessun Leone, ma i veneti si rifanno con quattro presenze nella Top 25 dei migliori difensori (Budd, Steyn, Sgarbi e Bigi). Dopo tanti anni tra franchigie e nazionale si è aperta una stagione di dialogo e vera collaborazione. Fino a che punto si spingerà questa continuità dal punto di vista puramente tecnico?

 

 

Le scelte facili, che a volte non sono quelle giuste

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

A pelle molto difficilmente vedremo un’Italia che in campo internazionale gioca in stile Zebre, attaccando molto e calciando poco. Troppo rischioso poter pensare di giocare un rugby che espone costantemente ai rischi del turnover, tanto più contro tre squadre dell’Emisfero Sud due delle quali, Pumas e Fiji, sempre temibili nel gioco rotto e non strutturato.

Improbabile o quanto meno troppo semplice la soluzione “mischia veneta e trequarti ducali più oversea titolari”: i vari Minozzi e Bellini sono pedine fondamentali non in senso assoluto, ma in relazione al tipo di gioco proposto da Michael Bradley. E lo stesso vale dall’altra parte per quanto riguarda la terza linea: meglio quella pesante, legnosa e dall’enorme quantità di lavoro sporco in stile Treviso Steyn-Minto-Barbieri-Negri, oppure quella dei giovani terribili Licata e Giammarioli che corrono e creano spazio per liberare le corse in maglia bianconera dei vari Minozzi e Bellini? La domanda non ha risposta: non ne esiste una migliore, o almeno in senso assoluto. Ne esiste una migliore in funziona al tipo di gioco che O’Shea e lo staff tecnico vogliono dalla nostra Nazionale. “A volte le scelte facili non sono quelle giuste”, disse Conor O’Shea commentando la formazione che esordì al Sei Nazioni 2017 contro il Galles, riferendosi verosimilmente alla partenza dalla panchina di un Campagnaro in splendida forma. In campo insomma non servono i giocatori forti, ma quelli giusti. Non resta che attendere le prime indicazioni e la prima formazione anti-Fiji. Accettando anche esclusioni a primo occhio difficili da spiegare.

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