Gioventù ed esperienza, il Rugby Reggio di Roberto Manghi non si pone limiti

Abbiamo intervistato l’head coach dei Diavoli, che parla di playoff e non nasconde le ambizioni degli emiliani

roberto manghi rugby reggio

ph. Rugby Reggio

Lo scorso anno, da neopromossa, il Rugby Reggio ha dimostrato di avere una marcia in più rispetto a chi aveva compiuto il salto in Eccellenza nelle stagioni passati. Settimo posto in classifica, 34 punti in cassaforte, ben dieci punti di bonus e una solidità che, ad eccezione di alcuni capitomboli importanti, ha messo in difficoltà non poche realtà consolidate e con una rosa teoricamente più dotata degli emiliani. I Diavoli, insomma, hanno conquistato sul campo il loro posto al sole nel massimo torneo, rafforzando la propria posizione con una campagna acquisti maiuscola che ha regalato a Roberto Manghi il giovane mediano di mischia Matteo Panunzi, un ex campione d’Italia come Luciano Rodriguez e un flanker di esperienza come Filippo Ferrarini. Nel complesso, l’head coach dei reggiani può contare su una rosa davvero giovane: sono solo quattro i giocatori nati negli anni ’80, mentre ben 29 su 43 nati dopo il 1993 (mentre sedici sono nati dopo il 1996). In vista dell’inizio del torneo, previsto il 23 settembre, abbiamo intervistato mister Manghi pre tracciare il punto sul pre-campionato e le ambizioni di Reggio.

 

Coach, come è andato l’inizio di preparazione e le prime amichevoli?

Abbiamo iniziato ai primi di luglio, in anticipo rispetto alle altre società. Lo facciamo perché poi durante la stagione rispettiamo gli orari di lezione dei nostri atleti, che fanno quasi tutti l’Università. Per questo sfruttiamo a pieno il periodo estivo. Devo dire che la pre-season è andata fin qui bene: a Badia abbiamo assimilato nuovi schemi e trovato una buona compattezza che ci permetterà di fare bene in campionato.

 

Dall’Accademia sono arrivati ragazzi promettenti. Come li hai visti?

Sono ragazzi di ottima qualità e che hanno già vissuto un metodo di allenamento importante. Vogliono arrivare all’Alto Livello e credo che abbiano tutti le caratteristiche per divenire titolari qui a Reggio. Panunzi, quando gioca per la squadra, ha un’altissima qualità di prestazione, Mordacci, Costella e Fontana hanno tutti margini di crescita e qualità notevoli. Scalvi non viene dall’Accademia ma sta dimostrando grande talento. Sono ragazzi che danno un’impronta fresca a questa squadra, che già di per sé è molto giovane anche per i cinque aggregati dall’Under 18.

 

Panunzi ha già avuto esperienza in Pro14. È un giocatore da cui ci si aspetta molto, dove deve migliorare?

Sevian Daupi è sicuramente un buon competitor, ma se Matteo gestisce caratterialmente il suo modo di giocare può fare davvero bene. A noi del Reggio ma in generale al rugby italiano.

 

Prende il posto di Cazenave, rientrato in Francia. Un’eredità che si farà sentire?

Nel rugby i giocatori di grande qualità sono importanti ma nessuno di questi è indispensabile. Non avevamo giocatori indispensabili nelle passate stagioni e non li abbiamo oggi, anche perché in passato abbiamo vinto partite anche senza Florian. Detto questo, certamente Cazenave era un giocatore di assoluto livello: ha fatto bene a Reggio e Reggio ha fatto bene a lui. Quattro anni fa Brunel ci aveva chiesto di poterlo far giocare, in Francia non poteva per gli occhiali protettivi: oltre a noi si erano fatti avanti altri due club, ma ha scelto noi e la cosa ci ha reso orgogliosi: ha trovato un ambiente positivo e sereno di cui certamente ha potuto giovare in un momento delicato della sua vita e della carriera.

 

Capitolo staff tecnico. Cosa portano Festuccia e Rodriguez?

Valore aggiunto a una buona squadra che già vedeva al mio fianco Williami Vaki e il preparatore Raniero D’Alberto. In Francia e Inghilterra Carlo ha avuto modo di crescere e vedere il rugby con orizzonti diversi. Quando è rientrato dalla seconda esperienza ai Wasps, gli ho chiesto se era interessato al nostro progetto e darà un apporto importante a touche e mischia. Luciano Rodriguez è responsabile dell’attacco dei trequarti, oltre che giocatore. Sono rimasto meravigliato da due cose: le sue qualità tecniche e la sua capacità di rapportarsi con i compagni con umiltà e autorevolezza allo stesso tempo. È una collaborazione che darà buoni frutti anche per la crescita del vivaio.

 

Nell’organigramma c’è la figura delle human skills coach. Di cosa si tratta?

Fabrizio Colli, che ha un’importante esperienza come formatore di giovani, avrà il compito di favorire lo spirito di gruppo e cementare i rapporti. Fa incontri singoli e collettivi con i ragazzi, e soprattutto cerca di far sì che gli obiettivi individuali di ogni giocatore si leghino tra loro, in modo da rientrare poi in un unico grande obiettivo collettivo.

 

Ultimo colpo di mercato: Ferrarini. Come è arrivato?

Filippo è un altro ragazzo del territorio. Ha tanta qualità, abbiamo un legame forte dai tempi delle Zebre. Conosce il nostro progetto e voleva tornare a giocare da protagonista. Abbiamo trovato un accordo molto velocemente.

 

Tantissimi giovani e alcuni senatori di esperienza. È il mix vincente?

Questa squadra ha tre/quattro ragazzi leader nonostante la giovane età che possono far fare il salto di qualità a tutti. Rodriguez, Ferrarini, capitan Farolini, Enrico Manghi…Siamo una squadra matura e che punta a fare il salto di qualità. L’unico giocatore sopra i trent’anni è Antonio Mannato, che ha esperienza da mettere al servizio del gruppo, ma ci aspettiamo che siano i giovani a fare la differenza.

 

Reggio non si nasconde quest’anno…

Pensiamo di avere le qualità e le capacità per centrare un obiettivo importante come i playoff. Alle spalle abbiamo una società in crescita che si colloca in una città capoluogo, una comunità solida con cui collaboriamo attivamente su diversi fronti. Il nostro vivaio è consolidato e penso proprio che faremo bene. Certamente ce la metteremo tutta…

 

Hai parlato della solidità dal punto di vista del tessuto economico. Il rapporto tra rugby e città come lo vedi?

Quest’anno è entrata Firenze, speriamo in un futuro di vedere altre città importanti, come Milano o Verona, per dirne due. Nel rugby nazionale c’è bisogno di città capoluogo, perché questo significa pubblico, sostegno, visibilità per le aziende che credono nella palla ovale.

 

Basta solo non fare le meteore…

La solidità di una società è fondamentale. E il passato e il presente dicono dove potrai andare in futuro. Per avere società forti servirebbe maggior controllo da parte della FIR, per esempio sui bilanci. Del resto, il contributo dell’Eccellenza sono soldi della Federazione, che dovrebbe assicurarsi di come viene utilizzato. L’ideale è mettere radici nel territorio, consolidarsi come realtà sportiva che lavora con i giovani, darsi una base solida e valorizzare il vivaio: organizzare il lavoro in modo da permettere a chi vuole di studiare all’Università. L’obiettivo della crescita tecnica degli atleti rimane centrale, ma i club debbono pensare a formare persone a tutto tondo, non solo professionisti del rugby. Certo qualcuno lo diventerà ma bisogna essere realisti promettendo ai ragazzi il miglior percorso di crescita possibile, lavorando in questo senso senza illudere nessuno.

 

di Roberto Avesani

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