L’Under 18, anticamera Seniores e tappa cruciale verso l’Alto Livello

Domenica la finale nazionale Petrarca-Capitolina (in diretta streaming). Intervista ai tecnici Artuso e Ianni

Under 18 capitolina petrarca

ph. Antonella Salucci/Lorenzo Benvenuti

Si giocherà domenica a Prato la finale del Campionato Under 18, da cui uscirà la squadra campione d’Italia di categoria (diretta streaming The Rugby Channel dalle 17). Di fronte Petrarca e Capitolina. Dopo aver vinto le rispettive aree, le due squadre si sono imposte nei Gironi Elite: i veneti con una giornata di anticipo, i romani grazie alla decisiva vittoria per 25-17 conquistata contro Prato, concorrente diretta per il primo posto. Piccola curiosità: la squadra della Capitolina comprende il gruppo di giocatori classe 1998 alla quinta finale nazionale Juniores dopo le 2 Under 16 e le precedenti 2 Under 18.

Per presentare la partita ma soprattutto per una panoramica sul lavoro in una categoria cruciale e che precede il salto Seniores, abbiamo intervistato i due capi allenatore: Giuseppe Artuso, tecnico del Petrarca (31 caps con l’Italia dal 1977 al 1987 e 5 scudetti in maglia nera negli Anni Ottanta); Fabio Ianni, suo collega sulla panchina dell’URC.

 

 

Giuseppe Artuso – Head Coach Under 18 Petrarca Padova

 

Coach, come arrivate alla finale e che stagione è stata?

Dopo la sconfitta dello scorso anno in extremis contro Rovigo, che ci è costata la qualificazione, siamo decisamente soddisfatti del lavoro fatto. La squadra è partita lavorando tranquillamente fino a raggiungere l’obiettivo. Fa molto piacere giocare questa partita dopo tanti anni di assenza da parte del nostro club. Per la società è stata una stagione importante: vittoria con l’Under 16, Cadetta promossa in Serie A, prima squadra in semifinale di Eccellenza. Ora tocca a noi.

 

Tenendo conto che la Prima Squadra gioca in Eccellenza, avere una Seconda in Serie A è un buon passo per i ragazzi che escono dalla 18. Concorda?

Sicuramente è un passo importante. Anche perché quando c’era l’Under 20 i ragazzi avevano due anni in più per maturare fisicamente e tecnicamente, ora il gap tra la 18 e l’Eccellenza è troppo alto. Ci può essere chi riesce nel grande salto, come i nostri due ragazzi Coppo e Pavan aggregati con la Prima Squadra e che hanno pure giocato per poi riaggregarsi con noi per la fase Elite, ma sono casi eccezionali. Avere una seconda squadra in Serie A aiuta certamente: il gap esiste ugualmente ma è minore e può esserci un proseguo di formazione.

 

Un percorso perfetto?

Diciamo che Under 18, Serie A e poi Eccellenza non è male per arrivare ad un gruppo di ragazzi padovani che alimentino la Prima Squadra. E’ un percorso che definirei ideale: poi chiaro, bisogna essere bravi a lavorare assieme a loro facendoli crescere.

 

A proposito di Under 20, pensa che servirebbe questo campionato?

Credo aiuterebbe nella crescita e amplierebbe la base, anche in ottica Mondiali Under 20 in cui partecipiamo ma senza un campionato di pari età. I ragazzi avrebbero quei due anni in più di formazione prima del salto Seniores. La vedo soprattutto dal loro punto di vista. E magari avrebbe aiutato anche i ragazzi delle Accademie Under 18 che non trovavano posto nella Francescato.

 

Anche voi avete ragazzi in Accademia. Come si svolge il lavoro con loro?

All’inizio magari bisognava impostare e rodare il lavoro, ma poi il rapporto è stato ottimo. La diretta conoscenza di coach Dolcetto e del Team Manager Bortolato ha aiutato, ma comunque il lavoro è stato di sintonia e ci siamo venuti incontro instaurando un ottimo rapporto di collaborazione. Questi ragazzi vanno gestiti al meglio, sia come atleti che soprattutto come persone, in un momento cruciale di questa loro doppia crescita. Quindi tutte le scelte vanno prese assieme e condivise.

 

Che vantaggi comporta avere due squadre Under 18?

La doppia squadra aiuta nei numeri. Abbiamo sempre schierato due formazioni, cosa che permette in settimana di lavorare bene. E anche se ci sono ragazzi che si allenano in Accademia, restano a disposizioni numeri e qualità profonde per continuare a lavorare con livello anche in loro assenza.

 


 

 Fabio Ianni – Head Coach Under 18 UR Capitolina

 

Quinta finale per la classe 1998 e Capitolina che si conferma ai piani alti giovanili…

Tutto parte dai tanti allenatori e dalla qualità che fin da piccoli riusciamo a mettere. Nel nostro percorso di formazione è centrale l’idea di crescere anche l’uomo assieme all’atleta e in questo contesto la crescita tecnica è quasi automatica. E i valori del rugby si legano: la resilienza, essere sul pezzo, stringere i denti. Abbiamo vinto la partita decisiva a Prato, dopo essere stati sotto 12-0, contro una squadra di esperienza allenata da un grande come Carlo Pratichetti.
Il lavoro è merito ovviamente collettivo, di tutto lo staff. Abbiamo due Under 18, cosa che permette di lavorare ora in modo collettivo ora separato per esempio quando prepariamo la partita. I gruppi sono aperti e lo scambio è libero in ogni momento della stagione.

 

La chiave per raggiungere le finali?

Abbiamo innalzato il monte ore settimanale e la qualità del lavoro, soprattutto quello specifico: tecnica individuale, palestra mirata. Ma forse il grosso segreto è la formazione degli allenatori: facciamo tantissimo lavoro di confronto e aggiornamento tra Seniores e Juniores. La richiesta e le necessità sono continue, non bisogna mai smettere di crescere o pensare di essere arrivati. Il rugby stesso non si ferma mai, cambia sempre, la prestazione si innalza costantemente: si alzano l’intensità, il livello fisico, tecnico, entrano nel gioco gesti tecnici nuovi. Cerchiamo di essere sempre preparati.

 

Come è stata la vostra stagione?

Il momento più critico è stato a gennaio, dopo la sconfitta con l’Afragola Napoli e il pareggio con Catania. Un momento che ci ha fortificato: abbiamo imparato dalle nostre sconfitte e capito che non sarebbe stato un anno diciamo di quelli in cui la finale arriva facilmente. Avremmo dovuto conquistarla e ci siamo accorti che qualcosa mancava: da lì sono aumentate partecipazione e qualità del lavoro. La svolta è arrivata con le fasi finali: le vittorie e i ragazzi che hanno soddisfatto le nostre richieste sempre crescenti.

 

Come è il rapporto con lo staff dell’Accademia per quanto riguarda i ragazzi che si allenano lì?

Abbiamo 5 ragazzi. Con lo staff dell’Accademia condividiamo qualunque cosa: stato fisico, mentale, tecnico…Avendo un’idea comune di lavoro è poi facile inserirli nella strategia di gioco. C’è un dialogo costante, quotidiano praticamente. Assieme a noi si allenano il venerdì per preparare la partita, poi anche il sabato se inseriamo un breve Team Run.

 

Negli ultimi anni 10 anni la qualità del lavoro Under 18 è cresciuta moltissimo. Da Under 16 più fisica è diventata l’anticamera del livello Seniores…

Sicuramente non lavoriamo per la stretta esigenza domenicale. Faccio un esempio, la mischia chiusa: il regolamento ci impone il metro e mezzo di spinta, ma il lavoro con i piloni deve essere in prospettiva anche pensando ai prossimi anni. L’asticella va alzata, altrimenti i ragazzi si settano su situazioni di conforto per poi magari sentirsi spaesati una volta concluso il ciclo delle giovanili.

 

Fate video analisi?

Sì, una o due volte a settimana. Ma soprattutto su di noi: cosa abbiamo prodotto, dove possiamo migliorare nel nostro gioco.

 

Come si pongono i ragazzi nei confronti delle decisioni di gioco dello staff?

C’è piena consapevolezza. I ragazzi sono i principali attori del nostro gioco: quando si decide come giocare condividiamo, discutiamo e motiviamo le nostre idee. Sono centrati e integrati nel piano di gioco.

 

Giovanili forti- Prime Squadre forti. Non è automatico però

Dobbiamo pretenderlo. La qualità nei settori giovanili deve essere riproposta nei settori Seniores. Sta a noi trovare le giuste motivazioni e i giusti approcci, ma la qualità che riusciamo a fare in giovanile dobbiamo portarla avanti.

 

La retrocessione in Serie B della Prima Squadra può essere penalizzante per i ragazzi?

I ragazzi partecipano pienamente alla vita del club, ovviamente sono consapevoli della retrocessione. Ma è come una famiglia: quando ci sono le difficoltà non si scappa, si fa quadrato e si superano tutti assieme. Ai ragazzi verrà chiesto proprio questo, di essere gli attori protagonisti di un nuovo inizio. Non ci nascondiamo, dobbiamo ripartire: ma farlo con la qualità che produciamo in giovanile è più facile.

 

Un gruppo forte di ragazzi giovani, assieme da tanti anni, può sentirlo come una missione?

Indubbiamente molti di loro saranno i futuri leader del gruppo Seniores. Noi speriamo di aver formato uomini capaci di assumersi le proprie responsabilità. Da lunedì mattina inizia una nuova pagina ovale per loro e il nostro obiettivo è fare in modo che vi arrivino il più pronti possibile sotto tutti i punti di vista.

 

di Roberto Avesani

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