Il rugby che emerge: viaggio ovale nel Paese delle Aquile

Prima puntata alla scoperta delle nazionali del Rugby Europe Championship. La Germania

germania

Il rinnovato Rugby Europe Championship vivrà nel weekend la terza giornata. Noi iniziamo proprio quest’oggi il nostro viaggio dedicato alle sei squadre partecipanti al cosiddetto Sei Nazioni B: un approfondimento che permetterà di conoscere realtà emergenti del panorama ovale europeo. Prima tappa: la Germania.

 

 

 

Negli ultimi tempi, un Paese relativamente sconosciuto agli appassionati di Ovalia è giunto prepotentemente a far parlare di sé: si tratta della Germania, uscita vittoriosa dal primo turno della European Nations’ Cup lo sabato contro la ben più blasonata (e sulla carta, più forte) Romania. In questo piccolo viaggio ovale cercheremo quindi di far luce su storia, sviluppi e futuro del nostro sport in terra teutonica, con qualche scoperta inaspettata.

 

 

Un po’ di storia: argento olimpico e il declino post conflitto mondiale

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i tedeschi sono tutt’altro che dei volti nuovi in ambito rugbistico: la Federazione nazionale, la DRV, venne fondata nel 1900, e del 1934 è l’affiliazione alla FIRA. Sempre nel 1900 si tenne una sorta di “State of Origin” in salsa germanica, con una rappresentativa del Nord a sfidare il Sud, e nel 1909 furono gettati i semi per una prima lega nazionale, i cui primi club erano nati su iniziativa di studenti inglesi ad Heidelberg già nella seconda metà dell’Ottocento. Come se non bastasse, una rappresentativa di Francoforte, vinse l’argento alle Olimpiadi del 1900 (sebbene vi partecipassero soltanto tre squadre), ed una nazionale vera e propria ebbe la meglio sulla Francia nel 1927, al solo secondo incontro disputato in assoluto.

Dopo una seconda vittoria sui francesi nel 1938, il rugby tedesco (che contava tra i suoi appassionati e giocatori lo stesso Albert Speer, l’architetto personale di Hitler nonché originario di Heidelberg) visse un drammatico periodo di declino dovuto alla Seconda Guerra Mondiale, nel corso della quale molti dei suoi più attivi partecipanti vennero uccisi: con la divisione in Germania Orientale ed Occidentale, le strutture si frammentarono ancora di più, lasciando l’Ovest privo di un torneo nazionale sino al 1971.

 

 

La struttura dei tornei domestici

Attualmente, il primo livello di gioco è costituito dalla Rugby-Bundesliga, che per la seconda stagione di fila si gioca in una nuova formula a due gironi da otto squadre ciascuno: roccaforti del movimento restano le città di Heidelberg e Hannover, che schierano rispettivamente quattro e tre squadre, mentre Berlino ed Amburgo vengono rappresentate da due compagini ciascuna. Novità di quest’anno è poi l’inclusione del Rugby Club Luxembourg, neopromossa squadra lussemburghese militante in passato nei campionati belga e francese. Le prime quattro classificate prendono parte ai play-offs, mentre le dodici rimaste partecipano alla DRV-Pokal, la Coppa di lega nazionale, i fanalini di coda dei due gironi retrocedono, e le penultime disputano uno spareggio con le semifinaliste di 2.Bundesliga. Il TV Pforzheim si fregia del titolo di Campione di Germania in carica, ma alla “terza coppa” europea ha preso parte quest’anno – come anche la passata edizione – l’Heidelberger RK, finalista per il titolo nel 2016.

Sotto la Bundesliga troviamo la 2.Bundesliga, divisa in nove gironi per un totale di 29 squadre, e sotto di essa la 3. e la 4.Liga (nota anche come Verbandsliga), organizzate direttamente dalle federazioni regionali. Nel caso della Baviera (che chi scrive ben conosce avendovi arbitrato), la Verbandsliga comprende a sua volta due gruppi, Nord e Sud, composti da sei clubs ciascuno, alcuni dei quali interni a basi militari britanniche e statunitensi della zona.

 

 

La Nazionale: tra problematiche e sfide future

A livello di tesserati, la Germania conta tredicimila giocatori registrati, e circa 125 clubs: si tratta di numeri in forte espansione, così come in netto miglioramento risulta il record internazionale dei Nostri, allenati dal sudafricano Kobus Potgieter, e che negli ultimi dieci incontri hanno registrato cinque vittorie (ai danni di Brasile, Portogallo ed Uruguay), un pareggio e quattro sconfitte. Tra loro, figurano anche il centro Clemens von Grumbkow, in passato militante nelle fila dei Cavalieri Prato, ed un sempre più ampio contingente di giovani promesse in forza ai campionati minori di Francia o Sudafrica, con una quota di naturalizzati (principalmente sudafricani e namibiani) sempre più bassa.

Il crescente livello di gioco ha attratto anche l’attenzione dei media, focalizzatisi non solo sulla propria nazionale (con il dichiaratissimo obiettivo di qualificarsi ai Mondiali del 2019, al punto da definire la stessa ENC come “WM-Qualifikationsprozess”, ovvero “processo di qualificazione ai Campionati del Mondo”) ma anche sul Sei Nazioni, trasmesso quest’anno in pay-tv. La strada da percorrere resta ancora lunga, come dimostrano il carattere internazionale e da “espatriati” che circonda ancora oggi l’ambiente (l’inglese resta la lingua veicolare in campo e fuori) e le infrastrutture spesso in divenire, come campi da calcio riconvertiti ed uno scarso apparato arbitrale e burocratico: ciononostante, le premesse sono buone e rosee per le Aquile. Che sia la volta buona per loro anche sui campi da rugby?

 

di Marco Meneghetti

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