Rugby e sponsor: se un colpaccio del Vicenza mostra i limiti del movimento Italia

Hitachi la prossima stagione sarà lo sponsor dei veneti. Una (buona) notizia che può essere letta su piani diversi

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Hitachi Ltd è una società giapponese, con sede a Tokyo, con interessi in molteplici settori tra cui elettronica, elettrotecnica, macchine movimento terra, costruzioni ferroviarie e, assieme a General Electric Power, reattori nucleari. Così Wikipedia ci presenta una delle più note multinazionali nipponiche, che forse (forse, ribadiamo) oggi non ha lo spolvero di qualche anno fa ma insomma, è sempre un nome di quelli davvero importanti.
La notizia è che Hitachi ha deciso di sponsorizzare una società di rugby. Finalmente direte voi, e noi ci aggiungiamo al coro: che una grande azienda investa soldi nella nostra palla ovale è sicuramente un’ottima nuova. Ma come spesso accade alle nostre latitudini c’è appunto un “ma”. Ovvero che la sponsorizzazione non va verso l’alto livello ma si ferma, per così dire, alla Serie A: la società interessata è infatti la Rangers Rugby Vicenza.

 

Intendiamoci: al club veneto vanno i nostri applausi per aver chiuso un contratto importante per la prossima stagione, ma al contempo la notizia sottolinea – ancora una volta – la mancanza di appeal del nostro rugby che conta, dall’Eccellenza alle celtiche, ovviamente nazionale esclusa.
Tanto più che a chiudere la sponsorizzazione è Hitachi Italia e non un qualche ufficio territoriale che afferisce all’ambito geografico specifico della Rangers Rugby Vicenza. Tanto per fare un esempio, il marchio Conad che campeggia sulle maglie delle Zebre è frutto di un accordo tra la società bianconera e la branca Centro Nord della nota catena di supermercati, ovvero quella territorialmente più vicina alla frranchigia celtica e non a quella nazionale. Nel caso Hitachi abbiamo quindi un connubio tra una grande realtà economica e una piccola realtà rugbistica locale.

 

I motivi potrebbero essere diversi. Quello più logico è che proprio nel vicentino ha sede la la filiale diretta italiana del gruppo Hitachi Koki e che si sia pertanto voluto radicarsi sul proprio territorio ovale di riferimento. Ma la scelta potrebbe anche rispondere a logiche di budget, ovvero che con i soldi messi a disposizione non si poteva pensare a categorie superiori alla Serie A, anche se va detto che questa non sembrerebbe essere una spiegazione plausibile visto che i club di Eccellenza non alzano certo le barricate di fronte a qualsiasi potenziale investitore, quale che sia la cifra a disposizione.
Oppure la vicinanza di un qualche dirigente della multinazionale a quella specifica società, perché ci ha giocato o ne è tifoso o per una qualche frequentazione. Un approccio molto personale, non sapremmo come altro definirlo, che è più diffuso di quanto si pensi in un po’ tutte le discipline sportive considerate minori, ovvero quasi tutte tranne il calcio.

 

Ma scoprire il perché della scelta di Hitachi è davvero relativo e secondario, qui conta che una buona notizia può essere letta come la fotografia delle difficoltà di un movimento. Difficoltà che riguardano come dicevamo anche i piani superiori, perché – lo ricordiamo dopo averlo scritto già altre volte – altrimenti non si capisce perché la trevigiana De Longhi sia main sponsor dei Rabbithos di Sydney (NRL) e non faccia parte del gruppo di aziende che sostengono il Benetton. O meglio: che quell’azienda abbia interesse ad essere sulle maglie di una delle più importanti squadre d’Australia è comprensibile, fa invece pensare che non ne abbia per nulla per quella che può essere considerata la squadra di casa (sua). E che nello specifico è probabilmente la più importante d’Italia, ma questo è il panorama del nostro rugby oggi.

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