Un altro ultimo passaggio: Milano e il rugby perdono Gigimonza

Se ne è andato Luigi Monza, oggi i funerali nel capoluogo lombardo. Marco Pastonesi lo ricorda

ph. Action Images

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Ospedale. E’ entrato sofferente per la prostata, ne è uscito morto per un edema polmonare. Dicono: succede. Dico: sarà. Aggiungo: ma lui no, sembrava invulnerabile. Luigi Monza, ma tutti lo chiamavano Gigimonza, attaccato, come girotondo, come mezzanotte, un tutt’uno, forse perché era proprio così, un tutt’uno.
Ha giocato e ha allenato, sponda Asr Milano, poi ha aperto una palestra, e via, per tutti. Milano. Prima al ponte della Ghisolfa, quella di Rocco e i suoi fratelli, il film. Poi trecento metri più in là, verso viale Jenner. Già aria di Bovisa e scalo Farini. Umana, antica, sana, a prescindere dall’inquinamento. E’ diventato, poi è stato, per quarant’anni, punto di riferimento del rugby – e non solo del rugby – a Milano. Accoglieva, recuperava, riabilitava. La forza del sorriso e quella dei pesi. Manubri e panche, ripetute e serie, deltoidi e dorsali, leg curl e leg extension. Cose così. Un linguaggio, un gergo, un numerificio da apprendere e conoscere per poi apprezzare e valutare. In più, simpatia e serenità. Mica poco.

 

Gigimonza ha tonificato non solo i Toni e marchiato non solo i Marco e rinfrancato non solo i Franco e torchiato non solo Torchio, pilone dal cognome profetico. Ha resuscitato terze linee e costruito ali e inquadrato estremi. Senza guardare a maglie e tesserini. Ospitava, come in una sacrestia, come in un bivacco, come in un’officina. E si respirava quell’aria lì, sacra eppure anche un po’ metallurgica e zoologica.
Pensavo di quanti altri Gigimonza si è nutrito il rugby. Pronti, silenziosi, disponibili. Sorridenti. Oggi, a Milano, il funerale. Ma lui, proprio lui, Gigimonza, chi lo avrebbe mai detto.

 

di Marco Pastonesi

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