Un Sei Nazioni 2016 con vista sul Mondiale 2017: l’Italia di Andrea Di Giandomenico

L’head coach della Nazionale Femminile ci parla del torneo che attende le sue ragazze e di un movimento in fortissima crescita

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Tra tutte le nazionali azzurre, una di quelle che negli ultimi anni maggiormente si è distinta per quanto ottenuto sul campo è senza dubbio la Femminile. La selezione, che da otto anni è guidata da Andrea Di Giandomenico, grazie ai risultati conseguiti è stata recentemente inserita in ottava posizione nel neonato World Rugby Women’s Ranking, la prima classifica del Board dedicata alla parte rosa di Ovalia. La squadra si appresta a scendere in campo per l’esordio del Sei Nazioni di categoria, fissato per il giorno il 6 febbraio alle 21.00 presso lo Stade Marcel Verchere di Borg-en-Bresse contro la Francia (le gare interne contro Inghilterra e Scozia saranno visibili in diretta streaming sul canale Youtube federale e sul sito NPR – Non Professional Rugby, che cura realizzazione e telecronaca). E dopo le tre vittorie e il terzo posto della scorsa edizione, l’obiettivo è quello di confermarsi soprattutto in chiave Coppa del Mondo: le due migliori classificate nei Sei Nazioni 2015 e 2016 (punteggio aggregato) – ad esclusione delle nazionali già qualificate (Inghilterra, detentrice del Titolo, Francia, 3° classificata nel 2014 ed Irlanda, 4° classificata nel 2014) – conquisteranno infatti l’accesso al Mondiale irlandese del 2017. Un obiettivo questo a cui il tecnico punta con decisione, come ci ha raccontato nell’intervista concessa a pochi giorni dal debutto.

 

Un torneo che parte dal 2015 per arrivare al 2017. Che Sei Nazioni si aspetta?
L’obiettivo è centrare la qualificazione alla Coppa del Mondo, per il quale valgono la classifica della precedente e di questa edizione. Siamo consapevoli che l’anno scorso è stato un grande torneo come risultati ma anche come gioco espresso: c’è stata buona qualità e cercheremo quindi di aumentare e migliorare le nostre prestazioni. Abbiamo impostato il nostro lavoro non tanto sull’analisi del risultato ma su quella della prestazione, i risultati sono arrivati come una piacevolissima conseguenza dopo esserci focalizzati su ciò che dobbiamo fare. L’obiettivo è migliorare e continueremo a farlo.

 

Quanto sarebbe importante per le atlete, per il vostro lavoro e in generale per il movimento raggiungere la qualificazione?
La Women’s Rugby World Cup è un torneo in crescita, come visibilità mediatica, come importanza per gli sponsor. Già il Mondiale 2014 ha lasciato delusione, quando per varie combinazioni siamo rimasti esclusi. Qualificarsi sarebbe un riconoscimento per tutto il movimento, di cui la Nazionale è il fiore all’occhiello ma senza dimenticare che nulla sarebbe possibile senza tutto il lavoro dei club che permettono al rugby femminile di esistere.

 

Alcune delle ragazze convocate giocano in Francia. Come sono i campionati femminili di vertice all’estero?
In Francia in particolare si gioca un Top 8. Certamente Oltralpe e in Inghilterra anche i campionati femminili hanno una competitività maggiore e un livello abbastanza alto. Personalmente sono il primo a spingere per provare queste esperienze quando c’è possibilità, ma non dimentichiamo che atlete come Sara Barattin e Silvia Gaudino sono punti di riferimento fondamentali e hanno giocato in Italia. L’esperienza e il confronto con gli altri non può che arricchire, ma non pensiamo sia l’unica strada.

 

I numeri parlano di uno sport in crescita, al trofeo Topolino di quest’anno ci sarà per la prima volta l’Under 14 Femminile. La vera sfida è permettere alle ragazze di giocare colmando il solco dal minirugby al livello Seniores….
Vero, il Trofeo Topolino ha aperto le porte all’Under 14 Femminile, segno che la base si sta allargando. Ci sono tanti passaggi in avanti da fare ma sta aumentando la sensibilità nel reclutamento scolastico. Spesso si andava nelle scuole soprattutto per i maschi ma anche tra le ragazze c’è un terreno fertile per la palla ovale. Stanno aumentando le squadre, il numero di tesserate è in forte crescite, sono aumentate le formazioni che militano nel Campionato a 15. E’ un movimento in espansione, che ha certo delle difficoltà ma che può contare anche sulle grandi risorse di chi a livello di volontariato fa vivere questo sport. E tutto il lavoro è coordinato da Maria Cristina Tonna che ha una particolare attenzione per la base. Siamo consapevoli che senza questa spinta prima o poi si esaurirebbe anche la nostra crescita.

 

La partecipazione alla Coppa Italia Seven e alla Serie A ha permesso di infrangere alcuni campanili. Penso a squadre come il Verona Rugby Ragazze o l’Umbria Rugby Ragazze…
Oltre a squadre che si uniscono o che nascono ex-novo, grazie alla volontà della Federazione abbiamo a disposizione lo strumento del tutoraggio: una squadra che fa il campionato di Serie A può tutorarne altre, così da permettere ad alcune ragazze di giocare la Coppa Italia Seven con un club e la Serie A a quindici con un altro.  E’ uno sforzo comune che permette alle ragazze di giocare, mettendo al centro il loro bene.

 

Resta però una Serie A con forti differenze tecniche tra le squadre…
Creare i gironi con criterio meritocratico avrebbe causato delle trasferte che alcune squadre non avrebbero potuto sostenere con il risultato di non partecipare. Il criterio geografico può portare a degli scompensi ma bisogna scegliere. Poi certo, anche in chiave Nazionale avere una fascia meritocratica con partite più competitive sarebbe forse meglio, ma ciò significherebbe ridurre la partecipazione e adesso invece siamo in una fase in cui serve espandere.

 

Quanto beneficerete dello sviluppo del rugby Seven?
Il rugby si sta aprendo e le Union che non partecipano ai tornei maggiori a quindici investono molto nel Seven, anche perché è uno sport olimpico con tutti i pro del caso. C’è però da fare attenzione su un aspetto, il Seven non è né più facile né più complesso ma semplicemente richiede specifiche competenze dal punto di vista atletico. Non credo che puntare tutto su di esso sia una cosa saggia, difficilmente il Seven esisterebbe senza un movimento a 15 che lo supporti e alimenti. Il movimento deve allargarsi in tutte le direzioni, mai verso una unica.

 

Sta cambiando la percezione dei rugby femminile da parte di tifosi e addetti ai lavori?
Noi giriamo molto per vedere le partite sul territorio e diffondere la palla ovale. E tutti coloro con cui entriamo in contatto percepiscono la nostra passione e motivazione. Vedere le ragazze che giocano è piacevole anche solo per l’approccio, oltre i contenuti tecnici. Se non si vedono si possono avere pregiudizi, pensieri, che magari sono gli stessi che si hanno in questo senso anche al di fuori del rugby e dello sport in generale. Ciò che facciamo sta migliorando la questione pregiudiziale. Non è facile, ma ci sentiamo portatori di un buon messaggio.

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