Le vite federali degli altri: la palla rotonda apre 200 Centri Federali Territoriali

Partito un imponente programma della Federcalcio. Rispetto alle Accademie FIR cambiano i numeri e un (fondamentale) aggettivo

ph. Alessandro Bianchi/Action Images

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Le denominazione corretta è Centri Federali Territoriali (Cft), ma sono sono vere e proprie accademie zonali. Il Consiglio federale della Figc, la federazione che gestisce il calcio, ha approvato senza alcun voto contrario un progetto monstre che tra il 2015 e il 2020 “con un investimento totale di circa 8 milioni di euro – si legge in un’ANSA – prevede a regime 200 Centri Federali Territoriali, e ogni anno 3500 riunioni e incontri informativi, 30 mila ore di lavoro, il coinvolgimento di circa 10.000 arbitri e 1.200 allenatori qualificati, il monitoraggio di 150.000 ragazzi e 3.500 ragazze. In 10 anni si punta a visionare oltre 830.000 calciatori e ad inserire nel programma formativo più di 15.000 calciatori e 5.000 calciatrici”.
Un progetto studiato e pensato dal Settore Giovanile e Scolastico con la volontà di “rappresentare il polo territoriale di eccellenza per la valorizzazione e la formazione tecnico sportiva di giovani calciatori e calciatrici tra i 12 ed i 14 anni”. Le parole del Direttore Generale della Figc Michele Uva confermano l’entità del progetto: “E’ stato fin dall’inizio uno dei temi più importanti al centro del programma elettore del presidente Tavecchio ed è il nostro progetto più importante dalla costruzione del Centro Tecnico di Coverciano. Abbiamo preventivato da qui al 2020 quasi 9 milioni di euro, ma per noi questi non sono costi, ma investimenti”. L’inaugurazione del primo centro è avvenuta a Firenze nella giornata di lunedì 26 ottobre, il modello di riferimento la Germania (che ha iniziato un simile progetto nel 2001).
Il programma prevede attività settimanale concentrate soprattutto nelle giornate di lunedì e martedì e riguarderanno giovani atleti tesserati con società non professionistiche. L’obiettivo? “Lo sviluppo ed il consolidamento della tecnica individuale, l’applicazione della tecnica nelle situazioni di gioco e la formazione del calciatore ‘pensante’. Garantito anche il massimo coinvolgimento dell’Aia per l’approfondimento delle regole e della promozione del fair play”.

 

Con le dovute proporzioni, il progetto della Federazione della palla rotonda ricorda quello della palla ovale, che si articola in Accademie (nazionale e zonali) e Centri di Formazioni. Più e più volte il Presidente Gavazzi, che ha fatto del progetto Accademie il proprio cavallo di battaglia al pari dell’omologo Tavecchio, ha detto che serviranno ancora diversi anni, e solo chi è in malafede potrebbe pensare che un simile progetto possa dare i suoi frutti nel giro di poche stagioni.
Ma su una sola frase, o meglio un solo aggettivo, bisogna soffermarsi. La parte tecnica del progetto Figc non è affidata a 1200 allenatori, ma a “1200 allenatori qualificati”. L’aver scelto di aprire molte Accademie pur ammettendo di non disporre di un parco allenatori adeguato al livello delle stesse, è stato da subito un tasto dolente del progetto di Gavazzi ed una crepa da cui hanno fatto breccia diverse critiche. Il fatto che anche la Figc, e prima di essa la Federcalcio tedesca (che ha lanciato il programma dopo il didastroso Europeo del 2000), abbiano scelto la strada delle Accademie, significa che questa non è in assoluto un’opzione sbagliata. Ma ad essere diverse sono le basi di partenza.
Da una parte un bacino di 150.000 ragazzi tra i 12 e i 14 anni, e la disponibilità di 1200 tecnici (qualificati) e 200 dirigenti. Con questi numeri, è ipotizzabile (oltre che lecito) un programma di selezione e valorizzazione dei migliori giovani, senza far perdere loro il contatto vitale con il club di appartenenza. Intanto perché le Acceademie sono una sorta di “stazione di passaggio” esclusivamente per gli anni 12-14. Poi il sistema dei Centri Federali, infatti, prevede il ritorno al club di appartenenza in un circolo almeno sulla carta virtuoso, che non mette in competizione i due momenti di formazione ma li fa coesistere, senza incidenti nel percorso reclutamento-formazione-selezione. Sul campo poi, la prima cosa che verrà insegnata ai ragazzi è, manco a farlo apposta, “la tecnica individuale”.

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