Mezzo pieno o mezzo vuoto: come è il bicchiere del rugby in tv?

Nazionale a parte la palla ovale gode di scarsa visibilità. Ma le discussioni sulle tv servono a coprire un problema di qualità?

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Una settimana fa l’annuncio che RaiSport nella prossima stagione trasmetterà anche le gare di Pro12 oltre a quelle dell’Eccellenza. Il progetto prevede che il venerdì sera venga trasmessa una partita del massimo campionato italiano che introduce così l’appuntamento fisso dell’anticipo mentre il sabato pomeriggio si potrà vedere una gara del torneo celtico, con una seconda che invece sarà proposta in differita.
Rispetto alla scorsa stagione si è fatto un passo avanti o uno indietro? Dipende. Da un punto di vista della proposta rugbistica in termini quantitativi una stagione come quella conclusa a giugno non ha molti eguali, almeno per quanto riguarda le squadre di club. Il merito va ascritto in gran parte a Nuvolari che ha garantito per l’intera annata una copertura pressocché totale del torneo celtico (5 gare su sei per giornata) tra dirette e differite con la ciliegina sulla torta della partita più importante del Top 14. Quest’anno invece ne vedremo tre ogni week-end tra Eccellenza e Guinness Pro12.

 

Il bicchiere mezzo pieno è invece rappresentato dal fatto che a fine luglio abbiamo un quadro completo dell’offerta televisiva stagionale per quanto riguarda la palla ovale, e non è poco abituati come eravamo ad assistere ad annunci a ridosso delle competizioni con conseguente periodo di “oscuramento” per 2-3 settimane prima di poter vedere una partita.
D’altra parte siamo di fronte ancora una volta a un accordo che ha valore annuale, che è meglio di nulla per carità, ma che certo non aiuta a costruire un panorama ampio e solido per il nostro movimento, troppo abituato a vivere di quello che capita di stagione in stagione.
Poi c’è l’aspetto economico: chi paga per la produzione delle partite? La FIR incassa qualcosa per la vendita dei suoi prodotti più importanti, nazionale a parte? Fare paragoni con realtà come quelle francesi o inglesi è sconsolante da un lato ma anche profondamente sbagliato dall’altro, vista l’enorme differenza delle realtà coinvolte. Ma non siamo affatto sicuri che la trasmissione delle gare garantiscano alla federazione un qualche incasso e sarebbe importante che invece fosse così, in maniera stabile.

 

Sono tante le opinioni e altrettante le critiche sul tema, e vista l’importanza non potrebbe essere altrimenti. La televisione può diventare il mezzo principale per la diffusione del rugby in Italia ma da sola non basta e se è vero che è necessaria un’offerta adeguata lo è altrettanto il fatto che la qualità del prodotto deve essere alta, ovvero che la qualità del gioco espresso nelle partite poi mandate in tv deve essere di un certo tipo. Posso avere le migliori riprese del mondo, le telecronache più argute e coinvolgenti e una campagna publicitaria di prim’ordine, ma se alla fine la qualità del rugby è bassa… beh, Nuvolari, RaiSport o chi volete voi possono farci poco.
Alzare il livello del gioco è il passo fondamentale per rilanciare il rugby al di qua delle Alpi, la conditio sine qua non, perché poi è quello l’aspetto che porta la gente allo stadio o a sedersi in poltrona davanti alla tv. L’appassionato non ha bisogno di grandi scuse per fare l’uno o l’altro, basta che in campo ci sia a rotolare una palla ovale, ma se si vuole allargare il bacino (e crediamo lo vogliano un po’ tutti) la qualità del gioco deve essere una colonna portante. Sennò si chiacchiera e basta.

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