La storta e la furba: quel mondo alla rovescia che ha Gispi come nome

Torna la rubrica di Marco Pastonesi che ci porta in giro per gli angoli meno noti di Ovalia. E si va in Toscana…

 

Immagine tratta dal sito web dei Gispi

Immagine tratta dal sito web dei Gispi

E’ un mondo alla rovescia. Se non ci fossero da rispettare leggi gravitazionali, o se la metafisica battesse almeno una volta la fisica e il surrealismo superasse anche al photofinish il realismo, qui nessuno si stupirebbe se – oltre alla indiscutibile superiorità del pallone ovale su quello sferico – la gente camminasse con la testa in giù e i piedi in cielo, o se i castelli costruiti in aria avessero non solo un senso ma anche le fondamenta, o se la bontà sconfiggesse regolarmente la furbizia 6-0 6-0. Perché, per dirne una, qui è il vertice a finanziare la base. E perché, per dirne un’altra, qui ha più importanza l’under 4 della prima squadra.
Questo mondo alla rovescia si chiama Gispi, acronimo di Gruppo sportivo Pietà, antico rione di Prato. Trentuno anni di vita (nascita ufficiale nel 1984), di più se si contano le radici dei Sorci Verdi (1958) e della Società sportiva Rugby Prato (primi anni Sessanta), in un’area che comprende anche Iolo, Cavalieri e Invictus, fra alti e bassi, intesi non soltanto come seconde linee e mediani di mischia, ma anche come momenti più o meno felici, fortunati, fecondi.

 

Gispi, e gispolotti, fin dagli esordi (i pionieri-fondatori: Pasquale Petrella, Stefano Reali e Stefano Compiani) significano vocazione, ispirazione, missione per il rugby giovanile: seminare, predicare, coltivare, un allenare che è soprattutto un educare, un vincere che va al di là del risultato della partita. Il che, grazie al rugby e ai suoi valori, riesce anche più facile e naturale. Dall’under 4 in su, secondo la tabellina del 2, e con un totale di 268 giocatori per il più recente censimento, squadre vissute come classi, gruppi, compagnie, comunità, clan, famiglie, una ragnatela di emozioni e sentimenti, virtù e virtuosismi, progetti e impegni.
E se questa regola vale, in generale, per tutto il mondo del rugby, qui nel regno del Gispi e dei gispolotti vale un po’ di più. O, se possibile, con ancora più convinzione e comunione. Tant’è che perfino un ateo (rugbisticamente parlando) come Don Gino, responsabile della parrocchia e del campo parrocchiale di Coiano, si è lasciato sedurre e infine convertire dal rugby di cui non aveva mai sentito neanche parlare.

 

E Coiano, oggi, è la Twickenham di Gispi: il campo da calcio tradotto e trasformato in campo da rugby, con spogliatoi e soprattutto club-house, che è sede, riferimento, centro, fonte o, come direbbe lo stesso Don Gino, sacrestia. E così Gispi è quattro campi a Prato, uno a Iolo, a Seano e a Montemurlo, è attività scolastica (e a Prato c’è anche un liceo sportivo) con 15 educatori soltanto per le scuole, è attenzione anche per il settore femminile e la curiosità per il beach rugby, e da settembre sarà anche – per la prima volta – una prima squadra in serie C2, formata da ragazzi che avevano già smesso o che non avevano ancora cominciato a giocare. E così Gispi è i colori verde e blu delle maglie, è i campi estivi in sede, in Trentino o addirittura con i Saracens a Londra, è l’associazione culturale Pratovale, è il gemellaggio con Cuneovale, è l’amicizia con il calcio fiorentino di Palla Grossa. E così Gispi è il pino millenario nel centro del campo di Coiano, ma anche le 50 tonnellate di “sudicio” (sporcizia, immondizia, calcinacci) liberate perché Coiano potesse ricominciare a respirare sport.

 

E così Gispi è la birra alla spina e le torte fatte in casa, le teche con le maglie dell’Italia, dell’Inghilterra e del Petrarca, è – fra le altre – le citazioni di Jean-Pierre Rives (“Ho messo la testa dove gli altri non osavano mettere i piedi”) e di Luciano Ravagnani (“Il potente sfonda, il piccolo si infila, l’alto salta, il guizzante corre: in una squadra di rugby c’è posto per tutti”). E così Gispi è generazioni di gispolotti, pimpanti frenetici generosi fantasiosi come Ugo Gori fin da quando era piccolo.
E se un giorno vi capiterà di conoscere Fabrizio Bertocchi, 51 anni, presidente ma soprattutto papà di Federico, o di incontrare Francesco Fusi, 34, prima giocatore, poi direttore sportivo e adesso vicepresidente operativo, o di imbattervi in Enrico Romei, 29, direttore educativo nonché tecnico federale regionale, laureando in Scienze motorie, non sorprendetevi se, a un certo punto, vi appariranno angelici o aeronautici. Questo – lo avrete capito – è un mondo alla rovescia.

 

di Marco Pastonesi

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