La nostra peggior stagione celtica. Con due soci in campo non alla pari

E’ un quadro impietoso della stagione appena conclusa ma, mai come in questo caso, i numeri non mentono e fotografano la realtà sia tecnica che manageriale della situazione. C’è da dire che questa avrebbe dovuto essere la stagione della “staffetta”: Zebre franchigia di traino, Treviso seconda scelta causa profondo rinnovamento. Gerarchia che era anche nelle attese di Brunel, viste le convocazioni fatte per il 6N. Invece i parmensi hanno fallito l’appuntamento che li attendeva col nuovo ruolo. Hanno avuto una prima parte di stagione con alti e bassi, ma tutto sommato promettente e poi, tra fine novembre-inizio dicembre, un tracollo culminato prima nei derby persi e poi nella vicenda Cavinato-Manghi. Zebre che hanno anche fallito un non-impossibile superamento di turno in Challenge, che non hanno avuto le attese risposte da alcuni veterani (vedasi Orquera e Mirco), che hanno finito per avvitarsi attorno a situazioni eccessivamente esposte (leggasi Haimona). C’è da ripensare a tante cose: aver cambiato team-manager in corsa, aver scelto uno straniero come Ferreira, aver inisistito troppo su alcuni elementi non all’altezza del livello richiesto dalla competizione (non faccio nomi, ma ce ne sono 3-4 non da Pro12), aver lasciato irrisolto il dilemma Palazzani mediano o estremo e così via. Su tutto ciò pesa nell’immediato l’incertezza relativa alla cordata di investitori, i cui contorni sono ancora troppo poco definiti.
Per Treviso le cose stanno un po’ diversamente. La prima parte di stagione è stata un mezzo calvario, come era facile attendersi, poi lentamente la squadra ha cominciato a carburare, certe dinamiche sono state assorbite e la squadra ha giocato meglio, anche se non son mancate alcune pesanti imbarcate. Peccato per un paio di possibili vittorie ed un paio di punti di bonus lasciati per strada. La società ha investito su Casellato e su di lui deve continuare ad investire: è un lavoratore paziente e certosino, che sa come far andare ogni tassello del puzzle al giusto posto. Tuttavia va supportato con uno staff adeguato: l’aggiunta in corsa di Ferrari ha lasciato un segno tangibile e dovrebbe far riflettere la dirigenza su certe scelte interne, dettate forse più dall’affetto che non dalla testa. Comunque, di materiale da cui ripartire ce ne è: da Hayward, ad Harden (se rimarrà) a Zanusso a Bacchin a Barbini a Ragusi ad Anae a Christie. Ci sarà anche il rientro importantissimo di Zanni e si intravede il recupero a certi livelli di Esposito, dopo una stagione tribolata. C’è da coprire gli spot in seconda linea lasciati vuoti da Pavanello e Van Zyl (bene Filo Paulo e Naude, ma serve un altro elemento), trovare un cambio convincente per Gori, acquisire un’apertura adeguata (Christie è un centro che si adatta). C’è poi la questione Ambrosini: io darei ancora una stagione di fiducia al ragazzo, poi tirerei le somme. Insomma, carne al fuoco ce ne è e, con qualche buona aggiunta ed un anno in più di amalgama, si può essere fiduciosi.
Quello che, dopo 5 anni di professionismo, non si può più accettare (ed il discorso vale per entrambe) è assistere a certe sbracate che fanno davvero male, sia verso sè stessi che per l’immagine che si offre all’esterno. Non è possibile vedere ancora i giocatori mollare di schianto e prendere 2-3 mete evitabili in pochi minuti: è una questione di testa, ma anche di amor proprio.