Sponsor, soldi e movimenti: quando la ricchezza è anche questione di controlli

Francia e Inghilterra navigano nell’oro ma i controlli sui bilanci sono serratissimi. Da noi invece…

ph. Corrado Villarà

ph. Corrado Villarà

Francia e Inghilterra sono mondi rugbisticamente ricchi. Parliamo di soldi. Sono anzi i due mondi più ricchi di Ovalia, con il Giappone ad inseguirli. Sono ricchi perché hanno una grande tradizione, un grande seguito e perché hanno trovato delle dirigenze che nel corso degli anni hanno saputo cogliere al volo le occasioni e valorizzarle. Errori ne hanno sicuramente fatti, e diversi, ma da quegli errori hanno saputo imparare e crescere.
Sono ricchi perché hanno saputo attirare sponsor ad ogni livello grazie ai motivi di cui sopra e grazie al rispetto delle normative imposte da leghe e federazioni, ma anche quelle più generali previste dalle legislazioni fiscali e non in vigore.
Un rispetto ottenuto anche grazie ai controlli piuttosto rigidi effettuati sui conti delle società e dei club. Perché non puoi attirare sponsor se i tuoi bilanci sono ballerini e poco chiari. O meglio, lo puoi anche fare, ma è tutto dannatamente più difficile.

 

Midi Olympique, una decina di giorni fa, informava che “un quarto delle società del primo livello amatoriale sono sotto procecedimento da parte della DNACG che vuole sanare le pratiche finanziarie correnti in Fédérale 1 (la terza divisione transalpina, ndr) con sanzioni pesanti. (…) La notizia non è stata ancora pubblicata dalla FFR ma una dozzina almeno di club di Fed1 sono stati convocati a Marcoussis dalla gendarmeria finanziaria federale. La ragione? Tutti sono in deficit di budget e non rispettano le regole stabilite dalla FFR che prevede che il 30% dello stesso budget sia destinato a stipendi e salari”. E per due squadre – Montluçon e Périgueux – il magazine fa sapere che sarebbe già stata decisa la retrocessione d’ufficio in Fédérale 2.
Direte voi, ma questo è rugby amatoriale. Vero, verissimo. Intanto sono però da registrare controlli rigidi anche a questo livello. A inizio di questa settimana è stato diffuso l’ultimo rapporto della DNACG (leggete qui l’articolo) dove si parla di un rosso di 33 milioni di euro complessivo per tutto il Top 14 (ma scenderà sotto i 20 milioni già il prossimo anno) con qualche guaio in più per Racing-Metro, Stade Français e Castres, ma nulla vhe abbia richiesto interventi e sanzioni. Almeno per il momento. La DNACG vigila comunque sempre e – per esempio – ha fatto partire il Bourgoin con una penalizzazione di 10 punti nel torneo in corso di ProD2 per violazioni ripetute in due diversi esercizi finanziari. Chi sbaglia paga insomma.

 

Anche in Premiership c’è chi ha passato momenti migliori: i Saracens, fa sapere l’ultimo numero di The Rugby Paper, hanno chiuso l’ultimo esercizio finanziario con una perdita di 5,2 milioni di sterline dovuta soprattutto ai costi di manutenzione e di ammortamento del nuovo stadio e della crescita della massa salariale di tutto lo staff, giocatori e non. Anche qui nulla di preoccupante, ma si vigila e si controlla.
E oltremanica un po’ si invidia la Francia. Sentite cosa scriveva Rugby World: “Tra le pagine meno interessanti del sito della federazione francese c’è quella che si intitola DNACG. Non vi raccomando una visita, a meno che non soffriate d’insonnia. DNACG sta per Direction Nationale d’Aide et de Contrôle de Gestion e come recentemente un giornale francese l’ha definita si tratta della polizia finanziaria del rugby professionistico (…) Perché è importante? Molti pensano che i club francesi quando si parla di finanza abbiano un’attitudine un po’ tanto alla laissez-aller, in particolar modo per quello che riguarda il rispetto del salary cap. Niente potrebbe essere più lontano dalla realtà. (…) La DNACG ha il potere di controllare i bilanci di tuti i club e punirli con sanzioni fino a due milioni di euro. E lo fa”.
Parole che al di là del sarcasmo inevitabile tra inglesi e francesi trasudano sarcasmo c’è grande rispetto: “La DNACG non è un’istituzione senza denti. Se trova irregolarità finanziarie si mette in moto. Chiedete a Grenoble, Bourgoin e Montauban, tutte retrocesse dal Top 14 negli ultimi 10 anni per irregolarità finanziarie”. Sì, invidia.

 

Che è forse il sentimento che dovremmo provare noi italiani. Probabilmente è vero che la difficoltà nel reperire sponsorizzazioni e nell’attirare aziende da parte del nostro rugby è dovuta in gran parte al certo non elevato livello delle competizioni nazionali e mettiamoci pure il fatto che viviamo in un paese in cui c’è una disciplina sportiva che fagocita tutte le altre e che questa cosa si fa più pesante nei periodi di crisi economica.
Però se avessimo un panorama economico/finanziario più chiaro e cristallino forse qualche difficoltà verrebbe meno. E non stiamo parlando di FIR, il cui bilancio viene reso quantomeno pubblico. Non da molto, certo, e diciamo che la sua lettura non è un granché intelleggibile per usare un eufemismo, ma quanto meno c’è. Dalle celtiche in giù qualcuno ha mai visto un bilancio? Forse ci sbagliamo, ma recentemente abbiamo visto solo quello – più o meno completo – del Rovigo.
Il resto nulla. Probabilmente ci si “nasconde” dietro al fatto che non siamo un movimento professionistico, lo dice anche il paragrafo 2 dell’articolo 3 dello Statuto FIR: “Le società affiliate esercitano l’attività sportiva in forma dilettantistica o comunque non professionistica”. Cosa che evita l’obbligo ai club di rendere pubblici i propri bilanci e che certo non aiuta la trasparenza.
Aggiungiamoci i tanti, troppi patatrac degli ultimi 15 anni, i fallimenti, le società sopravvissute grazie a manovre a volte non chiarissime di vendita e riacquisto dei diritti sportivi. Un sistema che sembra andar bene a tutti salvo poi lamentarsi che le cose vanno male, che non si trovano sponsor, eccetera eccetera.
Se da noi ci fosse una versione italiana della DNACG quante squadre potrebbero iscriversi all’Eccellenza? Difficile dirlo. Forse però non avremmo assistito a un caso come quello dei Cavalieri Prato, talmente clamoroso da qualunque parte lo si prenda da oscurare quello delle società che rimangono in piedi grazie ai contributi delle coppe europee. A proposito: cosa si farà l’anno prossimo? Ci si rinventa ancora la coppa di qualificazione con russi, spagnoli e portoghesi?

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