Il rugby moderno richiede sempre più super atleti, ma senza skills non si va da nessuna parte. O almeno non si dovrebbe…
Evoluzione del gioco e del fisico: quanto contano le dimensioni?
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Luciano ravagnani 20 anni fa aveva previsto la morte del rugby dovuta al kilorugby
A sto giro è impossibile non concordare 100% con l’autore.
L’unica cosa che si è dimenticato nel parallelo con gli altri sport è il difensore calcistico :
”Ci vogliono anni per insegnare a un difensore a marcare e 4 mesi per insegnargli a giocare a zona”
I risultati degli ultimi 2 Mondiali lo dimostrano.
Ma per il calcio sarebbe facile cambiare….. Sarebbe sufficiente bloccare il fuori gioco fino ai 15 anni ( dagli attuali 12 ). Squadre lunghe,più tecnica e meno ”cammelloni”……
Nel rugby l’unica soluzione che vedo è quella di vietare la palestra fino ai 19 anni con multe salate per chi sgarra ( ma trovo difficile l’applicazione ) e……( E DAGLI DI NUOVO ) il passorto biologico con prelievi di sangue ogni due settimane.
io sono dell’opinione che a 19 anni è tardi e a 16-17 si può già iniziare a far fare qualcosa coi ragazzi. insegnargli perlomeno la tecnica (tipo delle girate), poi, quando avranno 18-19 anni iniziare gradualmente.
Boh vedere ali grosse come piloni questo sport l’ha cambiato. Cosa che mi andrebbe anche bene se ci fosse dietro esclusivamente soltanto dell’allenamento. E nemmeno i più ingenui possono pensarlo di fronte a cambi di fisico così radicali (e pure il citato O’Driscoll si è quadratizzato la faccia, vedasi come è passato da un viso dai lineamenti tondi da giovanie al quadratone-mascellone tipico del rugbysta moderno).
Ma comunque qui si parla di skill-vs forza, forse la domanda ha un’unica risposta: idealmente entrambe. Ma nel rugby di oggi un Francescato sarebbe un fior di giocatore o farebbe fatica a libelli ben più bassi rispetto a quelli in cui giocava?
Colin Meads parlando di Lomu disse ” ho visto un sacco di gente simile a lui ma non giocavano ad ala ” .
Jonah è stato il primo giocatore ad unire una discreta tecnica ad una forza fisica strabordante .Ormai penso che i giocatori passino più tempo in palestra ed in video analisi che in campo i risultati si vedono in campo fantasia zero ritmo a mille ormai è un altro sport rispetto a quello che ho ,abbiamo ,giocato il professionismo ed il codice a XIII lo ha fatto diventare quello che è .
http://en.wikipedia.org/wiki/Colin_Meads
per quei pochi che non sanno chi fosse Colin meads 😉
Sir Colin Earl “Pinetree” Meads!
Penso cle le 5 cose che servono ad un bambino che si avvicina a questo meraviglioso sport siano queste :
Cretività
Avventura
Iniziativa
Spirito di Sacrificio
Gioia
Il resto lo acquisira o affinerà con il tempo e con gli anni
un bambino non sa manco di striscio cos’ è lo spirito di sacrificio..
serve una sola cosa: giocare! (schemi motori di base)..
ditelo a quelli del “Progetto statura”..
C’è gente in Eccellenza che è li solo per il fisico ma non sa fare un passaggio di 10 metri. O in mischia ordinata, finché contava mostruosamente l’impatto, eravamo ultra-competitivi, ora che ci vuole tecnica saltano fuori le beghe.
Pilla del 93 per esempio pesa meno di 90 Kg èd e alto 178 e ha fatto 5 mete in Eccelenza questo anno e gioca 3 lato aperto.
Non è stao in nessuna accademia e sono 4 anni che gioca in prima squadra.
Non e stato nazionale under . na ha una passione e gioia per quallo cha fa unica.
Ora va in Inghilterra per lavoro e forse non torna più.
Buona Fortuna e Grazie di tutto
Non sapevo andasse in Inghilterra. È un buonissimo giocatore e non ha un super fisico, a dimostrazione che la tecnica conta
parli di Pilla Umberto flanker del sandona, di nonna tedesca, che ha debuttato con la nazionale tedesca ?
Per una volta che con le Accademie ci siamo portati all’avanguardia… 😉
“Dateceli grandi e grossi che a insegnargli a giocare ci pensiamo noi”…
A chi pensa solo al fisico sfugge una cosa: che anche gli altri pensano al fisico, per cui alla fine con il fisico si fa pari e patta praticamente sempre, e ma gli altri giocavano meglio prima della palestra, e giocano meglio dopo.
Insomma, se pensi solo a pompare i tuoi giocatori, ti ritrovi centinaia di Venditti; anche gli altri avranno centinaia di Venditti, ma con delle mani al posto delle pale di Giamba.
Per me è un discorso lungo e per il quale non ho le competenze sufficienti, ma è una questione che riguarda i modelli e gli stili di vita nel mondo globalizzato e terziarizzato. I bambini non giocano più a pallone, lo sport è diventato normale che sia un mestiere, e tra i più ambiti. La gente fa attività fisica non per divertirsi ma per “tenersi in forma”. Come per le donne le diete fino ad ammazzarsi per assomigliare ai modelli patinati, per gli uomini c’è la palestra, e gli integratori, fino all’aiutino che trasforma le bistecche in tartaruga. Non vai a camminare, fai running, Non arrampichi, fai climbing. Anche a trombare, minimo lo fai strano. Non vai alla partita, ti conci come un deficiente perché l’importante è sentirsi parte dello spettacolo, anche se la tua parte è pagare il biglietto (spesso, caro) e convincere insieme a qualche diecimila altri qualche altro a partecipare al club dei deficienti. Non faccio moralismo, così è e ci si può fare ben poco, salvo evitare di prendere la rogna. Chiaro che più quelli che fanno quella roba lì in televisione debbano essere mostruosamente veloci, spaventosamente forti, fisicamente impressionanti. Se no sarebbero semplicemente dei giocatori buoni, ottimi, fuoriclasse. Ci fosse in giro il vecchio ebreo tedesco col barbone, troveremmo un qualche capitolo sull’età dello sportismo finanziario. Il prezzo che si paga sono due metri cubi di calciatore che non sa fare uno stop, e due metri cubi di rugbista che non sa passare una palla. Gol ridicoli, o venti polli che cadono a partita. E tanti infortuni. E doping. L’ultimo risultato è che quelli buoni davvero ci sono ancora ma sono diventati un gotha tra mandrie di manzi. Un’accademia FIR globale, dove il livello medio e generale non conta, e si devono per forza allevare i fenomeni, magari da baraccone. Gli skill di uno che giocava in B italiana di trent’anni fa sono una rarità in Eccellenza e pure nelle due celtiche, e molti ragazzi giocano a rugby per diventare professionisti o smettono perché non vogliono diventare professionisti. Siccome non sono tutti scemi, se vogliono sposare una velina e comprarsi il Cayenne, finisce che giochino a qualcos’altro che il rugby in Italia di professionistico c’ha niente, nemmeno una Lega.
Non è che Ravagnani si sia mostrato un gran profeta; il rugby dei bei tempi andati,delle 40 e più mischie delle infinite touche per fortuna è finito e credo che un ritorno al passato sia molto difficile.Ad alti livelli poi non mi pare di vedere giocatori con skills così scarse ,anzi………..
Buon anno a tutti
…e il rugby di Brian O’Driscoll? anche quello sorpassato? da che?…
Bel pezzo di Avesani, le uscite di Goode, Easter, BOD non sono le prime sul tema, ormai e’ anni che abbastanza regoalrmente giocatori di altra generazione o ritirati anni fa “suonano” questo campanello d’allarme.
A mio avviso Goode riconosce molto bene il punto di questa evoluzione speciamente negli ultimi anni nella necessita’ di trovare un modo per battere le difese, difese sempre piu’ organizzate che con un miglioramente fisico atletico generale che va al di la’ della fisicita’ lasciano meno spazi da sfruttare per gli attacchi quindi si cerca di batterle piu’ a “cornate” che cercando gli spazi che in effetti son sempre meno. La fisicita’ ormai e’ la prima preoccupazione e per me su questo nella chiusura del pezzo Avesani si sbaglia, o almeno si sbaglia per alcune realta’, l’esasperazione fisica e’ la prima preoccupazione, alcuni giocatori negli anni non li si vede neanche migliorare molto tecicamente perche’ basano tutto sulla fisicita’ e sono ritenuti fondamentali (Manu Tuilagi il caso piu’ eclatante a mio avviso).
Il percorso sembra segnato purtroppo, anche se il cambio di ingaggio in mischia ordinata sembra aver riportato al centro quella tecnicita’ che era andata perduta negli anni, ma non credo cambiera’ il percorso di avere 3/4 sempre piu’ gorssi e fisici.
Insomma a parità di abilità vince il più pesante, mentre il più abile può sopperire alla mancanza di peso, entro certi limiti variabili secondo il ruolo.
Un pilone può lasciare all’avversario 5 o 10 kg max di massa magra in cambio di quanta velocità? quanta capacità di passaggio? quanto coraggio in più?
E il bello del rugby è che nessuno può rispondere a simili domande, se non il campo!
per esempio,basta sentire i commentatori di nuvolari fare sempre le equazioni peso x altezza= ottimo giocatore (a me sinceramente da un po’ fastidio!)
Insomma, per usare l’ espressione cara a Munari, la strada è quella dei “giocatori -commandos”, che hanno al tempo stesso qualità fisiche ma anche skills al di sopra della media (e poi, operando in un team ognuno ha un compito in cui è iperspecializzato, ma qui andiamo su discorsi di squadra)…appunto la stessa differenza che passa tra un soldato normale ed uno delle forze speciali.
A livello generale non sarei pessimista: sia perché qualcuno già ritiene che di fronte ad una sempre maggiore fisicità prima o poi la strada sarà non quella di mettere su ancora altri chili, ma di usare il fosforo in testa, sia perché comunque all’estero non vengono fuori solo “orchi”, ma gente che abbina fisico ed abilità.
Semmai mi preoccupa l’Italia…nella mia ignoranza ritengo che da noi, già a livello di minirugby si curi troppo poco manualità con il pallone, passaggi e calci, causa anche l’ impostazione nostrana del minirugby: un under 10 francese che vidi apriva il gioco e si passavano la palla benissimo, oltre a poter calciare; i nostri pari età invece erano a dare dentro a cornate, senza ruoli e senza poter calciare durante la partita. Se si vuole avere qualche apertura di livello mondiale, i “progetti” non servono…ci vuole piuttosto una vasta platea di ragazzotti che (palestra o meno ) a sedici anni sappiano usare bene mani e piedi.
In Francia è in atto un forte ripensamento della FFR sul minirugby proprio perchè fin dagli under 10 si tende a giocare troppo strutturato con ruoli già assegnati in età troppo giovane, fatto che non stimola lo sviluppo di tutte le abilità. Poi che in Italia si insegni, e male, a fare le cornate è tutta un’altra storia. D’altronde la FIR ti consente di allenare fino agli under 12 con un corso di 5 ore a cui possono accedere cani e porci…
Sui ruoli c’è stato un certo andirivieni anche in Italia…tanti anni fa anche da noi c’erano i ruoli fin da bambini, direi che si, su questo punto ci sono pro e contro. Ma su manualità ed uso del piede le differenze sono evidenti
Boo non sarei così sicuro di una deriva prefissata del nostro sport.
Quando guardo, lato 0,75, gente come Barrett Cooper Carter Cruden Toomua BenSmith Dagg Jane Le Roux per non parlare dei piccoletti come Aplon, vedo che il talento e le abilità tecniche sono preponderanti e mi verrebbe da aggiungere punto e basta.
Ricordo il commento di Justin Marshall al test match Galles Australia del 2013 dopo uno dei suoi giochetti sottomano You cannot coach Quade Cooper you cannot coach those skills, totally instinctive…Per capirci Marshall sì serviva palle a Merthens ma anche a sua maestà Re Carlo…Mica pizza e fichi. Quindi alla fine forse questo discorso pone anche un punto di vista “sbagliato”, cioè in momenti di mancanza di talenti naturali si creano degli scimmioni… Booo non saprei dire, l’unica cosa che mi sembra certa è che talenti come ODriscoll Williams ma anche Cipriani od Henson, perché amo gli indifendibili, continueranno a nascere.
Son d’accordo che il talento innato lo trovi in un giocatore su 500, e che certe cose non gliele “insegni” (al massimo gli si può insegnare a vedere il gioco e capire come e quanto usare il talento. Su Cooper, Cipriani e Barret con me sfondi porte aperte.
E giusto per rimanere in casa All Blacks, un certo Sir Grant Fox ha vinto un campionato del mondo (e rimane nella mia top3 di numeri 10 di tutti i tempi) 1.75 m x 70 chili… Giusto perchè le skills non contavano 😉
Sbaglio o in quella squadra c’era uno che ho sentito dire che per migliorare il suo gioco di gambe e la sua agilità si allenava correndo a folle velocità nel bosco? Uno che segnò una meta da molti definita come la più bella?
Si, pero’ Grant Fox si e’ potuto permettere di vincere un mondiale di rugby senza fare UN placcaggio in tutto il torneo mondiale.
Merito di una terza linea All Blacks da sogno, ma merito anche di un rugby meno fisico, che “puntava” meno le aperture: oggi sarebbe impensabile per un’apertura giocare un mondiale (e vincerlo) senza fare UN placcaggio.
Non so bene Goode se non quanto riportato, ma ho letto (ed avevo postato) il pensiero di BOD.
Occhio Andria a a non fraintendere, BOD (ma da quanto leggo anche Goode) non mette in discussione il talento innato, quello c’era e ci sara’ sempre ma il metodo di lavoro e di allenamento, troppo sbilanciato in favore del lavoro in palestra e di potenziamento muscolare piuttosto che sul raffinare le skill…tu stesso fai riferimento al “talento innato” al “you cannot coach those skills, totally instinctive” di Marshall che non e’ il lavoro di allenare le skill piuttosto che il fisico di un giocatore di normale che pur non avendo un talento innato alla Spencer puo’ con quel tipo di allenamento sviluppare skill e tecnica piuttosto che diventare un centro da 120kg che va solo dirtto per dritto a cercare di rompere il placcaggio 😉
Sì Stefo io sono d’accordo con quei 3, cercavo di rimarcare il fatto che il talento non lo fai in palestra…
Paetiamo dal presupposto che non son un’ammiratore del kilorugby se messo al servizio di una tecnica sopraffina non ci vedo nulla di male, passiamo dal fatto che il preparatore atletico che avevamo i pesi il faceva intravvedere dopo i 17 anni (e parlavamo massimo di 5kg) perché credeva tanto nel lavoro sulle corse
Detto questo Easter e Goode son cresciuti e si son messi in gioco, con risulttai alterni proprio nel kilorugby e non mi pare che criticavano il sistema quando eran in nazionale, Easter ha iniziato alla prima mancata convocazione credo che alla fine i migliori giocano comunque e di giocatori “ignoranti” c’é sempre stato bisogno ieri oggi e domani
Certo Kat che i metodi di allenamento di una volta erano, mediamente, bestiali da noi. Ti facevano correre a sfinimento, poi prendevi il pallone quando eri spompato.
No alt il mio preparatore (sopranominato la morte nera) era uno che era laureato e sapeva cosa faceva, lavorava in palestra e il lavoro fatto con lui si vedeva, eravamo i più giovani ma anche quelli che correvan di più con più costanza, in serie C ovvio, ma concetti che non sapevamo ce li ha inculcati in testa, ovvio che facevamo pesi e roba simile, ma quasi ognugo faceva lavori differenti insomma bisognava vederlo all’opera per capire
Comunque i metodi di allenamento son cambiati, correre a caso per 15 km non va bene
Credo che il primo vero problema che pone questa esplosione fisica sia relativo al come avviene, perché ormai certi sospettacci sono difficili da evitare.
Il secondo è se l’allenamento della tecnica, della lettura del gioco, insomma del rugby nel vero senso della parola vada di pari passo con la palestra…in altri paesi sembra di si, in Italia probabilmente no, o almeno non dappertutto. Anche perché se si hanno squadre seniores che, in ogni categoria, non mirano ad altro che ad un gioco iper-strutturato, in cui spazio di lettura delle situazioni da parte del giocatore non ce n’é, mi sembra difficile che si abbia la volontà di formare ragazzini o ragazzine in senso più completo, quindi si va sul fisico.
“….a mettere su dieci chili di massa magari solo sei mesi…”, se mi ci metto d’impegno molto meno di sei mesi….anzi in quest’ultime due settimane sono già a metà secondo me.
…e vai di panettoni…
Fossero solo quelli….
Per non andare troppo indietro nel tempo e ritornare alla partita di Newport
..sarei curioso di sapere quale sia la scheda di allenamento di Navidi o dello stesso Warburton…sono enormi!
Bisogna separare ciò che lecito da ciò che illecito, quest’ultimo va assolutamente combattuto con qualsiasi mezzo.
Dopo di che ci sono strutture fisiche di base che rendono possibili certi fisici, basta andare a visitare la Nuova Zelanda o l’Australia e molti ragazzi hanno strutture fisiche molto prestanti anche se non giocano a rugby.
Però non basta essere grossi per giocare a rugby, ci vuole tecnica, intelligenza e spirito di sacrificio.
Il giocatore moderno è SAVEA, la versione moderna di Lomu ma molto pià tecnico e tattico, però è migliorato tantissimo sia negli skills che nella presenza in campo e questo è merito di tanto lavoro di qualità che ha svolto.
Non so, articolo che non mi convince fino in fondo. Il “saper passare” è un concetto relativo. Si sta parlando di estetica o di efficacia? Perchè il fattore efficacia è l’unica cosa che sta aumentando tremendamente nel rugby moderno. Giocatori, tecnici e sedute di allenamento sono più orientati a concentrare sforzi e renderli vincenti subito.
I giocatori sono immensamente più grossi è vero, ma questo è il professionismo. Il fatto che esistano giocatori enormi come Retallick secondo me è molto più interessante di avere un seconda linea alla Olivier Merle.
Le TV e di conseguenza il criterio di spettacolarità che manda avanti la baracca economica del rugby dipendono tutto da questo. Giocatori versatili, forti, grossi, veloci.
In quanto alla costruzione del giocatore moderno, concordo in maniera netta con Easter. Parlare di skills è giusto, ma relativo. Allenare i gesti è fondamentale ma è la velocità, di esecuzione e comprensione che fa la differenza. Se per far essere un numero 10 più veloce di gambe serve lo squat, allora ben venga il lavoro in palestra.
In quanto alla bella Italia, non scordiamoci che partiamo da un gap fisico e soprattutto motorio importante. Spesso lavorare sul giovanile significa prendere ragazzi che non hanno assodato a scuola o in altri sport gli schemi motori di base. Inutile nasconderlo, un Israel Folau che ha predisposizione naturale ed esperienze multisportive che ne arricchiscono il bagaglio tecnico, da noi non nascerà mai.
Sulla predisposizione fisica sono in parte d’accordo, in alcuni paesi ci sono anche dei fattori di vantaggio, in Oceania sembrano fatti apposta per il Rugby molti ragazzi.
Però sull’esperienza sportiva basterebbe farsi un giretto in Inghilterra e vedere come è inserito lo sport nel sistema educativo, per cui si fa tanta pratica sportiva, anzi multisportiva, scegliendo poi piano piano lo sport che si vuole praticare (anche solo a scuola, senza avere velleità professionistiche). Chiaro che un sistema del genere da benefici anche alle singole federazioni sportive in termine di preparazione degli atleti. Un grande calciatore come Bale ha giocato anche a rugby, ad esempio…
Infatti è proprio lì che la situazione Italia continua a naufragare. Nel nostro sistema scuola lo sport è considerato un limite. Ahinoi
“quanto contano le dimensioni?”…a questa domanda vorrei leggere la risposta di @gianni berton…
Perchè non l’hai chiesto a ROCCO SIFFREDI?
ahah…beh, il nostro gianni ne sa una in più di Rocco e dei suoi fratelli…
“Rocco e i suoi fratelli”…doppio senso! 😉
Comunque vedendo i Saints non si direbbe!
Furno sta giocando bene per ora!
Giallo
Qualche anno fa le stesse cose le disse Thomas Castagnede al ritiro dal rugby giocato (“adesso ad un giovane che vuole fare rugby professionistico lo mettono prima uno o due anni in palestra e poi gli fanno vedere il pallone…”) e qualche anno prima Pierre Berbizier (verso fine carriera), che disse che avanti di questo passo si sarebbe andati in braccio ai venditori di steroidi…
Mi permetto di inserire questo: https://www.youtube.com/watch?v=E-5r7ITsZQg