Sempre più giocatori italiani, anche giovanissimi e non ancora affermati, scelgono l’estero. Perdiamo potenziali campioni?
Palloni ovali in fuga: quando il rugbista ha la valigia in mano
Lascia un commento
Devi essere autenticato per lasciare un commento: Accedi o Registrati

Top 10: i risultati della 15esima giornata. Vince ancora il Petrarca, Colorno manca il sorpasso
La squadra di Casellato non approfitta della sconfitta del Valorugby e resta al quinto posto. Tutto invariato in testa alla classifica

Top10: Rovigo espugna Reggio Emilia e vede la testa della classifica
Cinque punti contro il Valorugby in attesa della partita del Petrarca. Mogliano espugna Torino, le Fiamme regolano Calvisano

Top10: la domenica della quindicesima giornata
Le formazioni delle squadre che giocano i due posticipi del massimo campionato

Top10: riprogrammata la finale Scudetto, sarà in diretta tv su Rai Due
Una bella notizia per tutti gli appassionati italiani della palla ovale

Calvisano: il punto sul possibile futuro della società lombarda
Scelte dirigenziali, tecniche e di campo
senza leggere l’articolo…ma rispondendo semplicemente al titolo: ne abbiamo mai avuti??
Marcello Magri non c’entra nulla, era a Parigi perché il padre lavorava là. Poi ha addirittura smesso di giocare, per scelte extrasportive.
e Bacchetti ha fatto la preparazione atletica pre stagione col Biarritz..
Ci sarebbe rimasto, se si fosse trovato bene. Invece all’epoca non si e’ ambientato ed e’ tornato a Rovigo.
Magri ha smesso di giocare molti anni dopo l’esperienza a Parigi, dove e’ stato anche con Giovanchelli e Derbyshire, se ben ricordo…
Marcello Magri (1988) è nato a Noceto. Suo padre nel 2005 era in Francia per lavoro e il ragazzo ha giocato un anno nelle giovanili dello stade fr. L’anno dopo è tornato ha giocato con il Colorno. E’ stato poi scelto dal Viadana, dove, mi pare, non ha cap. Nel 2012 si è iscritto alla Luiss a Roma e ha smesso con il rugby professionale.
Suo fratello ha giocato in Eccellenza con i Crociati fino all’anno scorso.
In modo del tutto casuale sono capitato su questa pagina e mi corre l’obbligo di rettificare le affermazioni di tal Alberto da Giussano, poiché credo di essere a conoscenza dei fatti in modo diretto, essendo il padre di Marcello Magri.
Terminati gli Europei Under 18 del 2006, tenutisi a Treviso, si sta per lanciare il progetto Accademia di Tirrenia, ma Marcello sceglie di partecipare ad un provino dello Stade Français presso il Jean Bouin di Parigi, dove viene selezionato per la categoria U19, all’epoca aveva 17 anni. Io, nel frattempo lavoravo a Lione, cioè a “soli” 500 km da Parigi. Marcello, ospite della struttura dello SF, s’iscrive al Liceo Scientifico Statale Italiano di Parigi, dove frequenta con profitto la 5° e sostiene l’esame di maturità. Nel frattempo non gioca neppure una partita negli U19, perché viene prima accorpato alla U21 per poi finire in pianta stabile nella squadra U23, dove i giocatori della prima squadra giocano al rientro dagli infortuni prima di ritornare in prima squadra. Qui ha la fortuna di giocare come apertura con giocatori quali Pichot o Dallan.
Alla fine dell’anno sportivo e accademico, lo SF vorrebbe trattenerlo, ma non essendo l’università francese riconosciuta in Italia, almeno per la facoltà da lui scelta, decide di rientrare in Italia. C’era anche il problema legato al cartellino che dopo il primo anno era libero, mentre dopo il secondo anno avrebbe avuto un indennizzo esorbitante. Comunque, decide di rientrare in Italia dove viene ingaggiato dal Viadana. Ha 18 anni, gioca alcune partite, non molte per la verità, esordendo comunque anche in Coppa, quindi di cap ne ha fatti. Intanto inizia l’università. La consapevolezza che oltre al rugby c’è altro nella vita e che dopo il rugby c’è una vita da costruire unita all’impegno dello studio che aumenta, fanno sì che conseguentemente diminuisca il tempo per il rugby. Dopo Viadana, Colorno, poi ritorno a Noceto e la decisione, dopo un grosso infortunio alla spalla, di smettere con il rugby più impegnativo, per dedicarsi soprattutto allo studio. Si trasferisce a Roma dove si Laurea con 110 e Lode al Corso Magistrale di Giurisprudenza della LUISS, prima e, successivamente, si laurea al Corso Magistrale di Economia e Commercio della stessa università. Ora lavora in un importante Studio Internazionale a Roma e gioca in Serie C con la Primavera. Vorrei solo aggiungere che per i 4 anni di liceo trascorsi a Parma, ogni volta che gli arrivava una convocazione della FIR per un raduno della Nazionale, c’era da litigare con gl’ insegnanti che pretendevano che il ragazzo scegliesse tra scuola e sport! Marcello aveva una media superiore all’8, giusto per dire che di certo non aveva difficoltà, e questo è sintomo della miopia di una classe d’insegnanti e di una FIR che nulla fa per spingere il proprio sport nelle Scuole. Non mi si parli dell’Accademia, per favore. Federico, il fratello più piccolo, oggi laureando in Farmacia, dopo aver esordito a 17 anni in Eccellenza nelle file del Fidenza Calcio, a 19 anni si dedica al rugby e, dopo aver giocato nel Noceto e nei Crociati, oggi è a Colorno. In definitiva, i miei figli hanno privilegiato lo studio, e ne sono ben contento, trasferendo in questa loro scelta l’impegno e la determinazione di cui il rugby è stato un’importante scuola. Ogni altra considerazione la lascio da parte, chiedo solo che prima di affermare cose inesatte, si abbia la correttezza di verificarle. Grazie dell’ospitalità.
Concordo. La parola Campioni è un po’ fuori luogo.
C’è scritto “potenziali”
INFATTI NON SI TRATTA DI CAMPIONI MA DI RAGAZZI SPESSO GIOVANISSIMI MOTIVATI E CAPACI CHE VOGLIONO CRESCERE MA NON TROVANO NELLE STRUTTURE, ANCHE QUELLE FEDERALI, LE RISPOSTE E LE COMPETENZE PER LE PROPRIE AMBIZIONI. PARLO PER ESPERIENZA PERSONALE…MIO FIGLIO CLASSE 1996 ANDRA’ ALL’ESTERO A GIOCARE IN UN CLUB CHE FA LA CELTIC.
In bocca al lupo.
Volendo, invece analizzare, il fenomeno migratorio dal punto di vista puramente occupazionale, la risposta non è complicata. I secondi e/o terzi campionati in Francia, Galles, Inghilterra pagano di più rispetto all’Eccellenza.
E quello che promettono…mantengono.
Giustissimo!
ma non è una questione meramente economica, il livello di gioco di organizzazione di seguito etc sono nettamente superiori!
Si forse anche quello, ma nella maggior parte dei casi è per un maggior sicurezza economica e di “sistema”, visto che quello è o dovrebbe diventare il loro lavoro.
Non si può biasimare se un giovane decide di fare una esperienza all’estero in ambienti professionali e strutturati per poter crescere. Qui da noi se non sei in accademia (*) non vieni considerato dalla FIR per le convocazioni in nazionale anche se sei migliore, il tutto per giustificare inutili carozzoni.
Comunque FURNO è stato in D2 a Narbonne, poi è passato in TOP14 a Biarritz e adesso è in Premier a Newcastle e titolare fisso in nazionale, l’esperienza all’estero sicuramente gli sta facendo bene
mez quota alla grande maz!
La storia che non sei convocato dall’estero nelle naz giovanili è tutta da valutare. Di certo ti convocano nella naz maggiore.
Due i motivi perché un giovane italiano, non ancora affermato o magari non ancora pronto per l’alto livello, sceglie l’estero anche di terza quarta serie:
1. Trattamento economico: un Federal 2 francese o un National League 1-2 inglese pagano come un club di Eccellenza di prima fascia. Sicurezza dello stipendio dal primo all’ultimo mese.
2. Livello tecnico: gli allenatori anglosassoni e francesi sanno allenare e organizzano le sedute in maniera maniacale. Gli allenatori italiani che lo sanno fare non sono più di 20. E chi magari ha la fortuna di averne uno, deve comunque fare i conti con punto 1…perché l’affitto tante società non lo pagano e il giocatore deve pur mangiare….
Nel primo capoverso c’è tutto: una federazione impedisce ad un giovane di buone speranze (ed in un ruolo chiave e difficile) di emigrare in una forte squadra estera, gli vieta di andare via, si presumerebbe per costruire un progetto su questo ragazzo, facendogli vedere che se gli impediscono di andare via è perchè hanno in mente per lui un progetto di crescita valido quanto l’emigrazione allo Stade Français o almeno in qualche modo paragonabile per quanto riguarda stimoli e crescita… Questo luminoso progetto prevede di lasciare il ragazzo a Mogliano, in Eccellenza. E poi ci si stupisce se appena uno può e vuole giocarsi le sue possibilità di sfondare cerca di scappare?
Tra parentesi, per l’impedimento a partire io avrei fatto alla FIR una causa gigantesca.
concordo in pieno..anche sulla causa! anche volesse dire avere problemi in futuro per vestire la maglia della nazionale!
è ora che la finiscano con questi ricatti!
Non so se sia ancora così, ma Giordani narrava su SuperBasket che le federazioni sportive si basano su una legge che prevede che un tesserato che faccia causa alla federazione d’appartenenza venga automaticamente espulso da essa e, in pratica, non possa più praticare quello sport.
Si chiama clausola compromissoria.
esatto..causa sportiva infatti!
non a caso ho fatto riferimento alla nazionale!
alberto sono laureato in scienze motorie, si fa anche diritto sportivo, oltre alla tua amata pedagogia! 😉
A dir la verità, la clausola compromissoria serve solo per fissare un altro foro diverso da quello legale o per deferire la lite ad un collegio arbitrale.
L’esclusione dalla federazione (se c’è) è una conseguenza dei regolamenti federali.
Non è esattamente così: la clausola compromissoria prevede per il tesserato l’impossibilità a rivolgersi a una giustizia diversa da quella sportiva
forse c’è un malinteso, rispondevo a Giovanni.
La violazione della clausola compromissoria, può comportare, come sanzione la radiazione dai quadri federali del soggetto che non la rispetta. Comunque non è automatica è necessario un procedimento .
Appunto, si tratta di una sanzione prevista dai regolamenti federali e non dalla clausola in sè
Sicurezza nei pagamenti, il finto professionismo stanca in fretta…
https://www.facebook.com/RugbyGossip/photos/a.570963166259561.1073741825.570953772927167/794438387245370/?type=1&theater
e già! prestito o meno, zebre o petrarca, qualcuno lo deve pagare! chi è più informato precisi in merito cortesemente..
sto finto professionismo è inverecondo!
mez ti ho risposto su Humphreys e Anscombe nell’altro post.
ciao stefo ho visto proprio ora grazie 😉
Si purtroppo, abbiamo già visto ieri!
Le motivazioni, sono tante e tutte comprensibili.
Una secondo me, è che l’istituzione di 2 franchigie, sta mettendo in evidenza la scarsa o nulla possibilità di fare il professionista in Italia.
Quanti sono i ragazzi della U 20 passati alle squadre di CL ogni anno? (e non mi dite che devono fare un periodo di maturazione in eccellenza, altrimenti mi viene il coccolone) il sud Africa la scorsa settimana, ha convocato il loro miglior giocatore dell’U20 in prima squadra contro la scozia.
Praticamente, con la nostra struttura delle accademie a pioggia, abbiamo fatto esplodere la domanda (spesso ingiustificata) di alto livello, e abbiamo un’offerta, ridotta a zero, perché fra stranieri, equiparati, giocatori che garantiscono la necessaria esperienza, o giocatori, che a livello internazionale, nessuno più vuole, e noi li ricicliamo per consentirgli di collezionare record di presenza. Ma dove si vuole che vadano sti benedetti ragazzi, che arrivati a 20 anni con un sogno tutto da realizzare, si trovano la porta chiusa dell’alto livello (a volte è aperta, ma i portinai, ti fan venire molti dubbi) e l’alternativa di giocare il campionato domestico dove , manco ti dicono grazie. Dessero loro una possibilità di crearsi un futuro dopo l’esperienza sportiva…ma manco quello. Il dramma, è che ti tagliano e ti abbandonano al tuo destino. Oggi, ti dicono che sei nel rooster per il prossimo anno, in quanto devi prendere il posto del tuo pari ruolo che è più vecchio di te, e il giorno dopo ti dicono che sono spiacenti, ma devono mettere al tuo posto un giocatore, che guarda caso è più vecchio di quello che dovevi sostituire. Mah come sarà …….
Poi, vuoi mettere la soddisfazione di essere convocato dal DoR mettiamo a caso dei tigers, il quale ti dice “ragazzo, ti senti pronto per la prima squadra?” oppure sentire, il cagnolino dudu di turno, che ti dice che non capisci un cazzo, che chi gioca è il collezionatore di record, e finché non avrai raggiunto il suo livello il posto te lo scordi. Si, signor dudu, ma se non mi fai giocare, come posso migliorare?….zitto, non discutere, o chiamo la forza pubblica…
Naturalmente, la seconda parte è palesemente ironica.
Può essere che sforniamo più giocatori “medi” ( lasciamo stare la parola campioni) di quanti il nostro campionato di eccellenza possa accogliere. Se però fosse vero che tutti gli atleti delle accademie riuscissero a trovare un lavoro ( anche all’estero) da rugbista , saremmo meglio dell’università. E comunque potrebbe essere un motivo per avvicinare i ragazzi al rugby.
Non so se è veramente così.
Chiaro ed evidente. Un marziano si chiederebbe cosa cazzo stiamo facendo da vent’anni ma, soprattutto, cosa cazzo stiamo facendo oggi, 2 luglio 2014, a partire dalle accademie condominiali fino agli acquisti e cessioni delle celtiche, passando per le iscrizioni all’Eccellenza.
Ti correggo boh, l’istituzione delle due franchigie ha creato gli unici posti pro in Italia. Altrimenti non ci sarebbero neanche quelle.
È uscita un pò male boh, nel senso che non ero daccordo con la prima frase.
Io l’ho letta come “ha messo in evidenza”, e sono d’accordo. Almeno c’è una situazione vera di professionismo, seppure di serie b, e non la palude senza regole dell’Eccellenza.
Boh, Aggiungo sul SAF, non penso il paragone sia possibile. Se un 21enne fa l’eccellenza, soprattutto in ruoli importanti tipo mediani o piloni, penso ne abbia solo da guadagnare. Soprattutto oggi diventa una camera di compensazione per le magagne Della formazione. L’importante è che si alleni con le celtiche, seguito da pro, e pagato per fare solo quello.
Per quello il mio modello di eccellenza è che nessuno viene pagato, eccetto 5 giocatori pagati dal club eccellenza, piu un numero limitato (3/5) di u23, pagati dalla FIR. Il resto tutti amatori.
Nel mondo del rugby nostrano gli unici professionisti, celtici a parte, sono solo i dirigenti FIR.
Non voglio fare la solita accusa, ma semplicemente dire che sono gli unici che prendono sicuramente lo stipendio, da lì in giù è tutta nebbia.
Se già il mondo lavorativo “normale” (che di normale ha ormai ben poco)è precario ed incerto, figuriamoci nello sport, dove una carriera dura al massimo 15-20 anni (con fortuna).
Con queste incertezze professionali, ed una società civile isterica, quelli che vanno a fare esperienze all’estero (non penso sia solo una scelta economica)hanno tutta la mia comprensione.
È anche comprensibile che siano pagati solo i FIR, la fed è li proprio per quello. Il problema è che (non) se li guadagnino.
Il problema e’ piu’ generale, come opportunamente accennato dall’articolo: l’Italia e’ diventato (ridiventato) un paese di emigrazione (ovvero sono molti piu’ gli emigranti che gli immigranti), con la particolarita’ che emigrano molti tra i piu’ promettenti, i piu’ preparati e i piu’ motivati (affamati).
Nel rugby come in tutte le altre professioni.
Se poi vogliamo guardare al rugby in particolare, frequentare le (*) si sta dimostrando un disastro per le studio: che e’ (*) non riesce ad avere una formazione scolastica e universitaria come si deve e come era normale in passato in Italia (o nel presente / passato prossimo in Europa, se pensiamo al Dottor Contepomi).
Si chiede a questi ragazzi di impegnare il proprio futuro, ma poi non si mettono a disposizione degli adeguati sbocchi lavorativi in Italia (ovviamente le multi-accademie preparano piu’ giocatori di quanti ne siano necessari nelle franchigie -dove tra l’altro ultimamente sembra si preferisca sviluppare i giovani stranieri anziche’ i giovani Italiani- e non ci sono altri sbocchi veramente professionistici in Italia dove ci si possa permettere di costruirsi un presente e un futuro -di sicuro l’Eccellenza non e’ in grado di farlo-).
Ovviamente molti cercheranno alternative all’estero.
Se l’accademia finisce all’U20, l’Uni centra poco. Se poi ti capita il contratto celtico hai fatto bingo e tempo di studiare CE n’è. Altrimenti fai come Bocchino.
Per gli studi secondari c’è l’articolo recente sul l’accademia di rovigo, e spiega un pò di cose.
Se l’accademia non ti permette di prepararti all’univerista’, non sei preparato per affrontarla, punto.
Bocchino e anche Benettin alla fine hanno preferito studiare e per farlo hanno dovuto uscire dal sistema professionistico, mentre Contepomi (per non andare troppo indietro a Saetti o Innocenti…) ha potuto laurearsi in medicina mentre giocava al massimo livello, cosa che in Italia e’ praticamente impossibile.
Manderesti tuo figlio in Accademia con queste premesse?
al di là di tutto una cosa non preclude l’altra, se uno vuole e si sacrifica si laurea anche lavorando o giocando ad alto livello…quelle di Bocchino e Benettin sono state scelte personali che vanno rispettate, ma chiunque, anche facendo il professionista, può studiare in parallelo, magari ci mette più tempo, ma comunque, se lo vuole, ce la fa…Ghiraldini si è laureato giocando a Treviso, la Benetton aveva ragazzi laureati (Pavanello, Botes, Cittadini di quelli che ricordo) e altri che in parellelo sono iscritti all’università…
E’ difficile generalizzare quando c’è di mezzo lo studiare. Dipende dalle motivazioni e dalle capacita’ personali di ogni giocatore, il laurearsi o meno. Non dimenticate che nei campionati dei colleges americani ( NCAA 18/22 anni), se non fai gli esami non giochi.
San Isidro (volevo scrivere “Isidoro”…), stai parlando di giocatori che non sono passati per le accademie. Da quello che mi hanno detto, buona parte dei ragazzi delle academie come sonos trutturate adesso fa fatica gia’ a fare la maturita’, per non parlare della laurea.
Per conciliare le due cose (allenandosi due volte al giorno) e’ necessario strutturare la cosa in modo da conciliare studio e sport in un progetto integrato, cosa che in Italia si fa fatica a fare sia dal lato dei dirigenti scolastici che dal lato dei dirigenti sportivi.
Vedremo quanti degli accademici si laureeranno (magari in discipline impegnative), ma non ho grandi aspettative, purtroppo.
@Hulla, non avevo capito che ti riferissi ai ragazzi delle accademie e di conseguenza anche nella loro difficoltà di organizzare lo studio scolastico…non hai tutti i torti, però ripeto, se uno ha motivazione, vuole e risce a conciliare le cose, studia, si diploma e si laurea, alla fine tutto è relativo a seconda dei ragazzi e delle persone…
Hulla, ti hanno detto perchè facevano fatica a fare la maturitá?
Appurato che fanno le stesso scuole che fanno gli altri fino alla maturitá, all’universitá dopo i 20 anni possono prenderne anche due di lauree.
Certo avranno meno tempo di studiare degli studenti che fanno solo quello, ma il tempo per allenarsi tutti I giorni deve anche venire trovato nelle 24hr.
Onestamente che l’accademia non faccia laureare i ragazzi lo trovo una messo di causalitá difficile da dimostrare.
infatti hulla, devi fare una scelta! o l’ uno o l’ altro..ma era cosi anche prima dell’ era professionistica..
io ho dovuto scegliere, piu o meno “costretto” anche dalla famiglia..
non era serio “giocare” anziche studiare e lavorare..mah!
@gsp
La realta’ e’ che in accademia non sono rari i ragazzi che perdono anni scolastici (=vengono bocciati alle superiori).
Un po’ perche’ gli allenamenti richiedono molte ore, un po’ perche’ qualcuno li convince a puntare il tutto per tutto sul rugby nella vita e a non badare a niente altro (perche’ sarebbero dei fenomeni, e c’e’ chi ci crede). Peccato che poi in molti si troveranno scottati.
@A.d.G
In NCAA forse se non fai esami non giochi, ma in Accademia giochi anche se sei bocciato.
@mez
A me fa proprio fastidio che a quell’eta’ si debba fare una scelta! A quel punto meglio puntare sulla scuola… ma se proprio decidi di puntare sul professionismo sportivo, allora non c’e’ dubbio che e’ meglio puntare su strutture formative all’estero, sotto ogni punto di vista.
In passato in Italia sono diventati medici giocando ai massimi livelli sia Innocenti che Saetti, piu’ recentemente ci sono stati altri esempi citati, ma che sono tutti giocatori che hanno cominciato prima del sistema (*). All’estero, abbiamo l’esempio recente di Contepomi.
Non c’e’ dubbio che se avessi un figlio e volesse fare del rugby il suo futuro, gli indicherei la strada (e anche il club…. come forse ha fatto wlfsempre… dove e’ stato Contepomi: loro hanno dimostrato che le cose sono conciliabili)
Hulla ho capito che per te è meglio fuori perchè imparano di più ed hai ragione.
Ma questa storia che le accademie hanno un impatto peggiore di qualsiasi club pro è tutta da dimostrare. E 10/15 anni fa il rugby e la dedizione che richiedeva era assolutamente incomparabile ad oggi.
Poi va beh, forse pensi che sia più facile stare in un ambiente pro all’estero, andare in un sistema scolastico nuovo a 17 anni e prendere voti sufficienti per entrare all’uni (e qualcuno che in UK ti paga 9mila pounds all’anno di tasse…) . io non ne sarei cosí sicuro.
Cmq degli italiani venditti studia e ghira s’è appena laureato, esempio di uno pre e post accademia.
Sono lietissimo che ci siano esempi di giocatori che possono permettersi di studiare e laurearsi anche in Italia e nei giorni nostri.
La mia umile esperienza e’ che le istituzioni educative (e anche sportive) nei paesi anglosassoni sono molto piu’ ricettive per quanto riguarda conciliare gli studi e lo sport.
Finche’ si poteva fare rugby di alto livello con un allenamento al giorno (o meno) alla sera, in Italia c’erano molti che si arrangiavano e riuscivano a conciliare studio e rugby (pensa anche ad Andrea Muraro, che si e’ laureato in Ingegneria a Padova, per esempio), ma quando diventa necessario fare due allenamenti (e fisicamente provanti) al giorno, la cosa diventa veramente difficile, a meno che le istituzioni scolastiche e sportive non creino un progetto integrato ad hoc, dove le rispettive necessita’ vengono pianificate e organizzate in modo razionale.
Cervelli rugbystici in fuga..può valere anche per dirigenti ?Perchè non tenta una fuga Alfredo Gavazzi..forse si farebbe apprezzare di più all’estero e a molti di noi non dispiacerebbe !!
Non se la cava troppo bene con le lingue.
nos vuolevam savuer se iu vont gsiocar cun noialtr?!
Più o meno!
a me fa sorridere quando dice “no aut” per dire know-how! ahahahh
ma probabilmente l’ ha sentito da cavinato, anch’ esso lo dice spesso e volentieri “no aut”..
Digli che quando passa da Moletolo faccia un salto a pranzo da Corrado Cocchi, col carrello dei bolliti farà pace (almeno) con la lingua.
Io segno sto ristorante dovessi passare da quelle parti mal…mi fido di te.
Di anche che passa a pagare Mal!!!
Non sbagli, stelle o mode, resta una delle poche istituzioni sicure da queste parti.
penso che si debba dividere la questione in due
da una parte i giovani di buone e belle speranze che vogliono provare a vivere di rugby, dall’altra i campioni affermati
i primi vanno all’estero per le ragioni che già altri hanno fatto notare, lì ti pagano, il livello è decente (mentre in italia le squadre che ti garantiscono una certa competitività sono si e no 5/6 e non tutte pagano), hai prospettive di crescita e preparazione professionale anche se non sei un fenomeno (poi ci sono anche i furno); questi non li posso certo criticare, ma non riesco ad approvare in toto la loro scelta, però io sono della vecchia scuola e ancora i colori ed il blasone li trovo uno stimolo importantissimo, certo che il mondo è cambiato e bisogna adattarsi
per quanto riguarda i secondi, il discorso è diverso, sei un pro e vai dove guadagni di più o, a condizioni confrontabili, puoi avere maggiori soddisfazioni, in questo caso il nostro paese non può competere con gli anglofrancesi; chiaro che il salto di nazione ti da la possibilità di alzare ulteriormente il tuo livello, ma il ragionamento è più, giustamente, remunerativo, su questi non discuto assolutamente, le scelte sono condivisibili al 100%
gian capisco quello che dici ma a me sembra invece che il giovane abbia ancora piu’ scusanti del campione affermato.
Andando all’estero il giovane ha la possibilita’ di formarsi in un ambiente professionale nettamente piu’ avanzato con la conseguenza di avere maggiori possibilita’ di avere una carriera professionistica di alto livello.
Pensa di essere un ragazzo di 18 anni che vede i ragazzi un po’ piu’ grandi di lui che hanno fatto il percorso federale e mette al confronto ragazzi di altre NAzioni della stessa eta’ che hanno fatto i percorsi delle loro union…fai quindi pro-contro delle due scelte…lista basta su argomenatazioni logiche e razionali di una persona che vuole provare ad avere una carriera sportiva professionistica…con tutta onesta’ cosa sceglieresti quando noti che a livello U20 all’estero crescono piu’ velocemente e meglio che in Italia, che arrivano ad un livello pro vero (non d’etichetta come l’Eccellenza) prima, che possono trovarsi ad avere una carriera in ambienti altamente competitivi di club che offrono la possibilita’ di giocare per vincere veramente?
ma infatti ho scritto che li capisco, le mie sono obiezioni di mentalità, fossi il furno di allora della situazione, non so se mi sposterei, perlomeno non subito, forse proverei uno/due anni qui, fossi ghiraldini non ci penso un secondo.
sicuramente ha, per assurdo, come fai giustamente notare tu, più senso per il giovane che vuole campare di rugby, ho 18 anni sono un buon giocatore, qui in italia ho la prospettiva di farmi 3/4 anni in eccellenza chissà dove e se mi pagano e poi, forse se sono bravo, vengo preso in considerazione per i pro e, forse, riesco ad entrarci, altrimenti sono destinato all’eccellenza ad aeternum, vado in francia, con le mie capacità prendo altrettanto e di sicuro, se miglioro giro tre anni sono in D2 o TOP14, altrimenti vivacchio, ma sono sicuro di poter continuare a farlo, poi quando qui non mi vogliono torno a casa ed un posto in A per un altro po’ di anni me lo trovo di sicuro…..una logica ferrea, niente da dire, io ragiono ancora di pancia, sbaglio io, ne sono conscio, è per quello che vorrei un domestic importante e che garantisca ai ragazzi di poter campare di rugby (basterebbe bassi budget D2 per tutti, mica tanto)
hai detto poco, siamo sui 3-4 milionicini se non sbaglio
ho detto importante, infatti
@gian, il mio appunto non era tanto sull’importante (d’accordissimo), quanto sul “mica tanto” finale
sì, rispetto a pro12, top14 e premiership 😉
Facciamo la lista dei pro e dei contro
Al momento l’estero (championschip, pro d2, top 14, premier e chi più ne ha più ne metta) mette sul piatto professionalità, sicurezza economica, sicuro avanzamento delle skills e nella comprensione del gioco, e lamcertezza di allenarsi ad un livello più alto
In italia a parte isole felici non offriamo nulla di tutto ciò. Ma bene continuiamo così gli facciamo un favore
Sono naturalmente contento per tutti i ragazzi che scelgono di formarsi all’esterso, e sulle scelte personali c’è poco da discutere, ma la possibilità di crescere ad alto livello non gliela dovrebbe dare il nostro sistema? Accademie e franchigie?
Inoltre penso che Zebre e Treviso come al solito abbiano mancato delle opportunità, già dopo il primo interessamento del Toulon su Lazzaroni e Ferrari avrebbero dovuto interessarsi ai giovani…poi magari i due avrebbero rifiutato e, se non erro, Ferrari era stato adocchiato dalla Benetton, ma i nostri dirigenti dell’alto livello devono notare i nostri potenziali talenti e farli crescere nelle franchigie…anche Cenedese avrà fatto una sua scelta personale seguendo Phillips, ma uno come lui, forte ed esperto pilone dell’Eccellenza, non poteva far comodo alla prima linea che Treviso sta costruendo? Tra l’altro sarebbe stato anche un ritorno in biancoverde e penso che Cenedese sia superiore ad Acosta e Novak…
Concludendo, i giovani facciano assolutamente quello che si sentono di fare per il loro cammino sportivo e di vita (perchè andare per un periodo all’estero è anche un’esperienza di vita che ti forma e ti cambia), fa molto strano però che i nostri due superteam professionistici, il cui compito è anche quello di formare i giovani talenti del nostro movimento, non si accorgano dei buoni elementi che hanno sotto gli occhi, e intanto qui arrivano stranieri su stranieri (Treviso ne ha già 11)…
Secondo me dobbiamo capirci. Le franchigie devono vincere a tutti i costi o devono essere di formazione (se vincono tanto meglio)?
Nel primo caso capisco l’impiego massiccio di stranieri, non però che ci metta soldi la FIR.
Nel secondo, non capisco tutti questi stranieri: ne basta qualcuno per tamponare i ruoli più scoperti o per fare da chioccia.
Vista la ripartizione economica delle franchigie, accetterei anche l’ipotesi in cui le zebre siano franchigia di sviluppo (stile Connacht) e il Treviso, per remunerare l’investimento provato, sia franchigia che possa permettersi più giocatori stranieri per ambire se non alla vittoria, quantomeno ad un piazzamento (stile Scarlets).
Visto anche che nel pro12 non c’è retrocessione, si tratta del campionato di alto livello ideale per testare e far crescere i giovani.
Quanto alle accademie, l’empasse si risolverebbe nel giro di 4-5 anni se i giocatori prodotti fossero veramente forti. Mi spiego.
I posti da vero professionismo sono pochi: quelli delle celtiche. Chi non entra lì, o cerca fortuna all’estero o si accontenta dell’eccellenza. Se i giocatori (*) fossero veramente pronti, non fenomeni ma bravi, l’eccellenza dovrebbe migliorare sensibilmente. Aumento che dovrebbe tradursi in prestazioni nettamente migliori per le due squadre che vanno – spareggio permettendo – a fare la challenge. Migliori prestazioni, maggiore visibilità, maggiori sponsor. Riusciremmo ad avere un domestic che faccia finalmente da palestra al professionismo, in pieno e puro stile Pro D2.
Il problema è che i giocatori che escono dalle accademie non hanno ancora dimostrato di poter incrementare così tanto il livello medio dell’eccellenza e ci troviamo ancora con un campionato da quasi dilettanti ed un salto troppo alto per il professionismo.
Italiani giovani che vanno all’estero per migliorare mi vengono in mente Pasquali, Cipriani, Lazzaroni, Ferrari, Negri. Dimentico qualcuno?
Una domanda che forse non ha niente a che fare con con questo tema, ma forse si … se un ragazzo vuole migliorarsi (ovviamente a proprie spese) ma restare in Italia, ci sono coach “a pagamento” di qualita’ che magari insegnano qualche skill, a calciare, o anche fare da mentore? In Inghilterra, per esempio, c’e’ Dave Alred (kicking coach e mental coach), in Italia?
che io sappia no, dovrebbero farlo le società, però ci son diversi giocatori che aiutano i ragazzi per passione e senza prendere il becco d’ un quattrino! il primo che mi viene in mente Marco Anversa (miglior marcatore della serie A 2, ex calvisano 🙂 ), ogni tanto dedica un paio d’ ore del suo tempo per insegnare ai ragazzini a calciare il pallone! ma esempi come questo te ne potrei fare a decine!
ex Rugby Roma se permetti!
si si San era una citazione per a.d.g., magari lo invoglia a pubblicare il roster!
e minimo che los so! ormai avete un nuovo tifoso! so tutto della RR, un po da te e un po da uno che gioca con me!
scusa quello che gioca con te è Hugo?
si, ma Hugo non ricordo sia stato alla RR, anche altri 2 san, uno nella squadra old..uno ex centum cellae civitavecchia, l’ altro se non ricordo male è o ex RR o Frascati..domani abbiamo allenamento, se viene glielo chiedo!
quindi 3 con Hugo
si Hugo viene dal CUS Roma, non so se è stato anche alla Lazio…fammi sapere chi sono quelli che sono stati alla Rugby Roma, magari, anche per sentito dire, il conosco…
si anche Lazio Hugo..prima di pubblicare i nomi glielo chiedo San, fanno entrambi un lavoro un po particolare! 😉
Grazie Mez per la risposta. Per fortuna ci sono persone come Anversa … ma era qualcuno di piu’ professionale che cercavo. Ecco vedi, bisogna andare all’estero :\
che io sappia non ci sono figure professionali riconosciute (coach ad hoc intendo, skills o kicking coach).. c’ è un coach, Pilat mi pare si chiami, che organizza corsi itineranti a pagamento..
sempre sui calci..perlomeno quello a cui ho assistito (ho dato solo una mano, non ero dentro il corso) io era sui calci, tattici, di spostamento e piazzati..
ma anche su come calciare il pallone..sempre per ragazzini dai 12 ai 16 anni..
il grande bellunese Corrado Pilat, fece anche qualche caps in nazionale nei primi anni 2000…gran mediano a Treviso, giocava anche ala se non erro e, sempre se non mi sbaglio, giocò pure a Parma…
Sinceramente io penso che, come sono messe le cose al momento nel rugby italiano, ogni giovane che va all’estero sia un bene: intanto possono continuare a pensare al rugby come professione e poi sono seguiti meglio tecnicamente e possono quindi eventualmente imparare meglio che a stare in Eccellenza, soprattutto se vanno a fare gli espoirs o nelle accademy squads dove appunto vengono seguiti meglio.
Se riescono a soddisfare i loro club stranieri possono rimanere all’estero per un periodo o per poi tornare in Italia formati.
Poi ci sono i giocatori dell’eccellenza che vanno in 3a o 4a divisione inglese o francese o nel domestic di una celtica (Santamaria al Doncaster, Cenedese al Neath, Duca, uno del Viadana che non mi ricordo chi è che è andato in una squadra della Federal 1, Folla del Rovigo che pare aver trovato all’estero…).
Questi sono giocatori che non sono più in fase di apprendimento. Forti per l’Eccellenza possono confrontarsi con un ambiente diverso, forse fare la differenza forse no, ma sicuramente prendere uno stipendio probabilmente non maggiore ma sicuro. Questi sono casi diversi dai primi che vanno all’estero in fase ancora formativa.
Poi ci sono i giocatori forti che vanno all’estero. Benvenuti, Furno, Masi, i ragazzi della Benetton 2013/14.
Vero che non possono venire ai raduni fuori dalle finestre irb. Vero che magari vengono sfruttati di più. Vero che alcuni si confermano o riscattano (come Masi, Festuccia, Tebaldi) mentre altri non riescono a confermarsi (Benvenuti). Comunque per la nazionale questi sono tutt’altro che persi, anzi. Spesso crescono per la maggiore competizione e cura del dettaglio all’interno dei club dove sono andati. Ovviamente però, non giocando sempre assieme come quando la nazionale era per 12/15 Benetton, i meccanismi tra i giocatori saranno meno fluidi.
Vantaggi e svantaggi per la nazionale.
Pochi, pochissimi svantaggi per i giocatori dal punto di vista personale e professionistico.
Secondo me in fin dei conti ci sono 3 categorie diverse di “giocatori italiani all’estero”. Mentre l’articolo fa un po’ di tutta l’erba un fascio.
Personalmente poi, l’idea di equiparazione dei giocatori italiani da parte di un’altra nazionale mi preoccupa poco. Sarebbero casi molto rari. L’unica cosa è che la Fir deve diventare UN SUPPORTO e non UN INTOPPO per i giocatori. Sostenerli e seguirli invece di fare il fidanzato macho, geloso e malfidato.
Comunque c’è anche chi va all’estero solo per farsi un’esperienza e basta…quella del frascatano Duca è stata una libera scelta, lui ha lasciato Rovigo per provare quest’avventura nella Federal 2 francese, di esempi ce ne sono diversi…i fratelli romani Falsaperla, di scuola Rugby Roma, dopo che la società bianconera è fallita, sono andati a giocare in Francia nelle serie minori con lo Chambery e due stagioni fa sono tornati in Eccellenza con L’Aquila, l’anno scorso poi Matteo è andato al Prato e Luca è tornato a Roma, sponda Capitolina, la prossima stagione si accaserà alle Fiamme Oro…chef Rubio di DMAX, dopo essersi affermato in Super 10 tra Parma e Rovigo, ha deciso di farsi un’esperienza in NZ è lì ha giocato a livello club nel campionato della union di Wellington…il forte terza linea toscano Andrea Barbieri del Viadana (ex GRAN Parma) ha giocato un anno nel domestic scozzese…e sempre in Scozia ha militato l’ala frascatana Pier Luigi Gentile che fu anche metaman con il Currie prima di essere ingaggiato dalla Rugby Roma…questi sono i primi esempi che mi sono venuti in mente, ma sono sicuro che ce ne sono tanti altri…come dice sopra @xnebiax, bisogna distinguere tra chi va all’estero per crescere e formarsi da chi viene ingaggiato nell’alto livello e da chi ancora ci va solo per farsi un’esperienza, magari anche nelle serie minori…se mi rimettessi in forma me ne andrei a Buenos Aires e chiederei di far parte della Pre-Intermedia B del CASI, che in realtà sarebbe la quarta squadra, mi accetteranno a quel livello?
Anche Codo (giocatore che ha giocato fino a pochi anni fa e ha girato diverse squadre del Veneto, incluso il Petrarca di Presutti) si e’ fatto un’esperienza nel domestic Scozzese, prima di rientrare in Italia.
mi pare si chiamasse Stefano Codo, vero? ma non giocò anche ai Saracens?
Tutto sommato, e comunque, meglio all’ estero, anche con i rischi che sappiamo.
Perdiamo potenziali campioni? Secondo me la nazionale “acquisterà” veri campioni (si spera come Furno)…per contro ci rimetterà il nostro campionato, anche se non più di molto perché qui in Italia rimarrebbero solo potenziali campioni, mentre all’estero hanno la possibilità di crescere e di giocare, a beneficio della nazionale. La federazione non deve intromettersi e bloccare il trasferimento di un giovane all’estero, dovrebbe offrire qualcosa in più per tentare di trattenerli come investire sul campionato di eccellenza e sulle strutture con VERI progetti
Ad esempio: http://www.insiderugby.it/node/5427
Lazzaroni, indubbiamente il miglior under 20 che abbiamo, in Italia ha avuto offerte “solo” da Mogliano. Non valeva la pena scommettere su di lui a Treviso ma anche alla Benetton dove Mauro non durerà in eterno?
come biasimarlo?! in bocca al lupo!
Io non mi capacito che in Celtic nessno lo abbia considerato.
gia, ma erano troppo impegnati a cercare qualche “frillo” dall’ estero!