The day after, cosa ci lascia la sconfitta di Parigi contro la Francia

Un primo tempo giocato alla pari, un inizio ripresa da dimenticare e poi tanto possesso. Ma questa Francia è davvero un osso duro

ph. Sebastiano Pessina

Le aspettative erano molte, e in parte sono state disattese. Rispetto alla buona prestazione di Cardiff, la sconfitta di Parigi rappresenta forse un passo indietro. Non tanto per la sconfitta contro una Francia lanciata in classifica con quattro punti e capace di battere l’Inghilterra, quanto piuttosto per le gravi disattenzioni di inizio ripresa, che di fatto hanno consegnato la partita nelle mani di Pape e compagni.

 

Ciò che più a Cardiff aveva piacevolmente colpito, era stata la reazione italiana dopo la prima sfortunata meta, e il fatto che per tutti gli ottanta minuti, dal primo all’ultimo, la linea difensiva azzurra aveva tenuto avanzamento e aggressività, mettendo sotto pressione l’attacco gallese. Contro la Francia ciò è avvenuto nel primo tempo, giocato alla pari e chiuso sotto break. Avrebbe potuto anche andare meglio, senza i punti lasciati sul campo dal piede, ma è difficile prendersela con Garcia per due calci che forse neanche Halfpenny in giornata li metteva. Comunque, i primi quaranta sono volati via bene, senza correre eccessivi rischi e costringendo in più di un’occasione i galletti ad errore di handling, complice la grossa pressione messa dalla linea azzurra.

Nella ripresa abbiamo tenuto il possesso per il 70% del tempo, ma loro hanno marcato facilmente tre volte e noi una sola dannandoci l’anima, e quando ormai la Francia aveva iniziato a pensare solamente a difendersi. Si può parlare di black out, ma la sensazione è che a Cardiff ci fossero in campo due squadre alla pari e che fino alla fine avrebbero combattuto allo stesso livello, mentre a Parigi sembrava che prima o poi qualcosa si sarebbe rotto e l’equilibrio spezzato. Sono venute in mente alcune vecchie prestazioni, in cui si sperava che il punto di rottura arrivasse il più tardi possibile.

I francesi, da parte loro, hanno comunque giocato (e preparato) una grandissima partita, ben orchestrata dal duo Doussain-Plisson. Quest’ultimo, in particolare, ci ha messo sotto grande pressione, con un gioco al piede che ha esplorato zone del campo sguarnite. Merito poi a Picamoles e Bastareaud che si sono ben alternati nel lavoro sul breakdown sia nelle corse palla in mano per mettere in avanzamento la propria squadra. E poi sono arrivate le disattenzioni, che a questo livello, e in particolare a giocatori come Fofana, non puoi concedere. Su una meta lasciamo libero il lato corto, sull’altra un passaggio cieco di Bergamasco è intercettato dal primo centro francese.

Nelle fasi ordinate non ci siamo comportati per niente male. In touche si pensava che avremmo pagato l’assenza di Bortolami, ma le rimesse laterali sono andate più che bene. In mischia difficile dire, si è passati da due grosse arate portate dai nostri ad altre invece dei francesi. La sensazione è sempre più che con queste regole ogni mischia ordinata sia una lotteria, in cui forse chi non introduce ha il vantaggio di non dover alzare la gamba per tallonare, perdendo per un istante un appoggio al centro del pacchetto.

Per il resto, gli interpreti scelti da Brunel non hanno tradito le aspettative. Ci si aspettava maggior dinamismo in mezzo al campo, e così è stato, con le corse di Minto ma soprattutto di Furno e pure di De Marchi in due occasioni. Contro questa Francia, comunque, si sapeva che sarebbe stata dura, e la sconfitta ci sta. Ora l’importante è mettere nel mirino la Scozia, che sta giocando ben peggio di noi e che deve ancora trovare la via della meta. Se teniamo questa intensità difensiva per tutti gli ottanta minuti, gli Highlanders avranno un bel da fare per metterci in difficoltà. Appuntamento all’Olimpico. Obiettivo vittoria.

Di Roberto Avesani @robyavesani

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