Italia: la reazione furiosa alla meta di Gordon è il segnale di una squadra mai così matura

Quante volte gli Azzurri si sono sciolti dopo un episodio sfavorevole? A Udine non è accaduto. Anzi, è successo l’esatto contrario: è questo l’esame di maturità che tutti volevamo vedere

Tommaso Menoncello durante Italia-Australia delle Quilter Nations Series 2025 (ph. Sebastiano Pessina)

Italia: la reazione furiosa alla meta di Gordon è il segnale di una squadra mai così matura (ph. Sebastiano Pessina)

È il 51′ di Italia-Australia: Manuel Zuliani piazza l’ennesimo placcaggio della sua partita, stavolta su Harry Wilson che cadendo perde il pallone. Carter Gordon lo raccoglie, salta Ioane e segna la meta del 19-12 in un Bluenergy Stadium ammutolito ed esterrefatto, perché quel pallone – vedendolo e rivedendolo – sembra cadere in avanti. Ma non siamo qui per discutere di decisioni arbitrali, perché ciò che conta è quello che è successo dopo. Perché è nei 29 minuti successivi che si è decisa questa partita.

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Questione di reazioni

Quante volte l’Italia si è sciolta dopo un episodio sfavorevole? Che fosse una decisione arbitrale controversa, un grave errore difensivo, un rimbalzo sfortunato. Senza andare troppo nel passato, basta citare un paio di episodi: nel Sei Nazioni 2023 l’Italia parte favorita contro il Galles, dopo pochi minuti prende una meta al limite dell’assurdo (Bruno e Allan vanno sullo stesso pallone, che rimbalza in maniera imprevedibile e sorprende tutti, Dyer ringrazia e segna) e va via di testa, regalando primo tempo e partita a dei gallesi tutto meno che trascendentali. Finirà 29-17. Sempre per restare in tema Australia, come dimenticare l’ormai celebre meta annullata a Tebaldi nel 2018 a Firenze: il punteggio era di 0-0 e fino a quel momento la squadra di O’Shea stava dominando, poi dopo quell’episodio assurdo (Gauzere non andò neanche al TMO, prendendo la decisione sul momento) gli Azzurri si sciolsero e finì 26-7.

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Per tornare a tempi più recenti, va ricordato quanto successo in Scozia nell’ultimo Sei Nazioni, in una partita a tratti simile per svolgimento a quella contro l’Australia: l’Italia soffre nel primo tempo, resta attaccata alla partita con i piazzati e nella ripresa pareggia, e a quel punto sposta l’inerzia del match dalla sua parte, tanto che l’impressione è che la squadra di Quesada possa davvero vincerla. Esattamente come successo a Udine. E proprio come a Udine anche a Edimburgo succede il fattaccio: in quel caso è un mix tra una grave distrazione difensiva (la classica “soft try” che l’Italia tende ancora a concedere ogni tanto) e un paio di ostruzioni nella stessa azione non ravvisate dall’arbitro. Fatto sta che Graham ne salta 4 di colpo, l’Italia prende meta nel suo momento migliore e cede mentalmente, subendone un’altra pochi minuti dopo da Huw Jones sbagliando 3 placcaggi in 5 secondi. Finirà 31-19.

Il cambio di copione

Alzi la mano chi, dopo la meta di Gordon, ha temuto di rivedere lo stesso copione. La reazione dell’Italia invece è stata completamente diversa, quasi inedita per la furia con la quale gli Azzurri hanno rimesso il pallone in gioco dopo aver subito quella che anche lo stesso Quesada considerava un ingiustizia. Nell’ultima mezz’ora di Udine si è vista un’Italia tra le più belle di sempre per furia agonistica, qualità del gioco e potenza dell’impatto fisico: l’Australia è stata completamente annichilita, dominata, resa incapace di reagire. Ci si sono messi anche i tifosi azzurri: prima una bordata di fischi dopo la decisione di Brace, poi mezz’ora di carica continua che ha reso il Bluenergy Stadium una bolgia.

Il placcaggio insensato di Suaalii su Garbisi è stato l’ennesimo segnale di una squadra che non ci stava più capendo niente, di fronte a un’Italia tanto arrabbiata quanto lucida. E sottolineiamo lucida: si può essere furiosi e perdere la testa, sbagliando nella foga di voler rimontare la partita, invece la squadra di Quesada ha giocato a un ritmo indiavolato ma con una consapevolezza da grande squadra, da big del rugby mondiale, ciò che gli Azzurri da 25 anni aspirano a diventare e che solo per brevi tratti sono riusciti ad essere. L’Italia era perfettamente presente a se stessa, l’Australia (una squadra che nei mesi precedenti ha battuto Lions, Sudafrica e Argentina, non i primi che passavano) non sapeva più da che parte girarsi. La partita l’Italia l’ha vinta nel momento in cui, dopo la meta di Gordon, ha rimesso il pallone al centro e ha ricominciato a giocare come prima, e meglio di prima.

Gonzalo Quesada, che è un tecnico tanto abile quanto umile, non lo ammetterà mai e darà il merito – anche giustamente – sempre e solo ai suoi giocatori, ma se questa Italia sta cambiando mentalità è innegabile che sia anche merito suo. Anche perché altre avvisaglie di questo tipo si erano già viste, come contro la Scozia nel 2024: il tecnico azzurro è riuscito a far fare un salto di qualità ai suoi giocatori anche dal punto di vista della mentalità, dell’identità, dell’approccio alle partite e della consapevolezza di essere una squadra che può ottenere dei risultati.

La prova del nove ci sarà sabato prossimo contro il Sudafrica. No, ovviamente nessuno chiede di vincere contro una squadra che in 14 e in trasferta ha appena umiliato la Francia. Ma in campo allo Juventus Stadium (che già l’anno scorso vide gli Azzurri proporre una delle prove più belle di sempre contro gli All Blacks) ci si aspetta una squadra altrettanto capace di rimanere in piedi, pur soffrendo, sotto i colpi che gli Springboks le assesteranno minuto dopo minuto. Intanto, però, ci godiamo un’Italia bella come non la vedevamo da tempo.

Francesco Palma

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