Perché R360 è un pericolo per il rugby come lo conosciamo adesso?

La “superlega” proposta da Tindall e compagnia appare ancora come un qualcosa di alieno rispetto al resto: in realtà non va per niente sottovalutata. Ecco perché

Perché R360 è un pericolo per il rugby come lo conosciamo adesso?

Perché R360 è un pericolo per il rugby come lo conosciamo adesso? (ph. Sebastiano Pessina)

In questi mesi R360 ha dato l’impressione di essere una realtà aliena, venuta da un altro pianeta. Forse perché Mike Tindall e compagnia l’hanno sparata talmente grossa che all’inizio pareva difficile credergli, forse perché l’idea della superlega nel calcio (dove poteva esserci terreno molto più fertile per un progetto del genere) era fallita miseramente e quindi sembrava impossibile che potesse funzionare nel rugby, un mondo che ha fatto fatica (e ancora non si è adattato del tutto) ad accettare realtà transnazionali come URC (e prima Pro14, Pro12 e Celtic League) e Super Rugby, o forse perché – com’è nella psicologia umana – tendiamo a minimizzare i pericoli quando ci si presentano davanti, come processo di autodifesa.

Si, perché R360, senza mezzi termini, è un pericolo per il già delicato ecosistema del rugby mondiale.

Cos’è R360?

Innanzitutto, qual è il progetto? Una superlega con 8 franchigie maschili e 4 femminili con giocatori provenienti da tutto il mondo, contratti milionari, eventi globali a tappe. Una sorta di “Gran Prix” itinerante, con squadre che nascono dal nulla e non hanno alcun legame con i territori. Tutto questo dovrebbe diventare fattibile grazie a una lunga serie di investimenti privati. Il progetto è stato ideato dall’ex internazionale inglese e campione del mondo Mike Tindall. Si parla di contratti annuali che possono andare dai 500.000 euro a 1,5 milioni. Addirittura a un All Blacks – del quale non è stato fatto il nome – sarebbero stati offerti 4 milioni all’anno per 3 anni, come riportato da Planet Rugby, Roar e tante testate neozelandesi. L’advisor e organizzatore finanziario è Oakvale Capital, una società specializzata in private equity e investimenti sportivi, incaricata di strutturare i finanziamenti, raccogliere i capitali e trasformare le promesse in liquidità concreta. Tutto il progetto si basa su investitori privati e su capitali provenienti da tutto il mondo: Regno Uniti, Stati Uniti e soprattutto Medio Oriente. Inoltre, non tutti i nomi dei finanziatori sono noti.

R360 ha cominciato già a spargere ai 4 venti i nomi di alcuni campioni che avrebbero già firmato dei pre-contratti: Henry Slade, George Ford, Jamie George, quattro Springboks non citati. E ne ha messi nel mirino altri, come Ardie Savea. A quanto risulta a OnRugby sarebbe stato contattato anche qualche giocatore italiano. La reazione di 8 delle 10 Federazioni Tier 1 è stata forte: chi accetta di giocare per R360 non potrà essere convocato in Nazionale, e tutte le Union (oltre all’Associazione Internazionale dei giocatori) hanno disconosciuto la cosiddetta “Rebel League”.

È altrettanto importante sottolineare che nessuno vuole colpevolizzare i giocatori, che giustamente si ritrovano davanti offerte con cifre mai viste prima e che legittimamente riflettono sulla possibilità di accettarle. Ma quello che rischia di saltare è l’equilibrio fragile del rugby mondiale: campionati già sotto pressione, federazioni in difficoltà e club storici che potrebbero perdere i loro talenti migliori. Inoltre, il rischio è che il rugby diventi usa e getta più di quanto non lo siano tutti gli sport che vivono principalmente delle Nazionali: magari il primo anno può essere divertente vedere un dream team con Savea, Slade, Ford contro chissà quali altri giocatori in una serie di sfide più da playstation che da mondo reale, ma il secondo anno? Il terzo? La gente va allo stadio per vedere delle Nazionali che sono un simbolo. E allo stesso modo la gente riempie l’Aviva Stadium (o addirittura Croke Park) perché Leinster-Munster è una sfida che ha una storia. La gente vuole vedere gli All Blacks, il Sudafrica, l’Inghilterra: che giochino Savea e Kolisi, che giochino un Sititi e un Wiese, che giochi Tizio o Caio fa la differenza solo fino a un certo punto. Il rischio è che R360 e il rugby internazionale si pestino i piedi a vicenda, portando al fallimento del primo e al grave indebolimento del secondo.

E se i soldi finiscono?

Prima ancora delle questioni puramente sportive c’è un primo problema: tutti questi fondi hanno dato garanzie per 2 o 3 anni. E poi? Il progetto presentato a World Rugby non ha garanzie che vadano oltre questo periodo di tempo. Per quanto riguarda le Federazioni, invece, nemmeno sono state contattate come spiegato dal comunicato congiunto pubblicato da 8 delle 10 Union Tier 1, tra le quali l’Italia. Totalmente ignorate, come fossero uno sfondo o – peggio – un ostacolo al progetto. Al momento, R360 sembra più il classico giocattolino in mano a chi vuole divertirsi con lo sport e poi buttarlo via quando non serve più che un vero e proprio progetto con l’obiettivo di cambiare il mondo del rugby: come un luna park ambulante che arriva di città in città, ruba tutta l’attenzione, fa chiudere i teatri e le piazze storiche e quando se ne va non rimane più nulla, solo bottiglie vuote e cartelloni strappati. Se i soldi finiscono o gli sponsor si tirano indietro, R360 rischia un collasso immediato lasciando i giocatori senza squadra, con contratti milionari firmati e non rispettati e promesse non onorate.

L’impatto di R360 sull’ecosistema rugby

L’altro aspetto fondamentale riguarda il funzionamento dell’ecosistema rugby in questo momento. In tutti i Paesi la base è fortemente legata al territorio, e in quelli anglofoni anche alle scuole. Man mano che si sale e si arriva al professionismo tutti i progetti diventano propedeutici a un obiettivo: il rugby internazionale, che attira le persone – anche i meno appassionati – e che di fatto rappresenta l’ancora di salvezza delle Federazioni. Un esempio su tutti: nel 2023 la Federazione Irlandese disse pubblicamente che il non aver giocato i test autunnali (poiché c’era il Mondiale) aveva causato loro notevoli danni economici, considerando che nelle Autumn Nations Series l’Irlanda gioca 3 o 4 partite facendo sempre sold out a Dublino. I campionati nazionali faticano: l’Inghilterra blocca le retrocessioni ogni 2×3, le altre leghe europee e il Sudafrica sono riuscite a formare un modello sostenibile (l’URC) unendosi tra loro, così come avviene nel boccheggiante Super Rugby dell’Emisfero Sud, mentre la Francia è l’unico Paese ad avere un campionato che può permettersi di fare le pulci alle Nazionali, anche se il rischio che il modello francese imploda su se stesso non è ancora scongiurato, considerando che 10 delle 14 squadre del Top 14 sono in perdita. Il rugby, come buona parte degli sport che non siano il calcio, si basa principalmente sulle Nazionali e sui grandi eventi: R360 demolirebbe pezzo per pezzo questo sistema per costruire una serie di eventi brevi, televisivamente accattivanti ed economicamente remunerativi (solo per loro, e per i circa 200 giocatori che parteciperanno) svuotando di senso (e di campioni) i vari campionati e lasciando le briciole agli altri. R360, di fatto, renderebbe il rugby sostenibile per poche centinaia di persone in tutto il mondo.

L’impatto sul rugby di base sarebbe devastante. Rimaniamo sull’esempio dell’Irlanda, uno dei modelli più rinomati tra le Federazioni che seguono il sistema delle franchigie: si parte dal territorio, si sale verso le 4 franchigie che rappresentano il sogno di tutti i ragazzi irlandesi, e le 4 franchigie a loro volta sono propedeutiche all’attività della Nazionale Irlandese che porta vittorie, stadi pieni e quindi soldi. Questo vale per quasi tutti i sistemi, compreso quello italiano. Se R360 arriva di forza e si mangia gran parte della torta con questi pseudo-eventi, le competizioni nazionali o transnazionali (che già fanno fatica) senza i top player e senza l’importanza sportiva che avevano prima rischiano un ulteriore calo di qualità, audience e ricavi, indebolendo a loro volta l’intera filiera, perché sotto le franchigie ci sono i club, e poi i club più piccoli, e le scuole. Tutti sarebbero travolti dalla tempesta.

E il rugby femminile?

Oltre a 8 franchigie maschili, R360 prevede anche la presenza di 4 franchigie femminili. Veniamo dal Mondiale femminile più seguito di sempre, con un Twickenham strapieno per la finale, un successo mai visto e con World Rugby che già guarda ad Australia 2029 per provare a battere ulteriormente i record di quest’anno. Dietro questi successi, però, c’è un movimento che sta provando ad emergere in maniera organica con tantissima fatica: dietro le Top 4 (Inghilterra, Canada, Nuova Zelanda e Francia, quest’ultima con più fatica delle altre) il mondo femminile è quasi totalmente dilettantistico, con molte Federazioni (tra le quali l’Italia) che garantiscono dei contratti alle giocatrici di interesse nazionale. L’obiettivo dichiarato e fare in modo che quante più squadre e quante più ragazze possibile possano giocare a rugby in modo professionale, garantendosi un futuro in questo sport: R360 demolirebbe questa strada, spostando attenzione mediatica e soldi su 4 squadre (e quindi su un centinaio di ragazze o poco più) mentre il resto del movimento femminile dovrebbe accontentarsi delle briciole, rimanendo senza risorse e visibilità.

Francesco Palma

Per essere sempre aggiornato sulle nostre news metti il tuo like alla pagina Facebook di OnRugby e/o iscriviti al nostro canale Telegram.
onrugby.it © riproduzione riservata

Cari Lettori,

OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.

Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.

item-thumbnail

L’ex Wallabies Nick Cummins ha salvato la vita a una bambina di 3 anni

Il racconto è stato reso pubblico prima dalla nonna della bimba, poi dai giornali australiani

7 Ottobre 2025 Terzo tempo
item-thumbnail

Peter O’Mahony: “Rassie Erasmus è un dittatore completamente pazzo con un lato emotivo straordinario”

Al podcast The Good, The Bad and The Rugby l'ex terza linea irlandese ha raccontato diversi aneddoti sui periodo in cui i due hanno lavorato insieme a...

6 Ottobre 2025 Terzo tempo
item-thumbnail

World Rugby ha approvato nuove linee guida sul carico di lavoro per i giocatori

Non più di 30 partite a stagione, almeno cinque settimane di offseason e almeno 12 settimane senza contatto all'anno

1 Ottobre 2025 Terzo tempo
item-thumbnail

World Rugby Ranking: cambia ancora la classifica dopo il Rugby Championship e gli spareggi mondiali

Le partite del weekend modificano ulteriormente la graduatoria che a dicembre stabilità le fasce dei sorteggi

28 Settembre 2025 Terzo tempo