Il tecnico dello staff azzurro racconta gli aspetti chiave dai quali ripartire

Italia, il coach della difesa Iannucci: “Parlare solo di conquista e piede non ha senso. Bisogna lavorare sulla consapevolezza”
Italia-Brasile, ultimo atto del Mondiale delle Azzurre. Un Mondiale che finirà troppo presto rispetto agli obiettivi, ma che – come spiega l’allenatore della difesa Francesco Iannucci dopo il captain’s run di Northampton – non va affrontato come un fallimento ma come un’opportunità di crescita. A cominciare proprio dall’ultima sfida con le Yaras, che a dispetto dell’aritmetica eliminazione ha eccome un senso per il tecnico: “Si parla di una partita che non conta. Per me è un discorso un po’ abusato. Giocare una Coppa del Mondo è un grande onore e prendersi il diritto di competere non è scontato”.
“Credo che dovremmo aggiustare tutti quanti la premessa con cui approcciamo il discorso: le partite del Mondiale raccontano tutte un percorso, raccontano tante storie individuali di tante ragazze che stanno indossando la maglia, e anche di quelle che in quel momento non sono in campo. Ogni partita racconta il percorso e la costruzione di una legacy, di un’eredità, sia focalizzata su ciò che faremo nella prossima partita sia su tutte coloro che dopo questo Mondiale si volteranno indietro e troveranno un percorso. La sfida di motivare a squadra è una sfida non solo tecnica e non riguarda solo la singola partita, ma riguarda un patrimonio che riguarda tutta la Nazionale: se siamo bravi e intelligenti a rispettare questo patrimonio e valorizzarlo la motivazione viene da sé” prosegue Iannucci.
Il tecnico poi è sceso nei dettagli di quelli che sono stati gli aspetti del gioco che più hanno creato problemi alle azzurre, ovvero la conquista e il gioco al piede: “Il rugby femminile si sta evolvendo velocemente, e per me c’è sempre un rapporto tra evoluzione del gioco e delle competenze delle giocatrici. Non bisogna però analizzare a compartimenti stagni questi aspetti, parlando ‘solo’ della conquista e ‘solo’ del gioco al piede, perché credo sia fuorviante per un’analisi complessiva”.
“La nostra sfida – prosegue Iannucci – è legata a dove vogliamo portare la squadra e come vogliamo esprimere il nostro DNA: sicuramente serve avere il pallone, e di conseguenza la conquista è fondamentale, ma questa conquista si può ottenere in modi diversi in base a ciò che vuoi fare in campo e alle tue caratteristiche. Allo stesso modo, è importante calciare e il modo in cui calci è anche un indicatore del fatto che il tuo gioco sia efficace o meno, ma anche qui non dobbiamo parlare di gioco al piede in maniera isolata: dobbiamo cercare la strada più efficace per utilizzarlo al meglio e soprattutto lavorare sulla consapevolezza, sul capire come alternare nel modo migliore mano e piede”.
Infine, Iannucci si concentra su un’ultima parola chiave: “Responsabilità. Parlo della responsabilità di ragazze straordinarie, di uno staff e di un movimento che si focalizzano sull’onorare la maglia. Non è un discorso retorico, ma di competenze. Di queste ragazze si parla troppo emotivamente e troppo poco di competenza, ma il modo in cui il gioco sta crescendo dimostra un grande miglioramento delle competenze. Poi è nostra responsabilità come staff lavorare affinché queste competenze crescano nel modo migliore possibile”.
Francesco Palma
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