L’ex coach dei Bulls e del Sudafrica campione del mondo nel 2007 è un grande estimatore degli storici rivali, ha molti dubbi sull’attuale gestione della squadra neozelandese

Rugby Championship, Jake White: “All Blacks, dove siete finiti? L’aura è svanita” ph. Ettore Griffoni
Il Rugby Championship 2025 sta vedendo crollare record consolidati nel tempo, prima la vittoria roboante dell’Australia a Johannesburg dopo 62 anni, poi il primo successo dei Pumas in casa di fronte agli All Blacks.
Ad analizzare questo particolare momento storico è Jake White, grande estimatore del rugby neozelandese, ma soprattutto tecnico di comprovata esperienza internazionale, nonché campione del mondo con gli Springboks nel 2007.
La criticità attuale è palpabile: troppe domande restano senza risposta, da mesi: “Reiko Ioane è ala o centro? La coppia Jordie Barrett–Billy Proctor funziona? Ardie Savea è un numero 8 o un flanker? Scott Barrett è il capitano giusto? E Beauden guiderebbe gli All Blacks al Mondiale 2027? E ancora: Scott Robertson era il successore ideale di Steve Hansen? La sua nomina prima del Mondiale 2023 è stata gestita secondo i tradizionali standard All Blacks? si interroga White.
Se i nodi sono tanti e tutti da sciogliere, almeno per il torneo attualmente in corso, la Nuova Zelanda mantiene intatte le speranze di vittoria, che però dovranno passare necessariamente da due prove di qualità contro gli Springboks nel secondo turno.
Jake White: “Per me, gli All Blacks sono sempre stati il punto di riferimento”
È una dinamica già vista, sostiene White, che ricorda quanto avvenne sul finire degli anni 90 con Taine Randell e Sean Fitzpatrick: la mancanza di una transizione fluida ha compromesso la legacy della squadra.
Ma è anche il commento dell’ex mediano All Black Justin Marshall a suonare l’allarme più forte: “Il sangue, il sudore e le lacrime profuse per mantenere ferrea la striscia di vittorie in 35 anni di test match contro l’Argentina si sono dissolti in cinque anni.” Un dettaglio che non toglie nulla ai Pumas e gli rende merito, nonostante il “dramma” per il pubblico neozelandese.
“Per me, gli All Blacks sono sempre stati il punto di riferimento per quanto riguarda il modo corretto di fare le cose nel rugby – ha commentato il coach sudafricano – Quando Tana Umaga ha appeso gli scarpini al chiodo, la sua cerimonia post-partita ha visto Sir Jock Hobbs, Wayne Graham e altri grandi campioni ringraziarlo per il suo contributo al rugby degli All Blacks. Sedendo lì come allenatore ospite, era sintomatico di come facessero le cose nel modo giusto.”
Jake White: “Il sistema New Zealand Rugby deve ritrovare le sue radici”
White poi dice la sua sulla fase transitoria della federazione neozelandese: “Ecco, forse è arrivato il momento di fermare il bus e riavviare il motore: fare un passo indietro per tornare avanti, e ritrovare l’aura perduta. Non può essere tutta sulle spalle di Robertson: il sistema New Zealand Rugby deve ritrovare le sue radici, come facevano i grandi Sir Brian Lahore, Jock Hobbs, BJ Williams, Sir Graham Henry. Pensiamo all’esempio calcistico del “boot room” del Liverpool: così si costruiscono dinastie basate sul ricambio, non sulle personalità.”
Infine, White riconosce lo spettacolo che questo Rugby Championship sta regalando: quattro squadre in corsa, Argentina splendida, l’Australia ritrovata. Eppure, tutto converge ancora una volta su Eden Park: non un semplice stadio, ma la sede di un’eterna sfida tra regine mondiali, nel grande teatro del rugby.
Cari Lettori,
OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.
Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.