Muliaina, Wilson e Marshall sono preoccupati per la piega che sta prendendo il rugby professionistico

R360: per tre ex All Blacks la nuova lega sarà un “punto di svolta” ph. Sebastiano Pessina
La nuova lega R360, sostenuta da Mike Tindall e da enormi capitali che vogliono attrarre i più forti giocatori del mondo, continua a suscitare polemiche anche da parte di tre ex leggende degli All Blacks.
Fra questi c’è il centurione Mils Muliaina, ex giocatore dei Chiefs e delle Zebre, ha dichiarato di essere “preoccupato” per la piega che sta prendendo il rugby moderno professionistico.
“È sicuramente un punto di svolta. Un paio di mesi fa, si pensava che non sarebbe mai decollato. World Rugby sarà preoccupato e lo saranno anche i campionati. Hanno ingaggiato alcuni giocatori. “Il problema sarà la finestra in cui si svolgerà. Durante il Super Rugby, quando? Se fossi World Rugby, sarei davvero preoccupato in questo momento” ha detto a The Breakdown.
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Tre ex All Blaks mostrano dubbi sulla nuova lega R360
Concorda con Mils Muliaina anche Jeff Wilson: “Questo devasterebbe praticamente ogni competizione in tutto il mondo. Si parla di giocare contemporaneamente al Top 14, alla Japan Rugby League One, al Super Rugby. Se vuoi avere credibilità, cerchi di prendere il meglio dalla Nuova Zelanda, dal Sudafrica e dall’Australia. Questo è un problema che la World Rugby dovrà affrontare, ed è probabilmente la prova più dura del professionismo”.
Wilson ha aggiunto: “È una minaccia credibile? È una questione di soldi. Ora sono i giocatori ad avere voce in capitolo e a determinare dove sarà il loro futuro. Diranno: ‘Realisticamente, diventerò mai un All Black o sono un giocatore marginale? Ecco la mia grande opportunità di giocare 16 partite all’anno'”.
Justin Marshall la pensa alla stessa maniera e lo paragona al golf, dove diversi tra i migliori giocatori hanno lasciato il PGA Tour per unirsi al LIV Golf, sponsorizzato dall’Arabia Saudita, con contratti da capogiro: “Avrà un impatto enorme sul rugby internazionale. Le differenze tra i Mo’unga che se ne vanno e i Jordie Barrett che tornano. Sì, guadagnano bene, ma non così tanto. Si assicurano un futuro come hanno fatto i golfisti. Alla fine, sanno ancora di poter giocare a livello competitivo, ma sanno di non dover più preoccuparsi dei soldi”.
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