Il capo allenatore sul capitanato a Nicotera e nuovi leader da far emergere

Gonzalo Quesada- ph. Sebastiano Pessina
Dal ritiro de L’Aquila, dove la nazionale maggiore prepara i test estivi contro Namibia e Sudafrica, Gonzalo Quesada è tornato a parlare del percorso che aspetta l’Italia nelle prossime tre settimane.
“Il nostro obiettivo principale è la Rugby World Cup 2027 – ha detto il capo allenatore argentino degli Azzurri – Analizzando la situazione ci siamo resi conto che continuare a far giocare sempre gli stessi giocatori poteva comportare una difficoltà per questi atleti già l’anno prossimo e in più poca profondità e poche soluzioni per il mondiale.”
“Abbiamo quindi trasformato quella che poteva essere una mini-crisi in una opportunità. Rispettiamo molto questa tournée contro i migliori al mondo, il Sudafrica, e contro la Namibia, che sarà tostissima da affrontare a casa sua, ma dobbiamo dare le opportunità di emergere ad altri giocatori, ma soprattutto ad altri leader.”
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Il tema della leadership è quello centrale: “Il leader abituale di questo gruppo rimarrà a casa. Il leader della rimessa laterale, Federico Ruzza, rimane a casa. Il leader della difesa, Nacho Brex, anche. Il leader abituale dell’attacco, Paolo Garbisi, rimarrà a casa. Sono tutti ruoli dove chi solitamente è abituato ad accompagnare i leader nel loro lavoro deve prendersi delle responsabilità in prima persona.”
“È un qualcosa che mi piace tantissimo, è quello che amo del mio lavoro perché ha a che fare con la psicologia dello sport, la dinamica dei gruppi, la gestione delle squadre.”
Toccherà al tallonatore triestino dello Stade Français Giacomo Nicotera, che compirà 29 anni pochi giorni dopo la fine della tournée, essere uno dei deputati a trasformarsi in guida del rinnovato gruppo azzurro.
“Per me, dal momento che gli altri potenziali capitani non sono con noi, non c’era nessun dubbio che la miglior opzione per questa squadra fosse quella di Giacomo Nicotera come capitano – ha detto ancora Quesada – Il mio solo dubbio era che lui non se la sentisse, o che essendo un giocatore che vuole sempre dare tanto alla squadra questa diventasse una responsabilità ingombrante, che potesse fargli sentire un peso che non lo facesse esprimere naturalmente.”
“L’ho chiamato e ne ho parlato con lui per assicurarmi che sia quello che deve essere: un motivo d’orgoglio, continuando a essere sé stesso senza cambiare molto. Mi ha fatto capire che il ruolo gli sarebbe piaciuto e che era orgoglioso di farlo.”
“Tanti immaginano che il ruolo di leader sia quello di chi parla, di chi prende la parola e pensa a cosa dire. Ma non sono le parole a fare un leader, è più quello che fa di quello che dice. E chi parla poco, quando parla si fa sentire molto di più di chi parla tutto il tempo.”
Infine, uno sguardo alle sfide del 27 giugno a Windhoek, capitale della Namibia, del 5 luglio a Pretoria e del 12 luglio a Gqeberha, la fu Port Elizabeth, contro gli Springboks: “Questa tournée è difficile da preparare. Come sempre abbiamo poco tempo, ma a novembre e per il Sei Nazioni i giocatori arrivano con il ritmo partita dal club, noi dobbiamo solo lavorare sul nostro gioco. Ora invece abbiamo giocatori che arriveranno alla partita con la Namibia con 5, 6 settimane senza giocare.”
“La sfida è lavorare nell’intensità, con un allenamento il più possibile simile alla partita sotto questo punto di vista, lavorando anche sulla precisione che devono avere il nostro gioco e la nostra difesa.”
“Dopo la Namibia giocheremo contro il Sudafrica. Come se non fosse già abbastanza difficile così, li affronteremo a Pretoria, in altitudine. Abbiamo fiducia in questo gruppo: può dimostrare di essere la miglior squadra italiana possibile per queste partite, sono i giocatori nelle migliori condizioni per queste specifiche gare. Faremo onore a questo gruppo e a quello che abbiamo deciso di rappresentare come squadra.”
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