Il momento più importante nella carriera di Finn Russell

Dopo la vittoria della Challenge Cup, altri obiettivi attendono il mediano di apertura scozzese

Finn Russell (ph. Sebastiano Pessina)

Finn Russell – ph. Sebastiano Pessina

Venerdì sera, mentre i giocatori del Bath ululavano la propria gioia al cielo, tra cori, balli ed esultanze susseguenti alla premiazione della squadra vincitrice della Challenge Cup, il numero 10 del club inglese, Finn Russell, era in disparte sul prato del Millennium Stadium di Cardiff, intento in una chiacchierata con il capo allenatore Johan van Graan.

Entrambi sembravano felici, ma non particolarmente euforici. Entrambi, probabilmente, consapevoli che il loro cammino ha centrato un risultato parziale in un cammino che ha altri obiettivi.

Il Bath si augura di giocare ancora tre partite in questa stagione. Una a Londra in casa dei Saracens il prossimo 31 maggio, l’ultima e ininfluente gara della stagione regolare di Premiership. Poi la semifinale in casa contro la quarta classificata il 6 giugno e, infine, l’eventuale finale del 14 giugno a Twickenham.

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Per Finn Russell i prossimi tre mesi sono tra i più importanti della sua carriera. La vittoria della Challenge Cup è rilevante, essendo solo la seconda competizione vinta dallo scozzese, dieci anni dopo la vittoria dell’allora Pro12 con i Glasgow Warriors. All’orizzonte, però, lo attendono sfide in grado di definire la sua figura all’interno della storia recente del gioco: la possibilità di vincere la Premiership e il tour dei British & Irish Lions, in cui parte da favorito per indossare la maglia numero 10 nella serie contro i Wallabies.

Nessuno può mettere in dubbio che Russell sia uno dei mediani di apertura più forti della sua generazione. Un giocatore che ha incarnato il rinascimento rugbistico scozzese dell’ultimo decennio, che ha guidato i Warriors a quell’improbabile titolo di Pro12 e poi il Racing 92 ai massimi livelli, pur senza mai vincere un trofeo.

In questa parte finale della sua carriera, però, il 32enne può assurgere a uno status più alto di quello di cocco dei media, come lo aveva dispregiativamente apostrofato Johnny Sexton, livido per essere rimasto fuori dallo scorso tour dei Lions al posto del rivale.

Perché fin qui, in ogni caso, le parole di Sexton hanno un fondo di verità: Finn Russell è un giocatore particolarmente amato da stampa e tifosi per la sua capacità inventiva e visionaria. Quello del tunnel sotto le gambe del giocatore del Munster in Champions Cup, quello del passaggio nel futuro a Huw Jones nella Calcutta Cup, quello che manda in meta i compagni usando i piedi come fossero mani.

Nel corso degli anni Russell è cambiato profondamente. La finale di Challenge lo dimostra, come le ultime uscite con la Scozia. Non è più il giocatore che si prende rischi eccessivi nel proprio campo, cercando sempre il modo di far uscire il coniglio dal cilindro. È la sua fase saggia, quella dove gestisce l’intera partita con consumata lucidità, si mette a totale disposizione in difesa, è oculato nel gioco tattico al piede.

Questa sua nuova concretezza ha un obiettivo: mettere in bacheca qualche altro trofeo e togliersi di dosso l’etichetta del giocatore divertente, ma poco solido. Tutto fantasia, ma poco ordine. I prossimi mesi definiscono il posto che potrà prendere nel libro dei grandi.

Lorenzo Calamai

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