Caos Galles, parlano Warren Gatland e Alun Wyn Jones

L’allenatore e l’ex capitano hanno fatto chiarezza su alcuni temi scottanti.

warren gatland

Warren Gatland Ph. Sebastiano Pessina

Le notizie che arrivano dal Galles hanno fatto il giro del mondo ovale. La grande risonanza causata dal possibile sciopero dei giocatori della nazionale ha costretto la Welsh Rugby Union a correre ai ripari.

I giocatori più esperti hanno incontrato l’amministratore delegato ad interim della WRU, Nigel Walker mercoledì pomeriggio, un meeting in cui è stato comunicato che il nuovo modello finanziario e contrattuale proposto è ciò che sarebbe necessario per rendere il gioco sostenibile.

Nella stessa riunione, secondo quanto riferito, i giocatori hanno dato ai vertici del rugby gallese una scadenza precisa: mercoledì prossimo è il giorno deputato per risolvere il pasticcio dei contratti.

Sono state fatte anche tre richieste; eliminare la regola dei 60 caps, rimuovere l’elemento variabile fissa dai contratti che rappresenta il 20% degli stipendi, e dare ai giocatori un posto alle riunioni di consiglio del rugby professionale.

Ha fatto seguito una conferenza stampa indetta oggi, proprio a ridosso della dichiarazione shock di un possibile sciopero in occasione di Galles-Inghilterra, valevole come terzo turno del Sei Nazioni 2023.

A presentarsi davanti ai microfoni sono stati Warren Gatland e Alun Wyn Jones che hanno risposto alle domande dei giornalisti sui temi più scottanti emersi nelle ultime ore sui media.

Leggi anche: Galles: i giocatori minacciano un clamoroso sciopero contro l’Inghilterra

La situazione dei giocatori e la regola dei 60 cap

A Gatland è stato chiesto subito dell’affermazione di un giocatore anonimo secondo cui lo stress della situazione lo ha costretto ad assumer antidepressivi.

La risposta del coach è netta. “Non ne ho idea. Non conosco le condizioni mediche dei giocatori. Se è così, siamo qui per sostenerli il più possibile – Per poi aggiungere – Non mi aspetto che lo staff medico me lo dica, sarebbe una violazione della riservatezza”.

Poi la questione è passata sul momento generale del rugby professionistico gallese e Gatland ha risposto: “Penso che sia una responsabilità collettiva. Ho sottolineato per un certo numero di anni che i giocatori hanno bisogno di una voce più forte. Cose come la regola dei 60 cap influiscono su di loro. Speriamo che si arrivi a un punto in cui ci sia una voce più forte intorno al tavolo. È deludente che non siamo stati in grado di trovare un accordo.”

Lo sciopero, ipotesi reale o no?

Infine è arrivato il momento di Alun Wyn Jones, che ha rappresentato il gruppo degli atleti pur non essendo ufficialmente il capitano della squadra.

Alla domanda se lo sciopero è una reale possibilità ha risposto: “Suppongo che sia difficile da negare, ma è l’ultima opzione. Se tratti le persone abbastanza male abbastanza a lungo, arrivi dove siamo arrivati noi. Siamo molto fortunati con quello che facciamo, ma se questo fosse un’altro settore lavorativo,faremmo questo? Non è bello vedere ragazzi di 20 anni che non sono sicuri del loro futuro.”

Alun Wyn Jones ha fatto intendere che la minaccia è reale, ma insiste che l’ultima cosa che i giocatori vogliono fare è non giocare. Conferma che i giocatori vogliono avere voce in capitolo nelle questioni chiave che li riguarderanno in futuro, e Gatland ha appoggiato la squadra, sostanzialmente confermando questa esigenza di maggiore coinvolgimento.

Infine, imbeccato su cosa serva per evitare lo sciopero, ha risposto:

“Abbiamo discusso della regola 60 cap e delle aree di stipula dei contratti. So che ci sono delle aree finanziarie della WRU che devono essere riequilibrate. Alla fine la cosa si sta muovendo adesso perché il dialogo finalmente è arrivato. Abbiamo forzato le nostre preoccupazioni in modo più disordinato di quanto avremmo voluto, ma noi vogliamo solo giocare a rugby”.

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