URC: dobbiamo parlare dei Lions

Sono considerati la più debole delle franchigie sudafricane, ma stanno mettendo a ferro e fuoco Scozia e Galles

lions united rugby championship

URC: Lions – ph. Luca Sighinolfi

Tre vittorie in quattro partite, sconfitti solo dai compatrioti dei Bulls.

Sulla carta i Lions di Johannesburg dovrebbero essere la più debole delle franchigie sudafricane, ma il loro trittico di vittorie in trasferta in Scozia e Galles, sulle spalle di una generazione di giovani speranze del rugby bokke è una delle notizie principali di questo avvio di United Rugby Championship.

Gli Ospreys sono caduti 27-28 per una meta trasformata a 10′ dalla fine dell’incontro, segnata da Edwill van der Merwe, giocatore 26enne per certi versi simile a Kurt Arendse: trequarti ala sotto il par in quanto a dimensioni fisiche, ma con doti atletiche di esplosività, rapidità e capacità di evasione rare.

All’Arms Park, Cardiff è uscita strapazzata 18-31 subendo tutte e 4 le mete marcate dai Lions nella ripresa. Il primo tempo si era chiuso 13-3 per i gallesi, ma i secondi 40′ sono stati totalmente travolgenti.

Ultima nella lista delle vittime della squadra di Johannesburg è Edinburgh, la più quotata delle franchigie europee affrontate finora.

Nella capitale scozzese i padroni di casa sono caduti 19-22 sotto i colpi dei sudafricani, guidati dalla prestazione magistrale di Henco van Wyk, secondo centro classe 2001, già Junior Springbok Player of the Year 2021, ovvero miglior U20 dello scorso anno.

Il giovane van Wyk è la perfetta incarnazione del DNA dei Lions, franchigia che nel sistema sudafricano rappresenta una sorta di equivalente di quello che spesso è stato il Connacht per l’Irlanda, ovvero la squadra dedita allo sviluppo dei giovani talenti e dei giocatori di seconda fascia, che determinano la qualità nella profondità di un movimento.

Centro di dimensioni fisiche compatte, van Wyk associa alle qualità di placcaggio, recupero del pallone e combattimento tipiche di un numero 7 alle raffinate letture difensive di un numero 13. Gran parte del suo repertorio è fatto di numeri difensivi di grande qualità, come ha dimostrato nel prodigioso recupero su Darcy Graham nella partita di Edimburgo, ma sta incominciando a mettere su ottimi numeri anche sul fronte offensivo.

Accanto a lui, i Lions hanno portato alla ribalta altri giocatori di prospettiva: il numero 10 Gianni Lombard è un giocatore eclettico, anch’egli sottodimensionato per gli standard odierni, nato come estremo o ala ma in progressiva transizione verso il numero 10 dopo aver giocato una stagione in Giappone; il terza centro classe 1999 Francke Horn ha segnato 3 mete nelle ultime 3 gare; il gigantesco flanker 19enne Ruan Venter ha preso a badilate il Lion (ma nel senso di British & Irish Lions) Hamish Watson per tutta la sera e può giocare sia in seconda linea che come numero 6 (7 per i sudafricani).

Insomma, i Lions sono una delle squadre più in forma del momento, sulle spalle di una serie di giocatori sconosciuti ai più ma che stanno dimostrando le loro qualità, imponendosi in un campionato tosto come lo URC e dimostrando di essere pronti a lasciare la squadra di Johannesburg per approdare in più prestigiosi (e remunerativi) lidi. Perché questa d’altronde è sempre stata la storia della franchigia: una forgia di talenti nati per lasciare la terra patria e diventare qualcuno nel grande teatro del rugby mondiale.

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