La «Best Practice» di una piccola realtà anglosassone divenuta una delle roccaforti del talento ovale

Ne abbiamo parlato con Francesco Dimundo, Strength and Conditioning coach per Worcester e ricercatore presso la Birmingham City University

Francesco Dimundo in cattedrs

Ph. Francesco Dimundo facebook

Dopo il triplice articolo della scorsa primavera, dedicato all’identificazione ed alla crescita del talento in UK, siamo tornati a parlare con Francesco Dimundo, Strength and Conditioning coach per Worcester Warriors RFC e ricercatore presso la Birmingham City University (lavorando all’Identificazione e crescita del Talento) per sviscerare i dettagli del progetto quadriennale – sul suddetto tema – che sta conducendo con i Worcester Warriors di Premiership.

Francesco, come e dove è scaturita la necessità di questo progetto?

“Nel Regno Unito, come in tutto il mondo anglosassone, il pianeta del rugby ha un approccio “sistemico” all’allenamento, difficile da riscontrare in altre realtà.

La “mission” fondamentale di World Rugby è il miglioramento a 360° del gioco del rugby attraverso l’accrescimento della partecipazione dei giovani e tramite l’aumento della competitività dei giocatori su una scala temporale a lungo termine. Per questo motivo, la Rugby Football Union per mantenere la propria posizione di alto livello mondiale nel rugby, si è posta come target principale quello di identificare, formare e far crescere sul proprio suolo giocatori talentuosi. Per fare ciò, la RFU non ha solo investito ingenti risorse economiche destinando fondi, in maniera diffusa sulle diverse aree geografiche e sui club della nazione ma recluta da anni i migliori tecnici in grado di gestire questo capitale umano organizzando progetti efficaci nella selezione e crescita dei talenti.

In questa accezione, il termine “talento” non si riferisce esclusivamente a quelle capacità innate che un giocatore possiede dalla nascita, bensì il termine va inteso come la “potenzialità di un giocatore di arrivare a firmare un contratto professionistico” nell’arco di un determinato periodo di crescita. Perciò, per continuare a confermare tale posizione, la RFU adotta da anni (ormai quasi più di un ventennio) un sofisticato sistema di identificazione e sviluppo dei talenti che viene rimodellato periodicamente sulla base delle già collaudate e più recenti scoperte scientifiche nel settore delle scienze sportive”.

Dove si collocano, in questo meccanismo, quindi, i suoi Warriors?

“Questo ‘modello forgia talenti’ inglese e, soprattutto, questo binomio collaborante mondo dello sport e mondo della ricerca scientifica, ha permesso ad un Club “minore” di Premiership come i Worcester Warriors, di finanziare, in collaborazione con la Birmingham City University, un progetto innovativo per l’identificazione e la crescita del talento nel rugby. Iniziato nel 2018, si propone di creare un framework per adattare alla “piccola” (ma professionistica) realtà rugbistica anglosassone situata nelle Midlands inglesi, le direttive generali inviate dalla RFU.

L’innovativa collaborazione fra il piccolo Club di Premiership e l’Università di Birmingham, nasce con l’obiettivo specifico di identificare e studiare i fattori principali che determinino la progressione dei giovani giocatori all’interno dell’accademia (dagli U15 fino alla Senior Academy [U21-23]), al fine di ottimizzare i processi di selezione e crescita dei giovani Warriors. Questa ricerca, seppur non ancora conclusa, ha già prodotto un vero e proprio “modello del talento Worcester Warriors” che ha permesso al Club di ottimizzare la crescita dei giocatori tanto da potenziare, in maniera quasi sistemica, un circolo virtuoso con le accademie di diverse nazionali. Infatti, nel corso degli ultimi anni numerosissimi giovani Warriors hanno ricevuto la chiamata dalle squadre delle rispettive nazionali. Il risultato non è stato solo motivo d’orgoglio per il piccolo Club rugbistico inglese, divenuto una “roccaforte del talento rugbistico fra gli umidi boschi dello Worcestershire”, ma ha anche attirato l’attenzione della stessa RFU, smentendo l’unicità del paradigma “più soldi, più potenzialità di successo”.

Infatti, per quanto riguarda le risorse economiche i Warriors non navigano nell’oro. L’eccezionale novità del progetto è tutta qui: Worcester, pur mantenendosi nel framework nazionale delle line guida della gestione degli atleti, ha provato a sperimentare – in modo rivelatosi proficuo – un proprio modello di identificazione e sviluppo del talento (un sistema nel sistema, per intenderci)”.

Quali sono stati i risultati?

“Ho iniziato il progetto con lo studio dei modelli di identificazione e sviluppo del talento rugbistico più utilizzati nei Club professionistici internazionali, poi confrontati con quello inglese al fine di avere delle “linee guida” affidabili e basate su un metodo scientifico. Questo ha rappresentato il primo vero step della ricerca che costituisce la base nozionistica e tecnico-teorica dell’iniziativa. Questa parte della ricerca è stata, tra le altre cose, pubblicata internazionalmente e presentata a diverse conferenze europee (qui il link per accedere al materiale).

Gli step successivi del progetto di ricerca e crescita del talento nel rugby hanno quindi definito quali caratteristiche sono più rilevanti nella categoria giovanile U15 e hanno messo in luce i più ricorrenti bias (gli errori/le criticità di valutazione) degli allenatori che si sono dimostrati più propensi a selezionare principalmente ragazzi “fisicamente più maturi” in giovane età. Ho convalidato poi questi risultati con analoghi studi internazionali, e successivamente li ho pubblicati nella sezione speciale Elite Sports and Performance Enhancement che raccoglie le ricerche sulla scienza applicata allo sport con un focus esplicito sullo sviluppo degli atleti (qui il link per le pubblicazioni).

Anche se il progetto tra Worcester Warriors e la Birmingham City University è ancora in corso (conclusione prevista per la prossima primavera), alcuni dei risultati più interessanti sono stati già pubblicati anche nel recente articolo (qui il link) dell’International Journal of Strength and Conditioning nel mese di Ottobre 2021.

L’articolo investiga i molteplici aspetti della progressione dei giocatori dall’U16 alla Senior Academy e evidenzia una gamma di risultati importanti per le academy rugbistiche. Ad esempio, è emerso che tra le caratteristiche più importanti da tenere in considerazione, oltre a quelle antropometriche e fisiche che mettono in relazione massa corporea e velocità, non deve essere sottovalutato il periodo dell’anno in cui il giocatore è nato, in quanto tale caratteristica costituisce un importante fattore di selezione e crescita sia nelle categorie più piccole che nella Senior Academy. Non deve quindi stupire che questo step del progetto stia fornendo numerose “nuove” direttive sulla “long-term athlete development”, ovvero la crescita a lungo termine dell’atleta, captando l’attenzione di numerosi specialisti del settore di fama internazionale (alcuni dei quali hanno anche collaborato alla stessa ricerca e sono provenienti da l’Harlequins RFC, la Loughborough University, la Leeds Beckett University e la Federazione Italiana Rugby)”.

I risultati ottenuti riguardano esclusivamente la sfera fisica?

“Assolutamente no. I risultati che stiamo avendo includono la sfera psicologica, tecnico-tattica, socio-economica e sono estremamente importanti. Come ho già anticipato in altri articoli su On Rugby.it, questa ricerca analizza per la prima volta in maniera multidisciplinare i processi d’ identificazione e sviluppo del talento nel rugby professionistico, dimostrando come non sia una singola caratteristica, bensì una specifica combinazione di fattori (es. antropometrici, fisici, percettivo-cognitivi, ambientali, psicologici ecc ecc) a costituire la “miscela” che determina la progressione dei giocatori nell’academy dei club professionistici inglesi. Sarò contento di fornire più dettagli a breve, una volta pubblicati gli ultimi dati”.

Come è stato possibile mettere insieme tutti questi tasselli che analizzano numerosi aspetti della vita dei giovani rugbisti, anche extra-sportivi?

“La risposta è insita nelle scelte progettuali che sono state fatte. Prima di tutto la qualità dei tecnici coinvolti che hanno gestito il progetto (personale competente e qualificato, con alta formazione tecnica e con alle spalle anni di significativa esperienza internazionale nel settore della high performance sportiva). Poi, la massiccia collaborazione tra il Club e l’Università, che ha dato vita ad un progetto strutturato, nel quale gli obiettivi intermedi sono stati raggiunti seguendo fasi predefinite e mai improvvisate. Infine, non può essere trascurata la dinamicità del progetto che, riorientando gli obiettivi man mano che i risultati intermedi venivano raggiunti, ha permesso di raggiungere efficaci risultati teorici e pratici, elementi, questi, che hanno valorizzato la ricerca e costituiscono, in generale, le fondamenta per una buona riuscita di qualsiasi progetto nell’alta performance sportiva”.

C’è qualcos’altro che può far riflettere?

“Da un punto di vista manageriale, posso confermare che questo progetto altamente innovativo sta producendo un significativo accumulo di «know how» tecnico sulla selezione e crescita dei giocatori di rugby, al punto che alcuni ricercatori della Loughborough University, della Leeds Beckett University e i dirigenti di alcune academy di Premiership ritengono potrebbe costituire una «best practice» per le academy dei club pro: la replicazione del modello Worcester Warriors-Birmingham City University potrebbe rappresentare un percorso virtuoso per l’innalzamento delle performance della RFU.

Secondo gli stessi, l’efficacia del progetto in sé, finalizzato alla crescita di giocatori professionistici, avrebbe un ritorno dell’investimento iniziale non inferiore al 100% se fosse adattato alle singole realtà internazionali perché sarebbe fondamentale per l’innalzamento della competitività sportiva richiesta da World Rugby”.

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