Dottor Brian Lima, chiropratico

Cinque Coppe del Mondo, una solida carriera nell’emisfero sud, una specializzazione in placcaggi devastanti. In due parole, Brian Lima.

Brian Lima chiropratico

Brian Lima detto “il chiropratico” guida la Siva Tau in Irlanda nel 2013

Brian Lima ha sempre lasciato il segno: in campo a suon di placcaggi devastanti, fuori dal campo come non avrebbe dovuto. L’Anonima Piloni vi racconta l’epopea del Chiropratico più famoso di Ovalia.

Pum. Gordon scuote la testa. No, non è per il rumore, parecchio sordo e per questo ancora più fragoroso alle sue orecchie. Pum. Rumore di tibie, di schiene che sbattono a terra, rumori secchi, durano un attimo, ma viaggiano tra timpani e trombe di Eustachio per un po’. Pum, ancora. Gordon scuote ancora la testa, ma in fondo è soddisfatto. Oddio, non puoi essere troppo soddisfatto quando in allenamento senti quelle botte, in fondo tu sei l’allenatore e nel fine settimana vorresti avere più gente integra possibile da mettere a referto. Però il fatto che uno che sappia coniugare aggressività, coordinazione ed efficacia nel placcaggio come lui sia nella tua squadra e non contro è un discreto sollievo. Gordon, che di cognome fa Hunter e che di professione fa il pastore di anime (leggi: allenatore) nei campi da rugby di Otago e dintorni, avvicina il suo sicario. “Sai amico, ti ho trovato un soprannome”. Bello quando ricevi l’investitura così presto nel nuovo gruppo, nella nuova squadra di cui indossi i colori.

“Sai, Brian, per me oggi sei il Chiropratico. Come sposti tu le ossa dei tuoi avversari non lo fa nessuno”
Brian scuote la testa.
“Mister, che significa Chiropratico?”
“Te lo spiegherò presto, basta che continui così”.
Brian scuote di nuovo la testa, poi se ne fa una ragione e torna ad allenarsi.

Nel rugby una delle prime cose fondamentali da imparare e da capire è il placcaggio. In “Album d’Aprile” Marco Paolini dice che è la cosa meno naturale del mondo, ma se vuoi sopravvivere nella giungla di muscoli e dei chiamata comunemente “campo di rugby”, beh, ‘sta tecnica la devi imparare, e pure in fretta. Poi è questione di predisposizione. C’è chi il placcaggio non lo sa tirare e allora si aggrappa all’avversario, tenta di rallentarlo, di solito con risultati scarsi, a volte catastrofici. C’è chi lo tira bene, chi lo tira benissimo. Alla fine di tutto c’è una particolare categoria di giocatori che si fanno ricordare quando li incontri su un campo. Sono quelli che il placcaggio lo usano non solo per fermarti, ma anche per ricordarti che da quelle parti, la prossima volta, è meglio non passare.

In tempi recenti uno dei killer più efferati iscritti a questa categoria è stato il nostro Simone Favaro da Zero Branco, che è denominazione di origine controllata, non (ancora) titolo nobiliare. Ci sono carneadi, vecchie volpi, persino qualche apertura. E poi c’è Brian, che di cognome fa Lima ed è forse il più devastante placcatore seriale degli ultimi decenni. Nasce ad Apia nel 1972 e nel 1991 è il più giovane giocatore di sempre a giocare una Coppa del Mondo, il record durerà per sedici anni. Ne collezionerà cinque, di Mondiali, record assoluto eguagliato ad oggi solo da Mauro Bergamasco e Sergio Parisse. Gioca ala, nei suoi primi anni, ed è una signora ala: veloce, sgusciante, istinto da killer quando la linea bianca della meta avversaria si avvicina. Ne sappiamo qualcosa pure noi, lo incontriamo a East London nella Coppa del Mondo del 1995. Per talento individuale e per blasone è la squadra azzurra più forte mai apparsa ad un Mondiale. Quel giorno ne prendiamo quarantadue, vuoi perché ci mette in ginocchio un virus intestinale non troppo parente di una certa Susie, che da quelle parti aveva un certo talento nel correggere i caffè.

Poi ci pensano Darren Kellett, apertura che si accaserà a Treviso a fine torneo e che se andrà alla chetichella dopo una stagione da buttare, Mike Umaga, estremo che marcherà visita a Viadana ma che manderà al suo posto nella bassa padana il fratellino Jonathan, cosa che forse ancora oggi sarebbe pagabile con una birra alla locale clubhouse, visto che quel ragazzino per tutto il resto del mondo è TanaUmaga, tutto attaccato. E Brian Lima, che quel giorno segna due mete e ci affossa.
Eh, fosse solo il segnare, il problema.
Placca. Eccome se placca.

Durissimo, quasi al limite, a prendere alto l’avversario ma non sopra il limite delle spalle. Non lo vedi arrivare, ma quando ti prende ti chiedi se qualcuno ha preso il numero di targa del camion che ti ha investito. Non guarda in faccia nessuno, è praticamente la trasposizione ovale de ‘A livella di Totò: tutti uguali davanti a lui, a patto che abbiano una palla in mano. Se ne rendono conto in Nuova Zelanda, sponda Highlanders e Blues, nei primi anni del Super 12. Se ne rendono conto in Europa, in Francia nello Stade Français del direttore d’orchestra Diego Dominguez. Poi in Galles, sponda Swansea, praticamente gli antenati degli Ospreys.

Se ne rende conto pure Derick Hougaard, giovane mediano di apertura degli Springboks, quando riceve una magnifica palla uomo da Joost van der Westhuizen.
Forse uno dei peggiori passaggi mai usciti dalle mani raffaelite del numero 9 sudadricano. La palla è palesemente troppo alta, il numero 10 la deve controllare in due tempi, ma deve distogliere lo sguardo da ciò che ha davanti per trattenerla. Non ha scelta.
Per farcela ce la fa, tiene in mano un ovale veramente brutto ed è pronto a giostrare i trequarti con tempi anche discreti.

Sì, peccato che Brian Lima gli sia già addosso. Sta praticamente planando, l’impatto è allo stesso tempo perfetto e tremendo: Hougaard crolla a terra, è vigile, ma decide di stare giù ancora un po’, tipo noi comuni mortali quando sentiamo la sveglia suonare il lunedì mattina alle 6 e mezza. Si rialzerà, con comodo, dopo 5 minuti. Il Chiropratico ha colpito ancora, la palla torna samoana. Appena l’azione si ferma il pubblico vede e rivede la scena dai maxischermi, poi mugola ripetutamente al momento del contatto: la botta l’hanno sentita pure loro. A 31 anni va a farsi riconoscere in Giappone, nel frattempo allenatori e gambe non più brillantissime lo fanno giocare sempre più spesso centro.
Ancora più nel vivo del gioco, ancora peggio per gli avversari.

La carriera sembra al tramonto, poi però si gioca al meglio una delle ultime chance rimaste, un match di beneficenza tra Emisfero Nord e Sud. Segna due mete e tira fuori una prestazione mostruosa dal punto di vista fisico, “maltrattando” a ripetizione chiunque passasse dalle sue parti. Per referenze chiedere, tra gli altri, a Mirco Bergamasco. Sta di fatto che Munster si convince e gli offre un contratto di un anno, dove però un infortunio lo tiene spesso lontano dal campo. Terminerà la sua carriera di club a Bristol, nel 2007, ma i suoi ultimi scampoli da giocatore sono ancora con Samoa, ancora ad una Coppa del Mondo. Non è più quello di un tempo, e nemmeno Samoa gioca un grande Mondiale, ma lui prova a farsi sentire lo stesso, con alterni risultati: contro gli Springboks entra all’ora di gioco e colpisce a modo suo André Pretorius. Deve avere un debole, per i mediani di apertura sudafricani. Questa volta però la botta gli si ritorce contro ed è lui a uscire scosso.

Contro l’Inghilterra si avventa, ancora a modo suo, contro sir Jonny Wilkinson. L’inglese vola a terra, ma l’arbitro giudica il placcaggio troppo alto e gli fischia un calcio contro.
È l’ultimo, grande volo a planare di un giocatore che ha contraddistinto un’epoca e aiutato a capire che “pacifico” è un aggettivo che non puoi utilizzare così spesso, quando si parla di rugby e Samoa. Si ritira lì, forzato da una squalifica e dagli acciacchi fisici che a 35 anni, se metti tutto il fisico in ogni maledetto placcaggio, si fanno irrimediabilmente sentire. Entrerà nella Hall of Fame nel 2011 insieme ad altri tre campionissimi: il canadese Gareth Rees, l’argentino Pichot e Jonah Lomu. Il Chiropratico ha lasciato il segno, tornerà a guidare una enorme Siva Tau in Irlanda nel 2013, quella del ricordo di Peter Fatialofa, ex compagno in Nazionale.

Quel giorno sarà il migliore dei suoi, mai realmente scesi in campo.
Poi lascerà il segno ancora, ma non nel modo che avremmo sperato: nel 2014 rischia il carcere per aver malmenato la moglie. Il placcaggio più sbagliato e fuori tempo del mondo. Verrà “graziato” dal tribunale e dalla stessa consorte, con il quale si era dimostrato subito pentito del gesto. Forse perché aveva capito che quel che ti può regalare gloria su un campo da rugby, quell’azzardo e quell’aggressività che sotto a pali e traversa ti possono regalare tanto contro tuoi pari fuori, e in altri contesti, devono essere evitati. La palla ovale è anche questo, e anche Brian, forse, ha capito che un buon chiropratico che si rispetti deve operare solo nel suo studio.
Uno studio, in questo caso, grande come un campo da rugby.
Ammesso che nel frattempo abbia imparato il significato della parola Chiropratico.
Se volete chiederglielo vi mandiamo noi. Fateci sapere, in caso.

Cristian Lovisetto – Anonima Piloni

 

Tutte le precedenti puntate di Anonima Piloni le trovate qui.

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