Mauro Bergamasco, tra addii, post carriera e ricordi azzurri

Abbiamo parlato di diversi temi interessanti con l’ex flanker di Stade Francais e Zebre

Bergamasco Mauro Rugby World Cup 2015

Mauro Bergamasco Rugby World Cup 2015 ph. S Pessina

Con l’arrivo graduale dell’estate, abituale spartiacque tra una stagione sportiva e l’altra, anche in questo finale sui generis di giugno, molti atleti, chiusa – si fa per dire – l’annata agonistica, stanno annunciando alla spicciolata il loro ritiro dalle scene, chi da qualsiasi evento ovale, chi solamente da quelle internazionali.

Un momento, quello dell’addio al palcoscenico rugbistico, spesso tra i più difficili da gestire – sia a livello emozionale che di praticità – nella vita di un atleta, anche se lo hai preparato al meglio – o forse pensavi di averlo fatto -, per diversi anni.

L’esperienza di Mauro Bergamasco

“Verso fine 2013, più o meno quando poi lo annunciai effettivamente alla stampa, capii che stava arrivando il momento in cui smettere. Fu una battuta in spogliatoio dell’amico Michele Visentin a costringermi a pensare per la prima volta al ritiro”, esordisce Mauro Bergamasco, uno che dopo i successi in campo, ha saputo reinventarsi anche lontano dal rettangolo verde.

“Che mal di schiena!” dissi chinandomi per allacciare gli scarpini “E’ la  vecchiaia Mauro” mi rispose Michele. Quattro parole che mi aprirono gli occhi”.

“In breve tempo metabolizzai la cosa. Il mio fisico necessitava di tempi di recupero sempre più lunghi necessari per permettermi di allenarmi agli standard prestazionali che mi prefissavo. Giocare tanto per giocare non è mai stato uno stimolo per me. Sentivo il bisogno di performare a certi standard”, spiega l’ex Stade Francais, rimembrando in modo nitido gli ultimi due anni in spogliatoio con il club multicolor.

Fissare un obiettivo, l’ultimo

“Così, come sempre accaduto in carriera, fissai un obiettivo a breve termine su cui lavorare: l’ultima stagione alle Zebre e la Coppa del Mondo (2015). Ero conscio, però, che sarebbe stato anche l’ultimo.”

“Gli ultimi giorni prima della gara d’addio, che nel mio caso, peraltro, non andò nemmeno in scena, vivi in uno strano limbo. Da un lato sei elettrizzato, eccitato in attesa di vivere quell’ultima grande esperienza sul campo, dall’altro non vedi l’ora di provare il dopo”, prosegue il flanker patavino, sottolineando poi come i primi giorni di distacco siano i più complessi da gestire.

Cosa succede là fuori?

“I primi giorni post gara confermarono la sensazione di straniamento. Avevo preparato tutto quello che mi aspettava dopo l’ultimo fischio finale dell’arbitro, ma non avevo preparato me stesso al dopo. Per quanto tu possa progettare materialmente cosa andrai a fare, non sarai mai pronto, come persona, sin da subito ad uno switch del genere. Ho dovuto ricominciare nuovamente da zero, lavorando su me stesso: testa bassa, grande lavoro ed anche la scelta delle persone giuste al tuo fianco”

“Già da tempo avevo m2m, azienda in compagnia di mio fratello, con la quale curavamo immagine e brand. L’idea era quella di sviluppare l’azienda, sin da subito attraverso un coaching individuale, sempre seguendo quella che era stata la “mia personale linea guida” che ho tenuto nel corso della vita: osservare ed analizzare il mio vissuto, facendo al contempo grande attenzione alle persone, ed al loro modo di vivere. Da sempre mi ha contraddistinto la volontà di raggiungere la grande performance, in campo e fuori, non solo attraverso il mero allenamento fisico, ma sviluppando anche altre aree della mia personalità”.

“Pian piano, passando inevitabilmente attraverso fasi di alti e di bassi, il business si è evoluto positivamente e mi ha portato dove sono oggi. Faccio principalmente attività di public speaking: speech con aziende e/o squadre sportive durante meeting e convention, con inoltre anche la definizione di protocolli di formazione esperienziale per i clienti. Sviluppiamo un vero e proprio team building a livello di spirito, mentre entrando negli aspetti tecnici per quanto concerne anche il rugby, portiamo avanti un’attività di allineamento del board, entrando poi anche in dettagli tecnici, di gestione del team”.

Non solo motivatore e DAZN, ma anche i campus e una nuova app

Al fianco dei discorsi in pubblico, e delle telecronache su Dazn, nel quotidiano di Mauro Bergamasco ci sono altre attività importanti, a partire dallo sviluppo dei Campus Educational And Sport. “Con questi campus siamo giunti al decimo anno di attività. Avremmo dovuto avere il doppio delle settimane e doppio degli sport in questo 2020. Un programma educativo, all’interno del contesto sportivo, piuttosto composito. Confermati il rugby ed volley, avremmo lanciato anche camp di tennis e basket”.

“Invece, l’emergenza sanitaria ha modificato forzatamente i nostri piani. Stiamo lavorando alacremente per mandare in scena comunque due settimane classiche, a fine luglio, più una a Ragusa, la prima di settembre. Privilegeremo le età più grandi, anche perché più facilmente gestibili, alla luce di quelli che sono gli attuali protocolli”, chiarisce, facendo trasparire un desiderio costante di crescita personale ed innovazione in tutti i progetti in cui è coinvolto.

Voglia di innovare

Anche e forse soprattutto, in quello tecnologico, applicato allo sport, dove è impegnato con l’app Sport In Cloud. “Il progetto nasce ormai 4 anni fa, quando Davide Sovrano, programmatore e mio socio, ha creato una app per la gestione del torneo Bottacin, importante competizione giovanile organizzata dal Petrarca. L’idea è quella di eliminare, o comunque minimizzare tutti i documenti cartacei che regolano la burocrazia di una manifestazione del genere. Vogliamo capovolgere le esigenze dei tornei rugbistici, e sportivi in generale, permettendo la gestione direttamente su cloud. Dopo 3 anni di esperienza al Bottacin, ed un grande lavoro tra marzo e settembre 2019, abbiamo stabilizzato la app, oggi disponibile su tutti i dispositivi mobile”. (ndr – trovate tutte le info sul sito di Sport In Cloud.)

Come funziona?

“Il torneo viene schedulato (definiti orario, campo e arbitro) direttamente dal nostro software. Tutte le società possono accedere al portale e creare una versione beta del torneo, per avere più chiare le idee sul funzionamento. Poi, ogni team può accedere a diversi pacchetti, ognuno con un costo differente a seconda di qualità e quantità del servizio richiesto. Una volta acquistato un determinato prodotto per un torneo, il tutto, nel corso della giornata di gara, verrà gestito tramite un link applicativo inviato ai vari referenti in giro per i campi, che segneranno live time mete e punteggio, vidimando il finale con le firme, sul pad, dei due allenatori. Nel frattempo, tutti i partecipanti al torneo, ma anche tutti i possessori della app, potranno seguire l’andamento della competizione, costantemente aggiornata, direttamente dal loro dispositivo mobile”, prosegue Bergamasco, svelando anche un’ulteriore novità legata alla app, in vista delle prossime settimane, oltremodo complesse causa Covid.

“Caricheremo sull’applicazione, proprio in questi giorni, a titolo gratuito, un software dedicato alla gestione delle entrate e delle uscite di persone, che siano ragazzini, allenatori o genitori non fa differenza, in un centro sportivo. Un qualcosa di quantomai utile vista la situazione attuale e che sarà reso disponibile gratuitamente“.

Addio senza saperlo

Una situazione di stallo totale, che ha costretto gran parte della popolazione mondiale a rallentare i ritmi abituali. A fermarsi un attimo a riflettere sulla propria vita, sui grandi traguardi raggiunti e sulle delusioni cocenti. E’ successo anche allo stesso Mauro Bergamasco, che a distanza ormai di anni, tornando con la mente all’esclusione abbastanza clamorosa dai 23 dell’ultima partita azzurra nel mondiale del 2015, contro la Romania, che avrebbe dovuto rappresentare l’apparizione finale sul palcoscenico ovale del fuoriclasse di Padova, ha messo in ordine, con grande serenità, i fatti e le sue emozioni consequenziali, rispetto alla sorprendente scelta di Brunel.

“Ho avuto tempo e modo per digerire quella delusione. Ormai possiamo dire che l’episodio fa parte della storia, del mio passato, ed è stato metabolizzato. Partiamo da due presupposti: il primo è che non può esistere, per come intendo il rugby e la vita, che la nazionale italiana vada al Mondiale temendo la Romania. Il secondo è che un allenatore ha il sacrosanto diritto ed al tempo stesso il dovere di fare le sue scelte, assolutamente rispettabili.

Detto ciò, tutti hanno avuto modo di vedere le partite del Mondiale, ognuno ha potuto farsi la sua idea su quello che era lo stato di forma dei vari atleti impegnati nella rassegna inglese. Nella mia testa, io avrei dovuto giocare la partita conclusiva del nostro torneo, non perché meritassi di avere una passerella per il mio addio, bensì perché avevo dimostrato di essere il più il più in forma in quella terza linea.

Nessuno dello staff mi disse nulla nei giorni che precedettero l’annuncio della formazione. E neanche il giorno stesso in cui fu svelato il XV, che passammo per buona parte in viaggio verso Exeter, ricevetti una spiegazione, un’indicazione del perché fossi rimasto fuori. Non pretendevo trattamenti di favore, ma da veterano, avrei gradito perlomeno un cenno in tal senso.

Solo dopo la conferenza stampa, in cui diversi giornalisti dissero a Brunel che mi aveva mancato di rispetto per l’esclusione dai 23, il CT prese coraggio e venne a chiedermi cosa ne pensassi. Risposi che non avevo nessuna voglia di discutere della questione, ma che ero deluso per non aver avuto un posto in campo dopo aver dimostrato di essere il più in forma in terza linea, nel corso del torneo. Ricevetti grande supporto da diversi compagni di squadra, sia prima dell’incontro – ricordo di un toto formazione in cui tutti mi vedevano almeno nei 23 -, che poi sul campo, dopo il fischio finale. Più di qualcuno si ricordò del fatto che avrebbe potuto essere la mia ultima uscita: mi celebrarono a modo loro. Ricordo questa cosa con un pizzico di commozione.”

Grazie Ale (Zanni)

La stessa che deve aver provato, in questi giorni, Alessandro Zanni, al passo d’addio con il Benetton Rugby ed il rugby giocato dopo tre lustri da grande protagonista sul proscenio italico e non solo. Un uomo sia di forma che di sostanza, stimatissimo dentro e fuori dal campo. “Ho avuto la fortuna di conoscere Alessandro sin dagli albori della sua carriera. L’ho visto crescere in nazionale, sia a livello fisico (sorride, ndr), che come persona. Ho letto molte parole sul suo conto in questi giorni, mi sento di sposare quelle scritte da Leonardo Ghiraldini, suo grandissimo amico anche in virtù di innumerevoli esperienze spese assieme. La sua caratteristica fondamentale è la disponibilità declinata in più forme. Da quella relazionale, con gli altri componenti di un gruppo, e quella verso il lavoro, portato avanti sempre con serietà ed entusiasmo, anche al cospetto di carichi durissimi. Inoltre, mi sento di aggiungere un’altra cosa degna di nota: Alessandro è sempre stato sé stesso. Nel mondo di oggi, forse, questo aspetto non paga subito, ma alla lunga diventa un tratto distintivo straordinario. Un qualcosa che possono vantare veramente in pochi”.

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