I primi mesi di Salvatore Costanzo da head coach di Mogliano, raccontati dall’ex Benetton Rugby

A pochi giorni dalla sfida di vertice con il Petrarca, abbiamo parlato del torneo della squadra veneta con l’allenatore siciliano

ph. Alfio Guarise/Mogliano Rugby 1969

Entrando nella settimana che porta il Mogliano, tra le squadre più brillanti in questo inizio di stagione, allo scontro di vertice in Top12 con il Petrarca, abbiamo raggiunto il capo allenatore dei veneti, Salvatore Costanzo (in carica da pochi mesi, dopo un’annata vissuta da assistente allenatore degli avanti, ndr), per entrare più nel dettaglio sulle sue prime settimane da head coach e sulla situazione del club campione d’Italia 2013.

Coach Costanzo, cosa significa fare il capo allenatore? Come sta andando il rapporto con lo staff?

Allenare è una grossa responsabilità. La sto vivendo in maniera profonda: passo molto tempo al campo assieme ai miei collaboratori e mi ritengo fortunato. Siamo riusciti a formare uno staff di gente giovane con grande energia, sia a livello fisico che mentale. Tutto il team al mio fianco ha il grande desiderio di dare un servizio ai ragazzi buoni.

Con il mio assistente principale, Enrico Endrizzi, alla prima esperienza anche lui, c’è un ottimo feeling. Anche lui è spinto dal grande desiderio di migliorarsi quotidianamente, dentro e fuori dal campo, per poter fornire alla squadra un apporto di sempre maggiore qualità. Nello staff, che vorremmo allargare ancora, abbiamo coinvolto anche Mario Disetti, giovane preparatore atletico molto bravo, che la mattina lavora con il Benetton Rugby, coadiuvato anche da Giacomo Lavorgna, specificatamente per il lavoro in palestra. Abbiamo inserito, poi, anche Sebastiano Sara, un ragazzo del club molto giovane, che si sta occupando con grande costrutto della video analisi.

Quanto c’è di Andrea Cavinato nel suo modus operandi?

L’anno scorso, sotto Andrea (Cavinato, ndr), ho imparato tantissime cose. Ora sto cercando di forgiare una nuovo creatura, mettendoci del mio, ma sempre partendo dalla base solida costituita da quanto ho appreso nel corso della stagione ’18/’19. Stiamo provando a costruire la nostra strada: vogliamo allargare le nostre strutture di gioco. Non solo mischia chiusa, ma sempre maggiore attenzione anche a tutti gli altri aspetti del gioco. Chiaramente serve del tempo per mettere assieme tutto.

Soddisfatto di quanto visto sin qui sul campo?

A livello di punti in classifica (15 punti, sesta posizione a ridosso delle big) non possiamo lamentarci: abbiamo portato a casa dei buoni riscontri. Va detto, però, che siamo stati tutto sommato fortunati con il calendario in apertura, perché abbiamo giocato solo con squadre più o meno al nostro livello. Contro Lazio, una neopromossa come Colorno, dotata di un’ottima rosa e destinata a crescere molto, e Viadana sono arrivate tre vittorie, con buone prestazioni pur con sbavature disseminate qua e là, ma sempre al cospetto di team più o meno del nostro valore. A Piacenza, invece, gli errori che ci sono stati anche nelle prime partite, nonostante le vittorie, li abbiamo pagati. Lì avremmo potuto e dovuto fare di più e ci siamo resi conto che se non scendiamo in campo al 100% possiamo perdere contro tutti.

Cosa aspettarsi dal prossimo ciclo durissimo?

Stiamo cercando di affrontare il campionato diviso in piccoli cicli. Le prime quattro partite erano una sorta di mini torneo, in grado di darci già input chiari. E così è stato, tutto sommato, in termini positivi. Ora, però, nel giro di un mese, abbiamo quattro partite che ci diranno con più precisione cosa aspettarci realmente dalla stagione, perché incontreremo Petrarca, Valorugby, Calvisano (in trasferta) e Fiamme Oro. Questi impegni intriganti ci diranno chi siamo con maggior chiarezza. Se vogliamo migliorare la scorsa stagione dobbiamo battere squadre sulla carta più forti di noi. Siamo consci del valore dei team che ci troveremo di fronte, ma stiamo lavorando in modo serrato proprio per colmare il gap tra noi e loro. Vogliamo giocarci le nostre chance, in modo concreto, ogni singolo sabato.

Già a partitre dalla sfida con il Petrarca…

Padova in estate ci ha dato due lezioni durissime. Stiamo lavorando sui loro punti forti per cercare di limitarli, ma sono molto difficili da affrontare. Grande solidità, soprattutto in difesa, e grande costanza: raramente mettono in campo prestazioni al di sotto della sufficienza. Rispetto all’anno scorso, poi, hanno alzato il ritmo. Li vedo con una marcia in più. E non nascondo che mi hanno anche sorpreso. Pensavo potessero avere qualche problemino in più, invece, sin dalla prestagione hanno messo in campo ritmo, strutture e consistenza fantastici. In più hanno anche individualità di alto livello.

E ora è arrivato pure Faiva…

Le squadre che puntano allo Scudetto possono aggiungere questi talenti, ed è un bene per tutto il campionato. Faiva sarà sicuramente un valore aggiunto, per loro, ma anche per il Top12 in generale. Conoscendo Vittorio (Munari, ndr), non ho dubbi sul fatto che abbia portato in Italia un giocatore di alto profilo. Va detto, però, che a Padova, comunque, c’erano già tantissime individualità di spessore. Quindi non sarà la stella assoluta, ma un gran giocatore in mezzo ad un gruppo di altri grandi giocatori.

Andando oltre il mero campo, come sta andando il lavoro con i permit player?

Stimola un’attenta analisi in termini di gestione delle risorse. Noi, per certi versi, siamo fortunati in tal senso, perché Buonfiglio, il permit player “inverso” (si allena con le Zebre e raggiunge il Veneto in settimana solo se non è convocato in franchigia, ndr), essendo stato qui per tanti anni, è di fatto percepito da tutti come un giocatore del club. Chiaro che i ragazzi nel suo ruolo possano patire questo genere di concorrenza, ma fa parte del gioco e deve essere uno stimolo in più per lavorare al meglio.

Credo, peraltro, che questa soluzione sia importante sia per Buonfiglio che per noi. Alla fine ha giocato minuti veri, con costanza, solo con Mogliano, tenendo vivo il ritmo gara. Diversa, invece, è stata la gestione dei giocatori nostri che fanno i permit/invitati a Treviso. Alongi, ad esempio, ha fatto tutta la preparazione con il Benetton Rugby, e all’inizio, appena arrivato, pur notandone subito le qualità, abbiamo calibrato il suo ingresso in squadra, anche per rispetto dei ragazzi che si erano allenati molto bene qui con noi. Quando hai a che fare con un gruppo di 35 ragazzi, con permit, hai un grande lavoro da svolgere anche per quanto concerne le relazioni umane. Io cerco di essere sempre sincero e diretto con tutti. Semplicemente perché rispetto i ragazzi. Questo, però, alle volte, ha due facce della medaglia, perché dico le cose in modo franco, sia nel bene e nel male.

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