I migliori giocatori del primo turno della Rugby World Cup 2019

Abbiamo scelto per voi gli interpreti più brillanti delle prime otto partite del mondiale

ph. REUTERS/Rebecca Naden

Si è chiusa la prima giornata della Rugby World Cup 2019: da venerdì a lunedì 8 partite hanno occupato le nostre mattine, tutte con qualcosa da dire.

Fra temi tecnici, tattici, storie dentro e fuori dal campo, abbiamo scelto i giocatori che hanno impressionato di più nel primo turno di questo mondiale.

Charles Ollivon – Francia
Lorenzo Calamai

C’erano una volta i riservisti: 6 giocatori chiamati per fare da backup ai 31 convocati ufficiali di Jacques Brunel in vista della Rugby World Cup. Due di loro, Charles Ollivon e Virimi Vakatawa, finiscono per essere decisivi nell’importante partita contro l’Argentina.

Ollivon è un talento che in Francia conoscono da un pezzo, ma che è sempre rimasto ai margini della nazionale transalpina: ha esordito nel 2014, ma in cinque anni ha accumulato solo 8 presenze con i Bleus, comprese le partite di preparazione a questo mondiale. E’ una di quelle terze linee che potrebbero dominare nel triathlon, grazie a una polivalenza atletica mostruosa, ma ha anche mani dolci e sensibili, dovute forse alla pratica della pelota basca in gioventù.

Contro l’Argentina è stato una costante positiva per i suoi: sempre presente a sostegno dei compagni, pronto a ricevere una continuità diretta comparendo improvvisamente al loro fianco, ha portato avanti innumerevoli palloni, pulito mille punti d’incontro.

Timothy Lafaele – Giappone
Daniele Pansardi

Quando il pallone è passato dalle mani di Timothy Lafaele, per la difesa della Russia sono quasi sempre stati dolori. Il secondo centro del Giappone ha messo in mostra tutte le sue straordinarie qualità tecniche nella gestione dell’attrezzo, specie nell’azione della prima meta di Matsushima in cui ha servito Tupou con un offload da terra meraviglioso.

Lafaele peraltro non è nuovo a giocate del genere, perché il samoano ha come tratto distintivo una sensibilità unica nelle mani, che gli permette di completare passaggi con un’enorme coefficiente di difficoltà. In una partita come quella contro la Russia, in cui il Giappone inizialmente ha fatto fatica a ingranare, la sua classe ha permesso ai Brave Blossoms di rendersi la vita un po’ più facile.

Tolu Latu – Australia
Matteo Viscardi

Non più tardi della scorsa tarda primavera, Tolu Latu sembrava potesse e dovesse vedersi la Coppa del Mondo da casa, per via degli eccessi dentro e fuori dal campo, tra cartellini di troppo ed accuse di guida in stato d’ebbrezza. Il tallonatore degli Waratahs, tuttavia, ha saputo trarre insegnamenti di rilievo dalle lezioni propostegli dalla vita, riconquistando in extremis la fiducia di Michael Cheika e guadagnandosi i galloni da titolare dei Wallabies a numero 2.

Scelta, quella dell’ex coach del Petrarca, che ha pagato dividenti notevoli sin dalla prima gara del Mondiale, contro le Fiji, nel corso della quale l’avanti 26enne è stato di gran lunga il migliore in campo, ottenendo meritatamente il riconoscimento di Man of the Match. Le due mete, marcate concretizzando un paio di driving maul australiane, sono state solamente la ciliegina sulla torta di una prestazione di altissimo livello a tutto tondo.

Il nativo tongano ha svolto un buon lavoro al lancio, in touche, lavorato bene in chiusa e garantito la consueta efficacia nel gioco aperto, confermandosi un ball carrier di grande valore. Un elemento, dunque, tirato a lucido, in grado di dare un’altra dimensione all’apparato offensivo di Cheika.

Levani Botia – Fiji
Lorenzo Calamai

Croce e delizia delle partita delle Fiji, Levani Botia ha offerto una prestazione che ha legittimato il soprannome di Demolition Man. Se è vero che il cartellino giallo comminato al giocatore de La Rochelle ha affossato le speranze dei giocatori isolani nel momento di maggiore difficoltà, è altrettanto vero che la sua prestazione fino a quel momento era stata la pietra angolare su cui la squadra di John McKee aveva costruito i suoi parziali successi.

Botia si è esaltato nel suo ruolo difensivo, costringendo con i suoi colpi durissimi la linea arretrata australiana a una sequela di errori, palloni persi, cambi di possesso.

Il numero 12 in maglia bianca è stato capitano della nazionale a sette delle Fiji, la più forte al mondo. Ha lasciato la scuola giovanissimo per perseguire la sua carriera rugbistica, finendo sotto gli occhi della leggenda del rugby figiano Waisale Serevi, che nel 2011 lo ha scoperto in un campo della periferia di Suva e se lo è portato ai Pacific Games. Botia non disse niente alla moglie del suo avvio di carriera nel rugby professionistico: lei lo scoprì solo accendendo la televisione e vedendolo giocare con la maglia della nazionale.

Anton Lienert-Brown – All Blacks
Daniele Pansardi

Di Anton Lienert-Brown non si parla mai troppo. È vero, tra Barrett, Mo’unga e Ardie Savea lo spazio per i titoli si riduce, ma il secondo centro degli All Blacks è un portento e un vero fuoriclasse.

Anche contro il Sudafrica Lienert-Brown ha battuto difensori a ripetizione (ben 8, il migliore della sua squadra), sfruttando gli appoggi leggeri e la rapidità nell’eludere i difensori avversari, come dimostrato nell’azione personale che ha portato alla meta di Scott Barrett.

Il 24enne riesce quasi sempre a creare un piccolo vantaggio per la sua squadra, sia nell’uno contro uno sia con offload o passaggi ben calibrati. Non ruba l’occhio per esplosività o forza fisica, ma ha una tecnica individuale di primissimo livello.

Jordan Larmour – Irlanda
Michele Cassano

Onestamente non mi aspettavo un’Irlanda così dominante e un giocatore così “a fuoco”.
Jordan Larmour ha veramente mostrato autorità e grande intesa con i compagni, mettendoci lo zampino nella prima e nella quarta meta dei Verdi.

Come ha titolato il Times “Larmour ha messo a tacere i dubbi che c’erano su di lui” e ha rimandato al mittente anche le dichiarazioni dell’head coach della Scozia Gregor Townsend, che lo aveva inquadrato come punto debole nel triangolo allargato degli avversari.

E se fosse lui il giocatore che l’Irlanda non ha mai avuto ai Mondiali per fare il definitivo salto di qualità?

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