Sei Nazioni 2019: Inghilterra, redenzione o discesa agli inferi?

Il team di Eddie Jones deve riscattare un’edizione 2018 deficitaria

Ph. Sebastiano Pessina

O la macchina inglese riprende definitivamente velocità o arrivare alla prossima Coppa del Mondo in uno stato fisico, ma soprattutto mentale, quantomeno dignitoso sarà un’impresa da titani.
La formazione di Eddie Jones è chiamata ad una vera e propria prova del nove nel Sei Nazioni 2019, dove dovrà dare continuità ai Test Match vissuti a novembre – con un bilancio conclusivo che ha parlato di tre vittorie su quattro partite disputate – e cancellare il torneo vissuto l’anno scorso; quando arrivò un deludentissimo quinto posto in classifica, fatto  di due vittorie poco convincenti e tre sconfitte nette nell’atteggiamento più che nei numeri.

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Scelte e infortuni
Il gruppo selezionato da Eddie Jones, almeno in prima istanza, è nel complesso molto rodato. Certo, le assenze legate agli infortuni sono ancora pesanti (Hartley, Underhill e Joseph, solo per dirne tre) per un’infermeria che non riesce mai a essere sgombra, ma i rientri dei fratelli Vunipola, di Ellis Genge e Joe Launchbury non possono che infondere ottimismo a un plotone che annovera anche quattro uncapped come Ollie Thorley, Dan Robson, Jack Singleton e Ben Earl.
Owen Farrell sarà il capitano unico della Nazionale della Rosa, un’investitura questa che ovviamente darà maggior centralità al numero 10 britannico; il quale, però, dovrà essere bravo a non rimanere schiacciato dal peso della pressione in caso di critiche. Anche perchè in Inghilterra non sarebbe il primo capitano “bruciato” dai borbottii dell’opinione pubblica e visti gli ultimi accadimenti novembrini legati ad alcuni episodi al limite – se non oltre – il regolamento, la possibilità c’è.

Punti di forza
Dopo la burrasca del Sei Nazioni 2018 e dei Test Match di giugno, conclusi con la sconfitta nella serie in Sudafrica, la squadra ha ricominciato a trovare certezze e varietà di soluzioni nel gioco. Il pacchetto degli avanti, nelle seconde e nelle terze linee in particolare, è molto ben strutturato e con un’ampia profondità e i nomi sono li a testimoniarlo. Da Itoje a Billy Vunipola passando per Kruis, Launchbury, Lawes e Shields, con quest’ultimo che sarà disponibile dalla seconda settimana di gioco in poi. Il mix può essere esplosivo e per certi versi “multitasking”: ball carrier, sublimi gestori delle chiamate in touche e gente che non ha paura di mettere le mani nei raggruppamenti più difficili per garantire pulizia in fase offensiva e possessi recuperati quando con la linea difensiva, che Jones gradisce sempre sul piede avanzante, ci sarà da asfissiare le formazioni avversarie. Attenzione poi, a non sottovalutare la prima linea. Il ritorno alla piena efficienza di un altro Vunipola (Billy), potrebbe essere la scossa giusta per un reparto che in molte uscite ha spesso annaspato. Inoltre sarà necessario porre l’attenzione su Kyle “Dinosaur” Sinckler, atteso all’esplosione definitiva, e pure su quel Jamie George che dovrebbe vivere una kermesse da tallonatore titolare senza l’ombra ingombrante di Hartley.
Spostandoci poi verso trequarti è chiaro che molto passerà dal duo Youngs-Farrell: scelte, ritmo, creatività e decisione saranno affidate a una coppia collaudata che avrà il compito di azionare le scorribande dei centri e del triangolo allargato. Ben Te’o-Manu Tuilagi (con l’equiparato neozelandese che non sarà della partita nel confronto contro l’Irlanda) dovrebbe essere finalmente la “coppia dei sogni” di Eddie Jones, mentre sulle ali potrebbe essere lecito attendersi il “redivivo” Chris Ashton e la sicurezza Jonny May, con Elliot Daly da numero 15. Nowell, Slade, Brown, Cokanasiga e Ford saranno quasi sicuramente attesi dal ruolo di “finisher”, che ovviamente cambierà per via delle contingenze di volta in volta; impossibile a questa lista di nomi non aggiungere il mediano di mischia dei Wasp Dan Robson, giocatore uncapped che potrebbe avere sicuramente delle chance.

Punti deboli
La tenuta mentale complessiva della squadra è l’aspetto forse più fragile di tutti: sia sul terreno di gioco sia per quanto riguarda le faccende al di fuori del campo da gioco. Se l’esordio nel torneo dovesse certificare una sconfitta netta contro l’Irlanda, scenario quantomai possibile, le critiche pioverebbero sugli attori in scena all’Aviva Stadium e Eddie Jones diventerebbe il bersaglio preferito di una critica che in questi anni non ha risparmiato nulla a nessuno.
Passando invece agli aspetti tattici, uno dei problemi reali potrebbe essere la totale dipendenza dal rendimento di Owen Farrell. All’apertura sono state di fatto consegnate le chiavi tecniche e comportamentali della squadra, con i gradi di capitano unico. Ora è stabilmente il numero 10 della Nazionale della Rosa e per metterlo in una posizione “confortevole” si è deciso di relegare in panchina George Ford, che nei primi anni della gestione-Jones si era ottimamente disimpegnato in quello slot. E se il rendimento di Farrell stesso non fosse all’altezza del torneo o dovesse incappare in qualche infortunio? Reali alternative pronte a caricarsi l’Inghilterra sulle spalle ce ne sarebbero?
Altro capitolo da prendere in esame è quello di “finisher”. L’impatto dalla panchina dei giocatori d’Oltremanica è calato all’interno delle dinamiche di una partita. Prima le riserve di lusso dei britannici entravano e spaccavano la contesa, ora – con il passare del tempo – gli staff tecnici avversari hanno iniziato a targettizzare le mosse degli strateghi dei “Bianchi” riducendo al minimo i rischi.
Infine un paradosso legato alla “coperta corta”. Nonostante la grande profondità, due giocatori come Billy Vunipola e Ben Youngs non hanno di fatto dei sostituti naturali. L’anno scorso infatti, dopo l’infortunio del mediano di mischia nella partita d’esordio a Roma contro gli azzurri, l’avvento di Danny Care e Richard Wigglesworth nella posizione di mediano di mischia impoverì (e non di poco) le soluzioni di un attacco inglese poco ritmato, mentre l’atavica mancanza del numero 8 ha portato diversi giocatori a provare a ricoprire quel ruolo ma di fatto senza costrutto.

Scenario migliore possibile
L’Inghilterra si presenta nel torneo sbancando subito Dublino e sulle ali dell’entusiasmo batte in casa anche la Francia. Le critiche spariscono e torna la fiducia, che si riflette in una partita più che positiva al Principality Stadium di Cardiff dove, pur non arrivando la vittoria, gli uomini di Jones trovando la consapevolezza e lo slancio decisivo per fare bottino pieno contro l’Italia e riprendersi la Calcutta Cup persa l’anno scorso contro la Scozia chiudendo in gloria a Twickenham.

Scenario peggiore possibile
Il torneo inizia con una pesante sconfitta all’Aviva Stadium e la squadra rientra in patria fra critiche, idee di rivivere l’anno scorso e lo spettro dell’esonero di Eddie Jones. Le Crunch contro la Francia diventa già un’ultima spiaggia e anche in questo caso l’Inghilterra fallisce l’esame condizionando anche l’avvicinamento alla sfida contro il Galles. In un Twickenham ostile, visto il bilancio che recita 0-3, la vittoria sull’Italia ridà un minimo di fiducia al gruppo inglese che si gioca un pezzo di credibilità nella Calcutta Cup.

Giocatore da seguire
A livello di sorprese, non c’è poi tanto da scoprire, ma molti giocatori sono attesi al salto di qualità. In prima linea le curiosità più grosse saranno riposte su Jamie George, al primo Sei Nazioni da tallonatore titolare, e Kyle “Dinosaur” Sinckler, che deve far capire quanto vale come pilone, mentre nel resto del pacchetto avanzato c’è voglia di capire come stia realmente Billy Vunipola, a quale livello di leadership sarà arrivato Maro Itjoe – che vista l’assenza di Hartley potrebbe essere il “secondo violino” della truppa inglese -, senza dimenticare due giocatori in ascesa come Brad Shields e Courtney Lawes.
Nel reparto degli uomini veloci invece, desterà attenzione sicuramente il mediano di mischia uncapped dei Wasps Dan Robson, che se verrà chiamato in causa dovrà dimostrarsi all’altezza di Youngs ma soprattutto far vedere di essere meglio di Care e Wigglesworth (anche in previsione Rugby World Cup), mentre nel triangolo allargato o fra gli utility back i nomi da spendere sono quelli di Chris Ashton e Jack Nowell: il primo ha mostrato un’ottima condizione a novembre, il secondo invece potrebbe diventare il “sedicesimo uomo” di cui Jones ha bisogno.

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