Eddie Jones ha paragonato il proprietario del Bath a Donald Trump

Bruce Craig lo aveva criticato per i metodi duri di allenamento, e il CT australiano non si è tirato indietro nel rispondere

ph. Sebastiano Pessina

Lo scorso 25 maggio, il pilone del Bath Beno Obano ha riportato un grave infortunio ai legamenti del ginocchio durante un allenamento a Brighton, nel ritiro dell’Inghilterra, che lo terrà lontano dai campi per circa un anno. Obano è diventato il quindicesimo giocatore ad infortunarsi nel corso di una sessione d’allenamento agli ordini di Eddie Jones, in carica dalla fine del 2015, circostanza che ha alimentato nuovamente le critiche sui metodi troppo duri usati sul campo dal CT australiano per i propri giocatori nei raduni della nazionale.

A ritornare sull’argomento è stato il proprietario del Bath, Bruce Craig, con una nota trasmessa al Telegraph: “Le osservazioni ciniche di Jones su un importante problema di welfare sono inappropriate – ha detto Craig, riferendosi alle parole dell’head coach sul fatto che nessun esponente dei club dovrebbe dire ad un allenatore di una nazionale come lavorare – Se per lui 15 infortuni seri negli allenamenti dell’Inghilterra, di cui uno che ha portato al ritiro di Sam Jones a 26 anni, sono accettabili e non richiedono ulteriori analisi, ecco che questo diventa un problema”.

“Jones sembra anche trascurare il fatto che i giocatori non hanno contratti centralizzati con la Federazione e sono stati rilasciati in buona fede all’Inghilterra, consapevoli che vengano trattati in modo ragionevole. La questione verrà presentata al prossimo Professional Game Board, e le società avranno degli input su ciò che è accettabile nei carichi di lavoro dei nostri giocatori durante tutto l’anno, sia per i club sia per la preparazione dei test internazionali”.

Il solito Eddie Jones

La risposta dell’australiano non è si fatta attendere. Da Durban, dove l’Inghilterra sta preparando il primo dei Test Match contro il Sudafrica, il CT ha cambiato il bersaglio delle sue dichiarazioni decidendo di non difendere il suo operato, ma attaccando con il suo stile provocatorio direttamente Craig.

“Bruce Craig sembra il Donald Trump del rugby. Hanno lo stesso taglio di capelli – ha detto Jones – Ogni cosa che facciamo in allenamento è per migliorare, non è soddisfare qualcuno che ha molti soldi a Bath e pensa di sapere tutto sul rugby. Trovo il tutto molto tedioso”.

“Pensa di sapere tutto – ha insistito Jones – Davvero, vorrei saperne così tanto. Se ne capissi di più, probabilmente avrei i suoi stessi soldi. Sfortunatamente non è così, per cui mi attacco al rugby”. Jones poi si è riferito a Craig come ad un uomo “assolutamente ossessionato dall’intensità – Bruce è il re dell’intensità nel mondo”.

“Ci stiamo allenando in maniera appropriata per un livello da Test Match. Sembra che qualunque cosa Bruce dica, vada bene. Chissà, magari sarà il CEO della Federazione prossimamente?”. Per un attimo Jones è sembrato ritornare nei confini della pragmaticità (“Non è il mio compito parlare ai proprietari dei club, il mio lavoro è allenare la nazionale”), ma in realtà si è trattato solo di un breve cambio di direzione.

L’ultima frecciata a Craig è servita: “Se è così esperto nell’allenamento, dovrebbe iniziare a lavorare come coach. Magari vorrebbe allenare il Bath, chi lo sa? Oppure i Natal Sharks (la squadra di Durban, ndr). Non mi interessa quello che dice, non influenza ciò che faccio con la squadra”.

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