Sei Nazioni 2018: Galles al secondo posto, fra certezze e dubbi

I Dragoni hanno vinto tutte le partite casalinghe del Torneo, mostrando un gioco a tratti spettacolare, ma il cantiere è ancora aperto

ph. Sebastiano Pessina

All’inizio del Sei Nazioni, nella preview di OnRugby dedicata ad ogni squadra partecipante al Torneo, il Galles veniva definito “a metà del guado”, per esprimere il carattere un po’ da cantiere aperto della nazionale in maglia rossa. Warren Gatland, negli ultimi mesi, ha inserito tanti nuovi giocatori e modificato lo stile di gioco dei Dragoni per renderlo più somigliante a quello degli Scarlets, sempre però affiancando ai volti nuovi l’esperienza di alcuni senatori come Leigh Halfpenny, George North e Taulupe Faletau quando sono stati in salute, Alun Wyn Jones, Ken Owens.

Alla fine del Torneo il Galles si è guadagnato il secondo posto a suon di vittorie nel fortino di Cardiff, il Millennium Stadium ribattezzato Principality per ragioni di sponsorizzazione. Tranne la partita con la Francia all’ultima giornata, partita tirata nel punteggio ma non bella per lo spettatore neutrale, il Galles ha anche offerto alcune delle azioni e sequenze più belle di questo Sei Nazioni, in particolare nella trasferta di Dublino, dove i Dragoni si sono riufiutati di darsi per vinti e sono tornati sotto nel punteggio fino all’intercetto finale di Stockdale, che ha siglato il 37 a 27 conclusivo.

Negli occhi dei tifosi rimangono le immagini dell’imboscata alla Scozia nel primo turno, sgretolata da un Galles a cui riuscì davvero tutto. Entusiasmo raffreddato già sette giorni dopo dalla sconfitta di Twickenham, dove i gallesi non hanno saputo replicare le meraviglie della settimana precedente ma, coriacei, sono comunque stati a una controversa decisione del TMO dalla probabile vittoria.

Dopo la già citata partita con l’Irlanda al terzo turno, il Sei Nazioni del Galles, ormai tagliato fuori dalla vittoria finale, è stato considerevolmente meno qualitativo: la partita in casa con l’Italia è stata vinta con un punteggio ampio, ma senza particolari spunti di qualità e, anzi, tanti errori, e la vittoria all’ultima giornata con la Francia per un punto è stata forse la partita più brutta della manifestazione.

Dubbi rimasti tali

Durante il Torneo 2018, il Galles ha gettato nella mischia tre diversi mediani di apertura: Rhys Patchell ha giocato le prime due partite, prima del ritorno di Dan Biggar in Irlanda e della titolarità di Gareth Anscombe contro l’Italia. Di chi è oggi la maglia numero 10 del Galles? E di chi sarà in vista della Coppa del Mondo?

Dalle prestazioni delle scorse settimane è emerso che per il momento il 29enne Biggar è ancora il più continuo e affidabile dei numeri dieci a disposizione di Warren Gatland. Anscombe ha regalato guizzi notevoli nel tempo che ha avuto a disposizione contro l’Inghilterra, ma dei tre sembra essere quello che parte un gradino più indietro.

Rhys Patchell, invece, è il futuro. E’ quanto ci dice la sua prestazione contro la Scozia, ma anche le pregevoli prestazioni con la maglia degli Scarlets con la quale ha brillato in numerose occasioni. La partita contro l’Inghilterra, dove il ragazzo è finito per annaspare, ha comunque lasciato intravedere alcuni lampi di classe. Il dilemma a questo punto non è tanto se Patchell sia o meno il futuro dieci del Galles, ma quanto lontano sia questo futuro.

Gli altri punti di domanda della nazionale gallese sono rappresentati da una seconda linea la cui età media sta inesorabilmente avanzando. Cory Hill, classe 1992, è stato protagonista di ottime prestazioni, ma per ogni Hill c’è un Alun Wyn Jones e un Bradley Davies che nel 2019, ai mondiali, avranno un altro anno e mezzo di rugby al massimo livello.

A giugno il Galles giocherà tre test: uno negli Stati Uniti contro il Sudafrica e due in Argentina. Soprattutto gli ultimi due ci daranno la possibilità di misurare l’efficacia della squadra fuori dalle mura amiche, una sorta di tabù da sfatare per gli uomini di Gatland. Vedremo se il selezionatore neozelandese dei Dragoni intende aggiungere altre facce nuove a una squadra la cui rosa ha visto una generale rinfrescata, ma in cui ancora tanti volti nuovi devono dare una definitiva conferma del loro valore.

Certezze consolidate

Fra le ottime notizie del Sei Nazioni gallese ce ne sono tre che valgono, forse, l’intero Torneo: la prima è neozelandese, e risponde al nome di Hadleigh Parkes. Il primo centro è stato uno dei migliori giocatori del Sei Nazioni, abbinando un indubbio talento fisico (come ha imparato purtroppo a sue spese il nostro Tommaso Castello) a ottime capacità di distribuzione.

Non si tratta di un secondo playmaker puro, ma Parkes ha tutte le abilità per essere un affidabile distributore verso l’esterno, con in più capacità difensive e di sfida individuale che lo pongono un gradino al di sopra di Owen Williams e altri candidati alla maglia numero 12.

La seconda certezza è che Josh Navidi e Aaron Shingler sono due terze linee di primissima fascia nel rugby internazionale. I due si combinano in maniera complementare e sono pezzi pregiati sia quando c’è da difendere, da rallentare i palloni avversari, sia quando il pallone va portato avanti. Navidi è stato uno dei più efficienti placcatori del Galles in ogni partita, ma ha anche dimostrato di saper spostare  il pallone quando serve. Shingler fa tanto lavoro oscuro in più, ma è anche capace di prendersi le luci della ribalta quando necessario.

La terza e ultima buona notizia è la profondità della terza linea gallese, che a contendere la maglia di Navidi e Shingler ha giocatori come Justin Tipuric e James Davies, che non hanno certo demeritato quando scesi in campo. Il tutto aspettando il rientro del monumento Sam Warburton.

Il Galles del marzo 2018 non è una squadra che il guado di cui si parlava in apertura l’ha ancora attraversato. Una squadra che può crescere e può recitare un ruolo nella top 10 del rugby mondiale, ma che come prospettive di crescita deve infrangere un vero e proprio muro per riuscire ad arrivare al livello delle dirette concorrenti europee e nel ristretto circolo delle migliori squadre al mondo. Intanto però, c’è un secondo posto dal quale continuare a costruire.

 

Lorenzo Calamai

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