L’Italia femminile dopo il Sei Nazioni: parlano Barattin e Di Giandomenico

Il CT azzurro: “Esiste una scuola italiana di rugby che sa come affrontare le situazioni e allenare le giocatrici”

italia femminile

ph. Ettore Griffoni

“Quello che abbiamo messo in campo è il nostro game plan, soprattutto nel primo tempo finché le condizioni del campo lo hanno permesso. Poi nella ripresa abbiamo giocato un pò del ‘vecchio rugby’ ma siamo davvero contente della prestazione e del risultato, considerando che lo scorso anno abbiamo chiuso il Torneo senza vittorie.”

Sara Barattin, capitana dell’Italia Femminile, è ovviamente soddisfatta della vittoria raccolta allo Stadio Plebiscito di Padova contro la Scozia, una vittoria che ha permesso alle Azzurre di chiudere il Sei Nazioni Femminile al quarto posto, un risultato davvero importante.

Se pensiamo a come l’Italia era arrivata alla Coppa del Mondo 2017, sulla scorta di cinque sconfitte consecutive nel Sei Nazioni, cui si sono aggiunte le tre della fase a gironi della massima competizione iridata, fa ancora più impressione il nono posto di Belfast (miglior risultato alla Coppa del Mondo) e le due vittorie consecutive (di cui una in trasferta) raccolte in questa edizione.

“Sappiamo da anni che verso la fine del Torneo siamo più fiduciose e riusciamo a sviluppare meglio il nostro gioco e quest’anno siamo davvero contente – spiega il capitano – Non ci siamo dimenticate dello scorso anno quando abbiamo perso per due punti e davvero avevamo voglia di rivincita. Abbiamo molte ragazze giovani in gruppo e quest’anno sono passate da qualche sconfitta pesante, come contro la Francia, per arrivare alle due vittorie consecutive. Hanno provato tutti i lati. Adesso dobbiamo continuare a lavorare e dobbiamo cercare di fare entrare in gruppo ancora più giovani per ampliare la nostra base.”

L’Italia, al Plebiscito, ha vinto ‘da grande’, imponendo il proprio gioco e non permettendo quasi mai alla Scozia di mettere in campo il proprio. Andrea Di Giandomenico, Commissario Tecnico dell’Italia, dice che “abbiamo impostato sempre il nostro lavoro sul poter mettere in campo prestazioni come questa. Attraverso questo lavoro passa anche un’identità e questa identità, in uno sport, passa attraverso il gioco.”

“Nella prima parte di gara abbiamo fatto bene in attacco, quando il campo lo ha permesso maggiormente. Ciò nonostante credo che in questa partita vada soprattutto evidenziata la grande prestazione difensiva. Siamo state anche molto disciplinate, abbiamo concesso pochissime punizioni alla Scozia dando loro poche opportunità di guadagnare terreno. Con questo game plan ci divertiamo, quando scendiamo in campo, e speriamo che anche il pubblico si sia divertito, e attraverso il nostro game plan vogliamo anche vincere le partite.”

A Padova l’Italia ha giocato con il XV di partenza per settantadue minuti, un dato piuttosto impressionante considerando le condizioni (pessime) del terreno di gioco soprattutto nella ripresa e che evidenzia la grande tenuta fisica delle Azzurre. “Quando durante la partita ci troviamo bene, a nostro agio, forse non vogliamo prenderci rischi aggiuntivi andando a modificare l’assetto che si è venuto a creare – e forse dovremmo cominciare a ragionare su questo, però rompere gli equilibri che si creano non è facile, ma voglio chiarire che non si tratta assolutamente di mancanza di fiducia nei confronti delle giocatrici, è solo volontà di non rischiare di interrompere il momento.”

L’Italia chiude il Torneo al quarto posto e siede al settimo posto del ranking World Rugby, miglior risultato di sempre. Di Giandomenico non può che essere soddisfatto, ma cosa avrebbe pensato se, alla fine della fase a gironi della Coppa del Mondo, gli avessimo pronosticato un simile futuro: “Il Mondiale, voglio dirlo senza falsa modestia, è stato un momento per noi altissimo, dove siamo riuscite a raggiungere un grande livello di gioco”.

“Certo, abbiamo avuto tante difficoltà passando anche attraverso un ricambio generazionale perchè va tenuto presente che questa Scozia, per esempio, è l’unica che non ha fatto il Mondiale e ha avuto tre anni per crescere e lavorare. Questo rafforza ancora di più l’idea, dello staff, che esiste una scuola italiana di rugby che sa come affrontare le situazioni e allenare le giocatrici; certo, non sempre arrivano i risultati ma c’è una grossa fiducia nel nostro rugby, nel lavoro che poi porta i risultati, e questa fiducia non è mai mancata.”

Matteo Mangiarotti

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