Convocazioni per il Sei Nazioni e futuro (?) celtico, una lunga giornata di rugby italiano

Una giornata particolare, tra notizie attese e dichiarazioni inaspettate che aprono scenari nuovi sul nostro movimento

ph. Sebastiano Pessina

Iniziamo dalla lista dei giocatori chiamati per l’ormai imminente torneo. L’elenco è quello che ci si aspettava, non ci sono grandi novità e tali non possono essere considerati i due debuttanti Palazzani ed Esposito, che la chiamata di Jacques Brunel se la sono meritata con le loro prestazioni. Il nome che è sulla bocca di tutti è quello di Mirco Bergamasco, ma la vera notizia sarebbe stata la sua non convocazione. Fa piacere rivedere nel gruppo Paul Derbyshire (uno che con la dea bendata vanta grandi crediti) mentre lascia un po’ di amaro in bocca non vedere Valerio Bernabò, ma in tutto i nomi sono solo 30…
Non c’è Tito Tebaldi che è tra i “non considerati per infortunio”, il che vuol dire – se le parole significano qualcosa – che il mediano di mischia degli Ospreys è rientrato nel giro azzurro e che potrebbe essere convocato per la seconda fase del torneo (ricordiamo infatti che le convocazioni di ieri riguardano solo le prime due partite, ovvero le trasferte contro Galles e Francia). A quanto risulta infatti a OnRugby la diramazione della lista dei giocatori scelti da Jacques Brunel ha subìto un ritardo di qualche ora perché il ct aspettava documentazione medica dal Galles.
Da rilevare infine che queste convocazioni pagano dazio a una serie di infortunati che quando torneranno ad essere disponibili con ogni probabilità rientreranno nel gruppo: ci riferiamo a Simone Favaro, Francesco Minto, Andrea Masi, Venditti e Vosawai.
C’è chi polemizza: i nomi sono sempre gli stessi. Probabilmente è vero, ma la nostra produzione di giocatori non è paragonabile – purtroppo – a nessuna delle nostre avversarie. E fino a quando le cose non cambieranno quella critica lascia il tempo che trova.

 

Capitolo Pro12: le parole che Alfredo Gavazzi ha detto durante una intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport non ci hanno sorpreso più di tanto. Come abbiamo scritto ieri, da qualche settimana OnRugby aveva “intercettato” rumors e indiscrezioni che portavano verso una ipotesi di rinuncia al torneo celtico da parte della FIR senza però mai trovare riscontri ufficiali. Ora il presidente federale ne ha parlato apertamente e se da una parte è vero che il dossier è sul tavolo ed è lungi dall’essere chiuso dall’altra va registrato che per la prima volta Gavazzi dichiara che la federazione potrebbe farsi da parte.
Bisogna poi sottolineare che i motivi che porterebbero ad una eventuale esclusione della pattuglia italiana del Pro12 sono in gran parte interni: il casus belli è sempre quello della cosiddetta “tassa d’iscrizione” – legittimo non pagarla più – ma i 3 milioni (in realtà a OnRugby risulta che la trattativa ora sarebbe su una cifra ben più bassa con la FIR che invece non vuole più sborsare neanche un euro. E, lo ribadiamo, giustamente…) sono solo una delle tante voci che vanno a comporre un quadro più complesso in cui a dominare sono le criticità italiane. Per quanto riguarda le Zebre c’è la mancata privatizzazione più volte annunciata per il prossimo luglio: non se ne parla praticamente più e il quadro economico generale non spinge certo ad essere ottimisti. Strettamente connessa alla vicenda Zebre c’è anche la questione-Benetton, con Treviso che da tempo non fa mistero di aspettarsi contributi federali ben più corposi, contributi che dovrebbero crescere ma meno di quanto si aspetta la dirigenza biancoverde e di quanto lo stesso Gavazzi avrebbe promesso mesi fa allo stesso Luciano Benetton nel corso del ben noto incontro in Veneto.
Il presidente ha poi commesso un passo falso “politico” non indifferente: nell’intervista al quotidiano con le pagine rosa infatti si legge che “a fronte di un investimento di 70 milioni, quanto ha dato la Celtic al rugby italiano? La Nazionale, in termini di risultati, nel quadriennio che va a concludersi, ha reso più o meno quanto quella del 2006-2010”. Parole che hanno un fondo di verità ma che forse non sono il massimo se si vuole convincere un imprenditore privato a proseguire nella sua opera di investimento nella palla ovale.
Intendiamoci, nessuno mette in dubbio la volontà di Gavazzi di rimanere nel consesso celtico: ricordiamo che fu lui diversi anni fa, quando era “solo” un consigliere federale, a portare a casa un accordo che avrebbe consentito all’Italia l’ingresso nell’allora Celtic League in condizione di assoluta parità con le controparti. Nessuna tassa d’iscrizione, tanto per intendersi, ma l’allora presidente Dondi bloccò tutto e quando la FIR discusse nuovamente la partecipazione al torneo fu costretto a sobbarcarsi il pesante obolo finanziario. Gavazzi crede con tutto se stesso nell’esperienza celtica – fino all’altro ieri parlava di terza franchigia – ma sa anche far di conto e dice cose davanti alle quali c’è poco da contestare… Il Pro12 serve? Sì, indiscutibilmente, ma forse è finanziariamente un passo troppo gravoso per noi.
Certo, le sue dichiarazioni alla Gazzetta cozzano non poco con quanto detto appena prima di Natale a La Meta, quando tranquillizzava Zebre e Benetton Treviso circa il loro futuro celtico dicendo che “hanno però ricevuto le informazioni necessarie alla pianificazione della prossima stagione e sono quindi nelle condizioni di muoversi nei tempi e nelle modalità corrette”.
Comunque le carte sono ancora in tavola, il gioco non è finito e ogni conclusione è ancora possibile.

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