Sei Nazioni su DMAX: facciamo una prima analisi tra costi e benefici

Proviamo a capire che genere di ricadute potrà avere sul movimento una firma tanto inattesa quanto importante

ph. Sebastiano Pessina

Una trattativa portata avanti in gran segreto dallo scorso giugno e un colpo di scena di quelli che proprio non ti aspetti. Eppure, alla fine, è tutto lì: i diritti tv per l’Italia del Sei Nazioni per il quadriennio 2014-2017 sono andati al gruppo Discovery, che li trasmetterà sul canale DMAX (canale 52 del digitale terrestre e disponibile anche al canale 28 di TivùSat). Tutte le partite di ogni edizione del torneo, a partire da quella che parte il prossimo febbraio, saranno trasmesse in chiaro. Quindici in tutto per ogni anno.
Una notizia sorprendente per vari motivi. Perché il nome di DMAX non era mai praticamente comparso finora, anche nei lunghi periodi di stallo della trattativa; perché si conosceva al momento l’esistenza di una sola offerta, quella di Sky, ancorché fortemente inferiore a quella di qualche anno fa; perché la FIR in realtà sino alla fine aveva puntato forte sulla “soluzione mista” Sky/Rai; perché alla fine, guardando il palinsesto di DMAX, nessuno avrebbe puntato su di loro nonostante un target molto vicino a quello rugbistico. Invece. La sorpresa è stata generale, sia tra gli addetti ai lavori che tra tifosi e appassionati.

 

Come giudicare quanto avvenuto ieri? C’è una generale soddisfazione per il ritorno del grande rugby in chiaro: per uno sport in crescita, che ha bisogno di sgomitare per trovarsi uno spazio, sulla carta è la soluzione migliore o quantomeno quella che può dare risultati importanti nel minor tempo. Certo DMAX dovrà in qualche modo fare i conti con la qualità offerta dalla produzione di chi l’ha preceduta, di altissimo livello sotto il profilo della regia, delle telecronache e degli approfondimenti. Un paragone pesante ma che farà anche da stimolo.
L’aspetto che lascerà più strascichi è quello economico. Rispetto al contratto siglato quattro anni fa si tratta di un accordo al ribasso, ma questo si sapeva. Di quanto? Impossibile dirlo, cifre non ne circolano. L’offerta di Sky era sensibilmente inferiore a quella del 2009, quella di Discovery (l’azienda che ha in pancia DMAX) non si conosce ma non raggiunge sicuramente quella quindicina di milioni che il board avrebbe tanto gradito, è anzi verosimilmente parecchio lontana, ben al di sotto della soglia dei 10 milioni (ricordiamo a tutti che si tratta di ipotesi, anche se ben ponderate, che di cifre nessuno parla). Questo si tradurrà in una decisa minusvalenza nel bilancio federale. Nel breve periodo il dato economico non potrà che risentire di questa situazione. Sarà però interessante vedere gli effetti sul medio e lungo periodo: se la nazionale dovesse portare a casa risultati positivi potrebbe innescare un circolo virtuoso che potrebbe essere amplificato dal fatto di poter usufruire di una visione in chiaro delle partite. Insomma: Italia vinci e portiamo a casa nuovi sponsor.

 

Ci sono poi da capire gli effetti politici – diciamo così – della firma di ieri: la vicenda dei diritti tv del Sei Nazioni era strettamente connessa a quella del rinnovo della partecipazione delle italiane al Pro12 e nei prossimi giorni potremo forse capire se la soluzione della prima porterà a un appianamento anche della seconda, e se sì in quale modo.
C’è da fare infine una valutazione dell’operato di Alfredo Gavazzi e a nostro parere non può che essere positiva: al contrario del suo predecessore Giancarlo Dondi si è trovato a dover agire in un periodo che certo non si può definire di vacche grasse, anzi. Il presidente FIR sembra essersi mosso al meglio viste le condizioni date, riuscendo anche a trovare – tenendolo segreto sino all’ultimo – un partner inatteso, magari inesperto di cose ovali ma indubitabilmente di grande prestigio e importanza economica (parliamo ovviamente del gruppo Discovery). Gavazzi ha cavato dal cilindro un piano B quando in molti avrebbero avuto qualche problema ad imbastire un piano A, e non è poco. Ora però deve completare il quadro chiudendo positivamente anche la vicenda celtica e quella urgentissima legata al futuro delle coppe europee (dove però gli spazi di manovra sono parecchio ristretti).

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