Gli All Blacks dopo il Sudafrica: un ko “importante” e un paio di rughe…

La sconfitta di Johannesburg ha messo in mostra alcuni aspetti che i campioni del mondo devono sistemare in prospettiva RWC

ph. Siphiwe Sibeko/Action Images

Lo abbiamo detto più di una volta. La partita per eccellenza nel rugby mondiale è Sudafrica contro la Nuova Zelanda, gli Springboks versus gli All Blacks. E la partita del turno finale del Rugby Championship ci ha esattamente ricordato questo. La rivalità tra queste due superpotenze va ben oltre il semplice “cartellino” della partita dove vengono registrati i punti e le statistiche generali della stessa. Sempre presente il fattore storia, quel pensiero rivolto a chi c’era prima, quella idea impalpabile che il risultato di oggi possa comunque toccare eventi passati di magiche sfide durante tour interminabili. L’inossidabilità di Richie McCaw contro la perfezione di Victor Matfield.
Sabato scorso gli All Blacks non hanno perso una partita, ma l’onore di 93 anni di rivalità che brucia dentro a quella casacca nera. La famosa gara persa è arrivata. Non abbiamo detto che doveva essere programmata, ma statisticamente, se ci basiamo sui numeri, doveva arrivare prima o poi ed è giunta al termine di una delle più belle partite del 2014. In chiave neozelandese, meglio oggi che tra un anno.

 

Il problema non è aver perso il match, ma gli strascichi da spogliatoio che quel calcio di punizione di 51 e passa metri si è portato con sé. Mentre in passato abbiamo sempre elogiato il sistema Nuova Zelanda per l’incredibile profondità del numero di giocatori che possono giocare in nero senza problemi, oggi alla luce dei riscontri medici di questa settimana, un paio di rughe si intravedono sulla fronte dei dirigenti della Federazione Nazionale.
Non è segreto che il ruolo di tallonatore dopo l’addio di Andrew Hore è seguito al microscopio dai selezionatori All Blacks che già nel 2013 avevano scelto Nathan Harris come apprendista per l’intera stagione fino al debutto ufficiale in Argentina due settimane fa. Il focus primario è la preservazione di Keven Mealamu e Dane Coles in vista del Mondiale 2015.
All’apertura la situazione è piu rosea. Nonostante Dan Carter abbia continui problemi e nuovamente dovrà aspettare fino a Chicago per poter indossare la “sua” maglia numero 10, dietro di lui Aaron Cruden e Bauden Barrett stanno tenendo man forte al fortino con gran classe. Barret ha giocato meravigliosamente ad Ellis Park ma Cruden riprenderà il suo posto a Brisbane dal momento che coach Steven Hansen è un uomo di grande lealtà: Cruden è la sua prima scelta e così al ritorno riprenderà possesso delle redini dei campioni del mondo.
Ma in vista coppa del mondo se Carter non dovesse arrivare intero? Tom Taylor sarà scrutinato e preparato a dovere. Mentre giovani come Ihaia West e Simon Hickey potrebbero essere chiamati nella impensabile (impensabile, proprio come nel 2011) situazione che i primi tre si infortunino.

 

Ed infine il mediano di mischia. Aaron Smith ha la maglia numero 9 tatuata sulla pelle: nessuno al momento può toglierlela. Con l’infortunuo lungo e doloroso di Tawera Kerr-Barlow, Hansen ha chiamato l’uncapped Augustine Pulu, mediano di mischia e co-capitano del Counties Manukau con 35 presenze all’attivo nei Chiefs, al quale forse i selezionatori guardano anche in vista della coppa del mondo e degli anni a venire essendo comunque giovane.
Steven Hansen come sempre non si sbottona più di tanto, ma non è difficle immaginare come i selezionatori si siano messi freneticamente a tavolino per programmare le ultime 5 partite del 2014 e preparare al meglio il 2015. In conferenza stampa ha detto: “La squadra riparte da questa sconfitta. Forse non è una cosa negativa l’aver perso, anche se fa male”. E ritornando al Sudafrica, premettendo che secondo noi la penalità c’era e andava sanzionata, non potevamo chiedere di perdere da un miglior avversario. Le due superpotenze sono in perfetta progressione per incontrarsi nelle semifinali della Coppa del Mondo in Inghilterra l’anno prossimo. Il Sudafrica ha vinto due sconti diretti su tre nei match iridati. Basta arrivarci però, perché per un intervento diabolico gli All Blacks potrebbero giocare i quarti di finale a Cardiff. Contro la Francia.

 

di Melita Martorana

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