L’ultima meta di Peter O’Mahony a Thomond Park

Nella marcatura col punto esclamativo del terza linea tutta l’intensità delle emozioni per il saluto a un grande giocatore

Peter O’Mahony – ph. Sebastiano Pessina

Venerdì sera, poco prima dello scoccare dell’ora di gioco al Thomond Park di Limerick, nel derby irlandese tra Munster e Ulster, Jack Crowley ha ricevuto un pallone all’altezza dei ventidue metri avversari.

Ha alzato la testa, ha visto dello spazio all’esterno ed ha calibrato il calcio di destro nell’angolo. La parabola un po’ storta del pallone ha visto l’ovale rimbalzare sul prato e impennarsi. Sotto di esso il giovane Nathan Doak, mediano di mischia 23enne dell’Ulster, ha staccato per andare in presa aerea, ma la sua figura è stata oscurata dalla sagoma di un uomo di 35 anni. Un giocatore più pesante, più lento e più vecchio, ma con una fame infinita e motivata: è Peter O’Mahony, leggenda del Munster e dell’Irlanda, e venerdì era la sua ultima partita nello stadio che lo ha reso grande.

Anche se il Munster giocherà in casa la sua ultima partita della stagione regolare contro il Benetton, in quella che è quasi una gara a eliminazione diretta, l’appuntamento per salutare O’Mahony e Conor Murray, l’altro grande del Munster che dirà addio alla maglia rossa, era fissato per il 9 maggio. Venerdì 16, infatti, si giocherà a Cork (peraltro città natale di O’Mahony, che ci è cresciuto e ha mosso i primi passi ovali), nell’altro stadio utilizzato episodicamente dal Munster, invece che a Limerick, nel tempio di Thomond Park.

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O’Mahony non è solo salito alle stelle per prendere l’ovale calciato da Crowley, ma è anche piovuto in area di meta schiacciando con forza la palla a una mano, come a mettere il punto esclamativo sulla propria marcatura, mentre lo stadio che lo ha applaudito negli ultimi quindici anni esplodeva in un ruggito festante.

In quel gesto, un misto di rabbia, passione e rivendicazione, c’è tutto un universo: il Peter O’Mahony giocatore ruvido, amante del confronto fisico, capace di giocare al limite delle regole; il terza linea al tempo stesso duro ma anche capace di gesti tecnici di primissima classe; il giocatore carismatico capace di guidare la sua provincia, la nazionale e pure i British & Irish Lions, una volta; il beniamino del pubblico di casa, una congrega di fedeli in maglia rossa capace di far assomigliare una partita di rugby a una liturgia pagana, sempre con in testa il motto del club, to the brave and faithful nothing is impossible (per chi ha coraggio e fede, niente è impossibile).

C’è dentro anche il Peter O’Mahony serioso e accigliato, tanto che quando, dopo essere uscito, è stato pescato in panchina dalle telecamere un compagno di squadra ha pensato bene di stampargli un sorriso in faccia tirandogli le guance con le dita.

Il video della meta di Peter O’Mahony

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