Lapasset e il rugby a XV che non cambia: servono nuovo sistema e nuove competizioni…

I nuovi successi delle nazionali Seven difficilmente si rifletteranno nel chiuso quindici. E se la strada fosse una divisione?

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Ripensare il rugby a quindici, alla luce del grande successo che il rugby Seven sta riscontrando. In occasione della presentazione delle prossime quattro edizioni delle Sevens World Series, il Presidente di World Rugby Bernard Lapasset ha rilasciato un’intervista all’agenzia AFP nella quale ha ha parlato della necessità di trovare modalità di aggiornamento per la versione a quindici della palla ovale. E l’ha fatto con parole molto decise.

“Dobbiamo costruire un nuovo sistema per il rugby a quindici – ha detto Lapasset – in cui Emisfero Nord ed Emisfero Sud abbiano programmi più vicini”. L’esempio portato per indicare le diverse direzioni in cui viaggiano le due parti di Ovalia, è quello dei due tornei più rappresentativi: uno di grande successo, il Sei Nazioni, l’altro dal successo minore, il Championship. Quindi, prosegue il numero uno di World Rugby, “Dobbiamo considerare la possibilità di creare un nuovo modello di competizioni, che crescano in redditività e siano più appetibili per i potenziali broadcaster. Capendo quale sia il formato migliore, quale la qualità della competizione e la sicurezza dei giocatori“. Lapasset ricorda poi che vi è pochissimo turnover tra le squadre qualificate ai quarti di finale iridati, e a questa scarsa rappresentatività contrappone paesi in cui la palla ovale è in forte sviluppo e che potrebbero un domani accedere ai piani superiori: Fiji, Samoa, Georgia, Romania e America. Diverso invece il caso del rugby Seven, “più aperto” e più facile da sviluppare, come dimostrano i molti paesi che si stanno trovando il proprio posto in Ovalia proprio grazie a questa versione.

 

Da un punto di vista formale, quanto sostenuto da Lapasset è difficile da contraddire. E il fatto che su sette edizioni della Coppa del Mondo vi siano solo quatto diversi vincitori ne è una dimostrazione. L’idea di ripensare il rugby a quindici dal punto di vista (anche) della struttura delle competizioni, si scontra però sia a Nord che Sud con la parziale “atipicità” di alcune di queste. La massima espressione rugbistica dell’Emisfero Nord, il Sei Nazioni, ha un’impostazione per certi versi americana: chiusa e senza retrocessioni. E la stessa cosa può dirsi per il Rugby Championship, con la differenza che il sistema sportivo americano prevede meccanismi che garantiscano (almeno sulla carta) competitività ed incertezza del risultato sportivo, come ad esempio il sistema del draft e la ripartizione mutualistica di certe voci di ricavo. Ma il vero e ancora insormontabile problema, è la troppa differenza di livello tra le nazioni ovali. Vero che il Sei Nazioni non è un sistema ermeticamente chiuso, ma l’ingresso dell’Italia è stato conquistato con le prestazioni sul campo. Allo stato delle cose, pensare di aprire le porte sia del torno più antico che del Championship ad altre squadre, è ovviamente una forzatura (si potrebbe pensare ad un match tipo “spareggio” tra la vincitrice della Nations Cup e l’ultima del Sei Nazioni, al più), così come pensare al’introduzione di nuove competizioni.

 

Nel rugby del resto l’unico evento che mette di fronte le nazionali di tutto il mondo è la Coppa del Mondo, mentre in altri sport a squadre le occasioni sono superiori (World Legaue pallavolo, World League pallanuoto, Confederation Cup di calcio…). Un eventuale rinnovamento deve necessariamente essere preceduto dall’aumento di competitività delle singole nazionali all’interno dei singoli emisferi, in modo che nuovi paesi possano competere coi “vecchi”. E in questo senso, un ragionamento complessivo andrà forse fatto tra una ventina e più di anni, quando e se le nazioni che stanno emergendo nell’universo Seven avranno raccolto i frutti per competere anche nel quindici. Solo allora si potrà ripensare il format delle competizioni. Ma se ciò non dovesse accadere, per dare maggiore legittimità e consistenza al Seven si potrebbe pensare di staccarlo completamente dal World Rugby, dotandolo di una propria autonomia a livello internazionale e nazionale. Non più versione “limitata” (numericamente ed economicamente) del chiuso rugby a quindici, ma disciplina autonoma e a sé stante, che va alle Olimpiadi e propone diverse competizioni internazionali, dalle World Series ai Grand Prix.
Di Roberto Avesani
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